Gli impeccabili
di Lorenzo Merlo - 16/11/2025

Fonte: Lorenzo Merlo
Ci si nasconde dietro una condotta che tentiamo impeccabile, ma è ciò che pensiamo, le forme-pensiero che ci avviluppano, a inseminare il mondo in cui fiorisce la realtà in cui versiamo.
Pochi tipi di emozioni rutilano sugli uomini alla stregua di un’atmosfera immateriale di vibrazioni, pronta a precipitare in noi con saette di vita. Le onde si sovrappongono, uniscono e si separano creando una rete di sentimenti che ci lega, tira, costringe per attrazione e interesse, e allontana per repulsione e indifferenza, in una indissolubile relazione anche inconsapevole, ma sempre pronta a decantare in noi, lasciandoci nell’illusorio spazio della scelta autonoma e indipendente.
Fortunali, perturbazioni e momenti di serenità si alternano indipendentemente dagli intenti, dalle necessità e dalle pretese degli uomini con la loro variabile sensibilità e/o stabilità. L’indipendenza che questi credono di avere è una suggestione, costantemente derisa e violentata dagli scuotimenti della rete emozionale che ci ha catturati.
Nonostante tutto, il loro presunto diritto d’autore di ciò che affermano, i loro argomenti intellettuali, razionali, scientifici e anche artistici è di bassa lega, valido solo per le partite nel campetto di gioco dei finti saperi della storia. Non si avvedono che nulla li può sottrarre dallo strascico di un’esistenza conforme all’emozione che li avviluppa e di cui non sono che comparse inconsistenti come un fiato nell’uragano.
Lo stato d’incompiutezza e pena in cui versa è una condizione creata da lui stesso, quale frutto di una semina emozionale e di pensieri antropocentrici, egocentrici e individualistici, le cui fioriture sono riconosciute e dette da alcuni veggenti vizi capitali e ruota del samsara da altri. Nei confronti delle quali non sa trovare alternative se non quella di castrarle, rinunciarci, elevando così se stesso a boia delle proprie emozioni, in nome di un’etica di facciata pronta a crollare, lasciandoci nudi nei confronti delle nostre segrete, perbeniste, farisee e filistee ipocrisie.
Spostare l’attenzione dal proprio io, dall’illusione della differenza tra sé e il mondo e tra sé e il prossimo è la modalità disponibile per realizzare il nostro miglior contesto esistenziale, il più contiguo al mantenimento della serenità e del benessere. Ma non avviene per insegnamento, l’esperienza non è trasmissibile. Richiede una ricreazione personale che non si avvale di libri, guru e dati ma di consapevolezze, cioè di una sorta di muta che ci sveste delle acquisite prospettive e valori per lasciarci puri a contatto con una realtà non più drogata di concetti.
Come Truman (1), che trova l’uscio per uscire dall’orizzonte artefatto d’illusione, gli uomini che si avvedono della caducità dei loro intenti, ovvero del dominio del loro io su loro stessi e della costante erogazione di energia a favore di questo, possono avviarsi verso il pertugio liberatorio e interrompere il processo di produzione della sofferenza propria e altrui.
È quindi un passaggio che svincola dalla rete dell’io e dalla sua cosmogonia, dando così accesso all’unità del tutto e alla condizione dell’umanità intera. Una condizione nella quale si riconosce e si vive, come fece il Cristo, il Buddha ed ogni Bodhisattva, la condizione di tutti gli uomini che non sanno quello che fanno.
Così evolvendo, gli uomini e i loro pensieri tenderanno a generare un’atmosfera vibrazionale, nella quale potranno costituirsi condizioni meno adatte a scaricare su noi i suoi pesi e le sue violenze.
In questo modo si possono intendere gli eoni, epoche millenarie concepite dalle tradizioni sapienziali, caratterizzati da weltaschauung specifiche, la cui cadenza e scadenza non può essere rimessa ad altri ma a noi stessi. Perché sentire l’umanità in noi significa anche che gli altri non sono altri ma noi stessi in altro tempo e forma. I figli non fanno ciò che hanno fatto i padri? Non siamo identici nelle emozioni che ci attraversano, nei sentimenti e nei pensieri e nelle azioni? Non conosciamo le stesse paure ed aspirazioni? Non godiamo tutti nello stesso modo, per le stesse ragioni, nelle medesime circostanze? Non osserviamo un bimbo vedendo in esso ciò che siamo stati? Un malato, sperando di evitare quella sofferenza?
Se ci sentiamo sicuri di poter affermare che non rapiremo mai una persona, né che la tortureremo, certamente compiremo atti e pensieri, cioè rilasceremo energie, con il potere di mantenere lo spirito del tempo nefasto in cui versiamo, in cui vessare e torturare ne sono una conseguenza. A chi si appella alla propria certezza che gli garantisce che mai farà cose del genere, va ricordato che se di spirito del tempo si può parlare, questo dipende dal nostro spirito, ben prima che divenga atto o che resti atto trattenuto.
Quanto detto, riferito alla condizione umana, trova analogia nel singolo individuo. Non è di chi ama l’esistenza vivere nella serenità e diffonderla, indipendentemente dalla condizione che la storia gli ha riservato? Non è di chi odia, sentire il peso oppressivo dei giorni?
La nietzschiana “volontà di potenza” sta in questo. Il filosofo tedesco ha tentato di renderlo esplicito affinché ne fossimo consapevoli, affinché un’altra weltanschauung potesse avvenire. Cioè una realtà non più abitata da “piccoli uomini”, ma da “übermensch” o uomini compiuti, consapevoli di essere gli autori della storia però, non è avvenuta. Ci teniamo quella che abbiamo, andando avanti dritti, mentendo a noi stessi, lungo la bigotta via dell’impeccabile comportamento, educato sipario oltre il quale si apre il regno del peccabile pensiero.
Note
.1 Vedi The Truman Show, film di Peter Weir, del 1998.
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