Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Guerra e pace

Guerra e pace

di Fabio Falchi - 18/09/2022

Guerra e pace

Fonte: Fabio Falchi

Un'analisi dell'attuale conflitto tra Russia e Ucraina è indubbiamente difficile non solo perché ci sono troppi aspetti di questa guerra che non si conoscono o non si conoscono bene, ma perché non è facile distinguere, per evidenti ragioni ideologiche,  il giudizio (geo)politico su questa guerra da quello politico-militare, come invece sarebbe necessario (e ciò vale sia per i russofobi che i russofili).
Orbene, io non sono certo russofobo, tuttavia ci tengo a precisare che il mio giudizio politico sulla Russia di Putin è positivo nella misura in cui la Russia si dimostra in grado a limitare la prepotenza dell'America (e in generale della Nato) e di favorire il consolidamento di una "realtà multipolare" (inclusa l'indipendenza dell'Europa continentale occidentale dall'America). Il tifo per la Russia di Putin invece non lo condivido e nemmeno mi interessa.
A maggior ragione quindi ritengo necessaria un'analisi il più possibile obiettiva dell'attuale conflitto russo-ucraino, indipendentemente dalle "ragioni geopolitiche" che possono avere indotto la Russia ad invadere l'Ucraina (del resto, dovrebbe essere pacifico che anche riconoscere, com'è necessario, le "ragioni geopolitiche" della Russia non equivale affatto a giustificare la decisione del Cremlino di invadere l'Ucraina).
Comunque sia, è inutile dire che con questa analisi (che - sono il primo a riconoscerlo - presenta diversi "aspetti" controversi e discutibili) mi farò qualche nemico in più, ma non è certo questo che mi preoccupa.

GUERRA E PACE
All’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, dopo numerosi scontri tra armeni e azeri, ci fu la Prima Guerra del Nagorno Karabakh, in cui gli armeni, pur essendo in inferiorità numerica, riuscirono a sconfiggere gli azeri. Nel 2020 scoppiò però una nuova guerra tra armeni e azeri, in cui furono gli azeri ad infliggere una netta sconfitta agli armeni. Infatti, l’esercito azero, impiegando soprattutto droni (di fabbricazione turca) e) munizioni circuitanti (di fabbricazione israeliana), fece a pezzi le unità meccanizzate e corazzate armene.
Gli angloamericani definirono questa guerra come “la guerra del futuro” e non solo la studiarono in ogni minimo dettaglio ma decisero che si doveva puntare su droni, munizioni circuitanti, missili anticarro e antiaerei (in specie manpads) nonché su un moderno ed efficiente sistema C3I (comando, controllo, comunicazioni e intelligence) per trasformare l’esercito ucraino in una macchina bellica potente, tale da infliggere perdite elevatissime alle colonne corazzate e meccanizzate russe nel caso fosse scoppiato un conflitto tra Russia e Ucraina.
Viceversa, nonostante che secondo le analisi angloamericane del conflitto del Donbass nel 2014-2015 i Btg (Battalion tactical groups) russi, intervenuti in Ucraina (benché non “ufficialmente”) per appoggiare le milizie del Donbass contro l’esercito e le milizie di Kiev, avessero già dimostrato di avere diversi “punti deboli” (tra cui un numero insufficiente di fucilieri ben addestrati), l’esercito russo pare avere ignorato pressoché del tutto le lezioni della Seconda Guerra del Nagorno Karabakh, forse anche perché Mosca era ancora impegnata a potenziare soprattutto il proprio apparato bellico strategico (ovverosia nucleare), al fine di non perdere la parità strategica con l’America.
Comunque sia, i principali problemi militari dell’Ucraina ancora da risolvere nel febbraio scorso erano la mancanza di un’artiglieria capace di “tener testa” a quella russa (notoriamente assai potente) e la mancanza di una difesa aerea in grado di intercettare e abbattere la maggior parte dei missili (non nucleari, si intende) che i russi potevano lanciare da aerei, da navi o da sistemi terrestri.
Quest’ultimo problema non è ancora stato risolto dagli ucraini, ma i pezzi di artiglieria a lunga gittata forniti dalla Nato a Kiev consentono ormai all’esercito ucraino di sostenere anche il “duello” con l'artiglieria russa e di colpire “in profondità” la stessa struttura logistica dell’esercito russo. Inoltre, il Comando ucraino non solo è in grado di “intossicare” le comunicazioni dell’esercito russo, ma, anche grazie al sostegno della Nato e specialmente dell’intelligence angloamericana (rete satellitare compresa), ha un quadro esatto della disposizione e dei movimenti delle unità russe, mentre l’esercito russo se non è “cieco” poco ci manca, anche per il “non brillante” livello operativo dell’aviazione russa (che pure con circa 1.500 aerei da combattimento dovrebbe “oscurare” il cielo ucraino e sviluppare una potenza di fuoco tale da permettere all’esercito russo di annullare lo svantaggio di combattere in condizioni di inferiorità numerica, dato che il regime di Kiev, a differenza del Cremlino, ha subito decretato la mobilitazione totale).
Significativo è pure che, secondo alcuni milbloggers russi assai bene informati, il sistema C3I ucraino è così efficiente che l’artiglieria ucraina può intervenire a sostegno dei soldati di Kiev praticamente appena questi ultimi lo richiedano, mentre possono passare anche molte ore prima che l’artiglieria russa intervenga a sostegno delle milizie del Donbass o dei fucilieri russi.
Invero, sotto molti aspetti (se non tutti), la guerra che si combatte in Ucraina vede un esercito ucraino moderno e indubbiamente motivato combattere contro un esercito (aviazione inclusa) che sotto il profilo tattico-operativo (anche se non necessariamente sotto quello strategico) sembra essere “indietro” di diversi decenni rispetto all'esercito ucraino.
Peraltro, anche l'ormai cospicua documentazione video disponibile evidenzia abbastanza chiaramente questa differenza tra i due eserciti (che può essere negata solo per ragioni ideologiche - poco importa, dal punto di vista militare ovviamente, se siano giuste o no), benché non si debba esagerare, dato che pure i russi dispongono di diversi reparti militari capaci di svolgere compiti tattico-operativi complessi.
D’altronde, si deve pure considerare che abbiamo poche informazioni attendibili anche sulle perdite dei due eserciti, in particolare su quelle subite dagli ucraini (le perdite russe secondo gli americani ammonterebbero a circa 80.000 soldati, contando non solo i morti ma anche i feriti, i prigionieri e i dispersi), che secondo fonti russe sarebbero addirittura circa il doppio di quelle russe, ma, sebbene sia ovvio che anche l'esercito ucraino abbia subito e continui a subire perdite elevate, non ci si può certo basare sulla propaganda russa o filorussa per stimare correttamente le perdite dell’esercito ucraino.
In ogni caso la Russia ha mezzi e risorse non solo per continuare la guerra (come gli stessi americani riconoscono) ma anche per colmare almeno alcune delle lacune tattico-operative che il conflitto russo-ucraino ha “impietosamente” evidenziato. Né si deve ignorare che in guerra contano anche e soprattutto i fattori strategici (compresi quelli di natura politica, sociale ed economica).
La domanda allora che ci si deve porre è se alla stessa Russia convenga cercare una soluzione militare della questione ucraina, a prescindere dal fatto che l’Ucraina e gli Usa condividono con la Russia la responsabilità (geo)politica, anche se non militare, di quanto accade in Ucraina.
Certo, sulla difficile e complessa questione ucraina mentono Kiev, Washington, Londra e in generale i governi dei Paesi occidentali, ma se si è intellettualmente onesti si deve riconoscere che mente pure Mosca, che fino al 23 febbraio scorso aveva negato di avere intenzione di invadere l'Ucraina (il che poteva corrispondere a verità nell'autunno scorso, quando cioè Mosca pareva puntare su una diplomazia coercitiva per risolvere la questione ucraina, ma ovviamente non più nei mesi di gennaio e febbraio di quest’anno) e nega tuttora di avere voluto rovesciare il governo di Kiev, nonostante che Putin stesso nel suo discorso del 25 febbraio scorso abbia esplicitamente chiesto ai vertici militari ucraini di sbarazzarsi della “cricca nazista” che governa l’Ucraina dal 2014.
Appare pertanto saggia la posizione della Cina e dell’India che, pur comprendendo le ragioni della Russia, ritengono che sia una “follia geopolitica” cercare una soluzione militare della questione ucraina, criticando così, non solo la Nato - il cui scopo “dichiarato” è infliggere una devastante sconfitta militare e politica alla Russia assai più che difendere le ragioni dell'Ucraina - ma, benché implicitamente e in modo meno “duro”, la stessa Russia (ciò non significa che la Cina possa "mollare" la Russia, giacché la Cina è consapevole che dopo la Russia toccherebbe proprio alla Cina subire la prepotenza dell'America). Il processo storico che si designa con il termine multipolarismo è, infatti, solo all’inizio e quindi perché si consolidi occorre che passino ancora alcuni lustri.
Come ha scritto Vincenzo Costa: “La guerra è il modo in cui il capitalismo […] angloamericano cerca di rallentare il proprio declino e di arrestare le proprie contraddizioni interne [...] La Cina sa che il peggior dispetto che può fare a questo Occidente angloamericano è di non reagire, sa che l'arma contro questo mondo morente è la pace.”
Mosca invece non si è limitata a garantire “pubblicamente la difesa delle due province ucraine di Lugansk e Donetsk, per costringere Kiev a riconoscere i diritti dei filorussi del Donbass, ma ha voluto “bruciare le tappe”. Così è caduta in una sorta di trappola strategica tesagli dagli anglo-americani, e si è illusa di potere non occupare l’Ucraina, come sostengono i media occidentali, ma perlomeno di destabilizzare rapidamente il regime di Kiev, contando sulla collaborazione degli ucraini filorussi e “giocando la carta” di una potenza ed efficienza militare che (escludendo la potenza nucleare) ha dimostrato di non possedere o possedere solo in parte, e suscitando così una reazione durissima di tutto l’Occidente, che avvantaggia soprattutto l'America.
In altri termini, l'improvvida decisione di Mosca di risolvere militarmente la questione ucraina (una decisione non giustificata neppure dall'allargamento della Nato ad Est, anche se indubbiamente rappresentava una minaccia per la Russia, giacché chiaro e netto era il veto della Germania e della Francia all'ingresso dell'Ucraina nella Nato) non solo ha rafforzato ulteriormente la presenza della Nato “alle porte” della Russia ma sta ostacolando pure il consolidamento di una “realtà multipolare”, in specie se si ritiene che di quest’ultima debba essere parte costitutiva l’indipendenza dall'America della stessa Europa continentale (occidentale).
Tuttavia, è ovvio che indietro non si possa tornare. Come si può risolvere allora la questione ucraina?
“Incerta” è la posizione del Cremlino dato che non vuole e forse non può rischiare di compromettere la stabilità politica ed economica del Paese (che deve fare fronte alle difficoltà economiche causate dalle sanzioni imposte dall'Occidente) mettendolo sul piede di guerra, ma non può nemmeno permettersi di subire un'umiliante e disastrosa sconfitta in Ucraina, e quindi sembra puntare sul prossimo “lungo inverno” per mettere in ginocchio il regime di Kiev e indurre i più importanti Paesi della Ue a rivedere le propri posizioni nei confronti della Russia.
D’altronde, il regime di Kiev, grazie al forte sostegno militare - e non solo militare - da parte soprattutto dell'America, punta alla riconquista dell'intero Donbass e perfino della Crimea. E la determinazione di Kiev è pure aumentata per i crimini di guerra commessi dai russi o dai filorussi (che di crimini di guerra ne commettano anche gli ucraini, in specie contro i filorussi, è vero, ma questo non giustifica alcunché).
Pertanto, il Cremlino potrebbe anche usare la propria aviazione strategica per bombardare assai più duramente (ma senza usare armi nucleari) di quanto abbia fatto finora le città e le infrastrutture ucraine. Nondimeno, dal momento che in guerra conta distruggere l’apparato bellico nemico, quali vantaggi otterrebbe sotto il punto di vista militare? L’Ucraina, infatti, per continuare la guerra conta non sul proprio apparato industriale ma sugli aiuti dei Paesi della Nato, che la Russia non può attaccare senza scatenare la terza guerra mondiale (al riguardo, è degno di nota che gli americani nella Guerra di Corea, anche se distrussero senza problemi le città e le infrastrutture nord-coreane, dovettero arrivare ad compromesso con la Corea del Nord, che poteva contare sul massiccio aiuto della Cina).
Ma il Cremlino potrebbe alzare il livello dello scontro perfino oltre la soglia della guerra convenzionale, qualora l'esercito ucraino dovesse prevalere su quello russo al punto da mettere a repentaglio l’integrità della Federazione Russa (in questo caso, com’è noto, la dottrina militare russa prevede anche l’uso di armi nucleari tattiche). D’altro canto si deve riconoscere che non è probabile, anche se non è impossibile, che il Cremlino, giunti a questo punto, si convinca che la migliore strategia per contrastare la prepotenza della cosiddetta “anglosfera” sia quella di Pechino, che sa che l’arma della pace e del commercio è quella che ormai più temono Washington e Londra.
Stando così le cose, è lecito ritenere che le “chiavi strategiche” della questione ucraina le possieda soprattutto Washington, vuoi perché la politica e la stessa difesa militare dell'Ucraina dipendono (Kiev volente o nolente) dalle decisioni di Washington, vuoi perché solo Washington può offrire a Mosca una “via di uscita” dal conflitto con l'Ucraina che non appaia come una disastrosa sconfitta della Russia, e al tempo stesso garantire che l’Ucraina non esca sconfitta da questa guerra.
Del resto, anche se si parla di conflitto russo-ucraino questa guerra è anche una guerra civile ma in specie una guerra tra Russia e America, e pure - considerando che per l’America era decisivo “tagliare i ponti” tra la Russia e l’Ue e in particolare con la Germania - una guerra economica che l’America, in un certo senso, conduce contro i più importanti Paesi della Ue, benché paradossalmente con il consenso della stragrande maggioranza della classe dirigente della Ue (ma si tratta di un paradosso solo “apparente”, tenendo conto che gli Usa difendono comunque gli interessi della classe liberal-capitalistica europea, nella misura in cui Washington continua a svolgere il ruolo del “gendarme” del liberal-capitalismo occidentale).
Che Washington quindi possa optare per una soluzione politica anziché militare della questione ucraina è ben difficile crederlo, sebbene non si possa escludere che nei prossimi mesi gli “effetti collaterali" delle sanzioni imposte alla Russia creino una situazione del tutto nuova in Occidente, tale da indurre Washington a un “cambiamento di rotta” sia per ragioni di politica interna sia per evitare che gli interessi dell’Europa occidentale e quelli dell’America siano talmente “divergenti” da compromettere le stesse relazioni tra l’America e i più importanti Paesi della Ue.