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Fake News, intervista a Enrica Perucchietti: "Sempre più vicini allo psicoreato"

di Enrica Perucchietti - 23/02/2018

Fake News, intervista a Enrica Perucchietti: "Sempre più vicini allo psicoreato"

Fonte: Redazione Web Macro

L'ultimo libro di Enrica Perucchietti può essere considerato un vero e proprio grido d'allarme. Parliamo di Fake News (Arianna Editrice), che si avvale della prefazione di Marcello Foa. La battaglia in corso contro le cosiddette fake news è, in realtà, per Perucchietti un ulteriore grande passo verso una forma moderna di psicoreato, voluta da forze governative che non accettano il pensiero controcorrente.

Un tema super-bollente soprattutto in questi tempi dove il termine fake news è diventato quasi di moda ma dietro ci sono realtà e nuovi rischi non sempre di facile interpretazione. Il libro intende essere una bussola proprio per capire meglio “chi e cosa c'è dietro”, come testimonia l'intervista che abbiamo fatto all'autrice.

 

Perché questo libro? Come autrice affermata, quali sono le esigenze che l’hanno portata a scrivere questo nuovo saggio critico?

Negli ultimi anni ho approfondito sempre di più il tema della manipolazione e del controllo sociale. L’attuale battaglia globale contro le fake news si inserisce in questo ambito: ritengo infatti che sia una forma di strumentalizzazione per convincere l’opinione pubblica a introdurre il reato d’opinione e soprattutto censurare l’informazione alternativa che si svolge soprattutto sul web. Il potere oggi, come il Grande Fratello orwelliano, sottomette le menti dei cittadini tramite il “controllo della realtà” e niente deve sfuggire alle maglie del suo dominio onnipervasivo. Il potere, cioè svuota le menti dei cittadini per riempirle con i propri contenuti: chi si oppone, chi dissente viene accusato di “psicoreato”. Nel libro, mostro come molte tematiche affrontate da Orwell in 1984 si sono o si stanno concretizzando.

Oggi chi non si allinea al pensiero unico e al politicamente corretto viene infatti perseguitato, rischia la censura e in futuro, grazie alle proposte politiche di cui parlo ampiamente nel libro, verrà punito con sanzioni se non addirittura con l’arresto.

 

Quali sono le dinamiche sociali e politiche che caratterizzano l’attuale mondo della comunicazione?

Con l’avvento della moderna società di massa il potere ha dovuto esercitarsi su un numero indefinito di persone che vengono considerate un “gregge disorientato” che va eterodiretto. 

L’arte del controllo ha finito per divenire scienza delle Pubbliche Relazioni o, meglio, una “scienza della manipolazione” che riesce a influenzare comportamenti e modi di essere, il più delle volte senza dover fare uso della coercizione fisica, usando semmai la comunicazione e i media mainstream come cassa di risonanza.

Edward Bernays parlava di “tecniche usate per inquadrare l’opinione pubblica” portate avanti da un “governo invisibile”: il potere oggi preferisce infatti rimanere “nell’ombra”, mostrandosi il meno possibile. Riesce così a controllare i cittadini penetrando nel loro immaginario, nella loro mente, nella loro coscienza.

Nel libro analizzo quindi le maggiori tecniche di controllo sociale: una volta individuato lo schema di fondo diviene più facile emanciparsi e tornare a esercitare il pensiero critico.

 

Fake news e “post verità” rispondono a quale logica di persuasione dominante?

Generare caos, rendere sempre più virtuale e confusa la realtà in modo da poter calare dall’alto la verità precostituita a cui affidarsi ciecamente. La virtualità dell’informazione ci convince di poter credere a ciò che si vuole perché tanto tutto è vero e tutto è relativo. Il relativismo e il senso di precarietà che ne conseguono servono al potere perché si è manipolata talmente tanto l’informazione che oggi la verità sembra un Noumeno inconoscibile e irraggiungibile: tanto vale pertanto non credere più a nulla o credere a ciò che si preferisce. Oppure affidarsi ciecamente a un principio di autorità che rappresenti la figura paterna che latita ormai nella nostra società: ecco come nasce il Miniver orwelliano. Esso e i suoi ministri non mentono e non possono mentire, rappresentano l’Ortodossia e vigilano su di noi, ci tutelano dallo psicoreato e ci proteggono dalle minacce esterne e dai nemici. Abbiamo anzi bisogno di leggi nuove per orientarci nel mondo: leggi che ci dicano come vivere e morire e soprattutto come e cosa pensare.

 

Lei tratteggia una comparazione storico letteraria con le tesi delle maggiori distopie contemporanee. La finzione ha superato la realtà?

Sì. Possiamo dire che il genere distopico aveva ragione, in particolare George Orwell con 1984 e Aldous Huxley con Il mondo nuovo a cui faccio ampi riferimenti nel libro. 

Credo che si stia andando sempre più verso una società trasparente in cui la privacy verrà gradualmente abolita. Lo sguardo elettronico del Governo ci seguirà in ogni attimo della nostra esistenza, esattamente come l’occhio del Grande Fratello orwelliano.

L’obiettivo, per esercitare meglio il controllo collettivo, è rendere ognuno di noi un “uomo di vetro”, trasparente, sotto costante sorveglianza tecnologica ma non solo, perché questo controllo sta penetrando gradualmente anche nelle nostra coscienza attraverso l’introduzione di una forma moderna di “psicoreato”. Si vuole cioè che la collettività si uniformi al pensiero unico che è stato calato dall’alto; chi non lo fa e osa criticare il sistema viene perseguitato, dileggiato, censurato e forse in un futuro prossimo anche perseguitato penalmente.

La guerra alle fake news cela pertanto, come dicevo prima, il tentativo di introdurre il reato d’opinione per censurare l’informazione alternativa.

 

Esistono spazi reali e praticabili di comunicazione credibile e indipendente?

I margini di libertà sono proporzionali alla nostra coscienza critica e alla nostra volontà di emanciparci da questo giogo nascosto. Per vigilare sulla nostra libertà collettiva dobbiamo tornare a metterci in gioco e soprattutto a usare la nostra testa in modo critico anche qualora ciò significhi pensare controcorrente rispetto al pensiero unico. Costi quel che costi.

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