Europa in trappola: perché la guerra in Ucraina non serve più a nessuno
di Alex Marquez - 16/11/2025

Fonte: Kulturiam
La guerra in Ucraina prosegue senza prospettive concrete: l’Europa sostiene una strategia che non tutela i suoi interessi, mentre cresce la dipendenza dagli Stati Uniti, aumentano i costi economici e si restringono gli spazi democratici. Continuare non ha più alcun senso.
Ucraina, un conflitto che non offre più prospettive
A quasi quattro anni dall’inizio del conflitto, il dibattito sul senso della prosecuzione della guerra in Ucraina si è fatto più urgente. Le domande che accompagnavano le prime fasi del conflitto tornano oggi con maggiore intensità: quali obiettivi politici e militari si stanno realmente perseguendo? Qual è il margine di manovra di Kiev? E soprattutto: perché i Paesi europei continuano a sostenere una strategia che, nei fatti, non sembra produrre alcun avanzamento verso una soluzione stabile? Fin dall’inizio, l’ipotesi di una sconfitta militare della Russia è apparsa irrealistica. La sproporzione delle risorse, l’ampiezza del territorio e la capacità industriale di Mosca lasciavano presagire che un logoramento prolungato avrebbe favorito il Cremlino. Gli anni intercorsi lo hanno confermato: nonostante l’ingente quantità di armamenti occidentali, le forze ucraine non sono riuscite a ottenere svolte decisive. In diversi settori del fronte, anzi, l’esercito russo ha consolidato o ampliato le proprie posizioni. E tutto questo nonostante ogni giorno, sui principali quotidiani nazionali, si ripeta il mantra dei russi allo sfinimento, senza munizioni, costretti ad attaccare con monopattini, pale, baionette. Solo questa notte, secondo le autorità di Kiev, la Russia ha lanciato circa 430 droni e 18 missili sull’Ucraina. L’obiettivo principale dell’attacco era il settore energetico, ha aggiunto il deputato ucraino Getmantsev.
La mappa degli attacchi russi contro l’Ucraina.
A emergere con crescente evidenza è il peso degli interessi statunitensi, che non coincidono con quelli dell’Ucraina né tantomeno con quelli europei. Per Washington, la priorità è stata fin dall’inizio l’indebolimento strutturale della Russia, separandola economicamente dal continente europeo e mettendo fine alla collaborazione energetica che aveva caratterizzato gli ultimi decenni. L’obiettivo politico era duplice: marginalizzare Mosca e rendere più dipendente l’Europa dal mercato americano, sia per le forniture energetiche sia per quelle militari. L’effetto è stato evidente. Al venir meno del gas russo ha fatto seguito l’acquisto di gas naturale liquefatto statunitense a prezzi significativamente più elevati. Parallelamente, gli Stati europei si sono trasformati in acquirenti sistematici di armi americane destinate, in buona parte, a coprire le esigenze belliche ucraine. Questo trasferimento di risorse, mascherato come solidarietà internazionale, ha rafforzato un rapporto di dipendenza economica e strategica che non risponde agli interessi del continente.
Le conseguenze interne: economia fragile e libertà ridotte
L’impatto della guerra sulle economie europee è ormai tangibile. L’inflazione, tornata a crescere negli ultimi mesi, colpisce soprattutto i beni essenziali: i prezzi di molti prodotti alimentari hanno registrato aumenti vicini al 30%, senza che i salari abbiano seguito un percorso analogo. Le famiglie si trovano così strette tra redditi stagnanti e costi quotidiani in continuo aumento, mentre il dibattito pubblico sembra incapace di individuare una via d’uscita. Accanto alla crisi economica, si registra una progressiva erosione dello spazio democratico. La guerra ha legittimato pratiche che, in altri tempi, sarebbero state considerate incompatibili con i principi europei: forme di censura, controlli più rigidi sulla comunicazione, una pressione mediatica che tende a ridurre la complessità del conflitto a un’unica narrazione possibile. Il rischio è quello di una società che, in nome della sicurezza e dell’unità politica, accetti limitazioni crescenti alla libertà di espressione. Nel frattempo, la prosecuzione del conflitto non solo non migliora la posizione ucraina, ma finisce per aggravare le sue perdite territoriali. La capacità russa di avanzare lentamente, consolidare e ripartire indica che la strategia attuale non produce risultati utili né per Kiev né per l’Europa. Continuare lungo questa direzione equivale a rafforzare ulteriormente l’influenza americana sul continente, in un quadro di crescente debolezza politica e civile. L’immagine che emerge è quella di un vincolo che si stringe progressivamente: ogni passo compiuto per sostenere l’Ucraina sembra rafforzare la dipendenza europea da Washington, proprio mentre le società del continente sperimentano costi economici e democratici sempre più elevati. La domanda che resta aperta è allora semplice e inevitabile: per quanto tempo ancora l’Europa continuerà a sostenere una strategia che non tutela i suoi interessi fondamentali e che rischia di incrinare irreversibilmente la sua stabilità interna?

