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I divoratori di suolo, così l’Italia si sta mangiando la Terra

di Carlo Petrini - 25/10/2025

I divoratori di suolo, così l’Italia si sta mangiando la Terra

Fonte: La Stampa

Ieri è stato presentato l’ultimo rapporto nazionale dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), sul consumo di suolo in Italia nel 2024. Prima di vedere alcuni dettagli del report chiedo: che valore ha il suolo? Una domanda del tutto legittima, ma che erroneamente tendiamo a pensare che possa essere d’interesse solo per gli esperti, o per chi con il suolo ci lavora. Eppure il suolo è tra le risorse vitali più importanti che la natura ci fornisce, solo che, stando sotto di noi, non lo consideriamo. E in quel noi si senta inclusa anche la classe politica degli ultimi 13 anni, che non è stata capace di approvare una legge che lo tuteli.
Il suolo ha a che fare con la nostra quotidianità: fornisce cibo, acqua pulita ed è un alleato del clima. L’urbanizzazione da un lato (quasi il 70% degli italiani vive in città), e l’industrializzazione del settore agricolo dall’altro (nel mondo l’1% delle aziende agricole coltiva il 70% dei campi), hanno reciso il nostro legame con la terra, facendoci dimenticare che tutto ciò di cui noi e le altre specie viventi ci cibiamo, in maniera più o meno diretta, proviene dal suolo. Il suolo inoltre agisce come un serbatoio che trattiene e rilascia l’acqua a seconda delle necessità; questa sua funzione serve a mitigare sia i periodi di siccità che per attenuare l’impatto delle inondazioni. Infine, non per importanza ma per mancanza di notorietà, il suolo è un immenso serbatoio di carbonio in quanto i microrganismi in esso presenti (microbi, funghi e batteri), hanno una straordinaria capacità di sequestrare la Co2 dall’atmosfera e immagazzinarla sotto la superficie terrestre. Alla luce della relazione che c’è tra Co2 presente in atmosfera e aumenti di temperatura, capiamo bene l’importanza di questa funzione. Se il suolo potesse fornire compiutamente questi e altri servizi ecosistemici, l’entità della crisi ambientale e della perdita di produttività agricola sarebbero meno allarmanti; a impedire che ciò avvenga sono i nostri comportamenti predatori spesso orientati unicamente al profitto.
Il consumo di suolo viene infatti ampiamente percepito come una rendita che, facendo girare una parte importante dell’economia, fa crescere il Pil; e se il Pil cresce allora significa che il nostro Paese sta bene. Se ci pensiamo però questo ragionamento da adito a situazioni assurde. Faccio un esempio: la costruzione di un nuovo capannone per un futuro centro commerciale fa crescere il Pil, così come lo fa anche lo smaltimento delle macerie causate da un dissesto idrogeologico causato da piogge intense. La prima attività provoca il consumo di suolo, la seconda invece è causata dall’eccessivo consumo di suolo provocato da cementificazione, agricoltura intensiva, scarichi industriali che rendono più fragili i terreni. Secondo i dati del rapporto nazionale dell’Ispra, oggi le infrastrutture, gli edifici e le altre coperture artificiali occupano più di 21.500 chilometri quadrati, il 7,17% del territorio italiano. In Europa la media è del 4,4%. Oltre a quanto già cementificato, va aggiunto che il consumo di suolo continua ad aumentare. I dati dell’ultimo anno (2024) mostrano una crescita significativa: 83,7 chilometri quadrati di territorio trasformato in aree artificiali, con un incremento del 15,6% rispetto al 2023. Il ritmo raggiunge i 2,7 metri quadri al secondo, pari a quasi 230.000 al giorno. Questo significa che quando arriverete alla fine di questo articolo, si sarà cementificata una superficie probabilmente nettamente superiore alla dimensione della casa di ognuno di noi.
Tutti questi dati assumono un valore ancora più impattante se relazionati alla dimensione demografica del vecchio continente e, in particolare, della nostra penisola. In questo senso, il rapporto assume un carattere paradossale. Le statistiche ci parlano oggi di inverno demografico, ma i processi di urbanizzazione e di infrastrutturazione non sembrano avere alcun legame diretto con il calo della popolazione. In molte regioni si assiste così a una crescita delle superfici artificiali anche in presenza di decrescita della popolazione residente. Se dal 2006 al 2018 il suolo consumato per ogni italiano era aumentato di 6,5 metri quadri per abitante, negli ultimi 6 anni, tra il 2018 e il 2024, si è registrata una crescita quasi tripla, pari a 18,4 per abitante. La domanda sorge dunque spontanea, chi lo occuperà mai tutto questo suolo cementificato?
Questa dinamica evidenzia ancora meglio una logica predatoria che tende ad accumulare per il solo scopo di farlo, senza badare alle reali esigenze nostre di tutte le forme di vita con cui condividiamo gli spazi vitali. Che si tratti di beni, materie prime o terreni, noi non possiamo più permetterci di perseverare in questa logica malata.
Veniamo a una notizia positiva. Il Parlamento europeo ha approvato giovedì 23 ottobre, con una maggioranza risicata, la direttiva sul monitoraggio del suolo, la prima normativa europea che riconosce il suolo come risorsa viva e limitata, da tutelare al pari dell’acqua e dell’aria. Gli Stati membri dovranno istituire sistemi di rilevamento della condizione fisica, chimica e biologica dei suoli, basati su una metodologia comune Ue, e i dati saranno comunicati regolarmente alla Commissione europea e all’Agenzia europea dell’ambiente, per garantire un quadro comparabile e coordinato a livello comunitario.
In un mondo che ha bisogno di masticare dati e avere il risvolto economico di ogni singolo aspetto, è bene avere coscienza che anche ciò che non si vede ricopre un ruolo importantissimo per il mantenimento della vita sulla Terra. Tenere alta l’attenzione su importanti temi come questo impone di evidenziare che anche la funzione ecosistemica del suolo ha un suo valore monetario. Perché da un suolo malato, e oggi si stima che più della metà della superficie fertile europea non sia più sana, noi ci esponiamo a un crescente rischio di dissesto idrogeologico, infertilità dei terreni, inquinamento delle falde acquifere: tutti aspetti che impattano fortemente anche sulla vita e sulla salute di noi esseri umani. Si stima infatti che nel solo continente europeo le esternalità negative che derivano da una cattiva salute del suolo arrivino a superare i 40 miliardi di euro. Sebbene si tratti di sottosuolo, non credo che una tale cifra possa passare inosservata, soprattutto se teniamo davvero al futuro di chi verrà dopo di noi.