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Il 6 giugno, giorno del Vassallaggio

di Michel Onfray - 15/06/2019

Fonte: Come Don Chisciotte

Il 6 giugno 2019, la città di Caen è morta – finalmente questo è stato un bel modo  per commemorare il 75° anniversario del D-Day, visto che l’esercito americano lasciò questa città sotto un tappeto di bombe, effetto di una strategia militare della quale qualche storico comincia a sussurrare che forse non fu la migliore. In effetti! Un patrimonio storico incommensurabile, importanti musei, opere d’arte inestimabili, archivi di un valore unico, edifici storici e edifici medievali e rinascimentali insostituibili, ma anche e soprattutto ventimila morti civili: sette volte più delle Twin Towers: ecco che cosa e chi è scomparso in quella tragedia di cui oggi quattro giornalisti imbecilli, ci vengono a raccontare che era necessario perché i tedeschi non dovevano servirsi delle stazioni! Dopo che avevano lavorato tranquillamente con i nazisti per due anni, in virtù del patto tedesco-sovietico che legava Hitler a Stalin – il loro dio vivente – i comunisti francesi s’erano scoperti un’animo da resistenti, subito il giorno dopo l’operazione Barbarossa, quello che segnò la rottura unilaterale del patto da parte di Hitler che invase l’Unione Sovietica il 22 giugno 1941. Nel 1944, i comunisti, quelli che poi avrebbero partecipato alla resistenza, avrebbero potuto sabotare i binari delle ferrovie francesi, così avrebbero evitato i 20.000 morti tra la popolazione civile della Normandia.

Ancora uno piccolo sforzo e dopo solo settantacinque anni, il Christophe Barbier del momento spiega sul canale TV BFM del momento, insieme alla Ruth Elkrief del momento che cosa pensa il capo, sul fatto che il modo sistema per ricostruire per benino  una città, sia prima distruggerla. Stessa cose se si tratta di tutta una regione. Forse ci daranno anche qualche dettaglio per farci capire perché la prima ondata di questo sbarco fu effettuata senza nessun mezzo blindato ma soli con delle chiatte che quando si aprirono offrirono il petto di ventimila ragazzini al fuoco tedesco.

Le televisioni hanno trasmesso mille volte le immagini de Il giorno più lungo, una fiction che racconta la leggendaria storia di uno Sbarco in cui questa guerra che si chiama “mondiale” vede opposti i buoni che sono gli americani ai cattivi, che sono i nazisti, in una terra di Francia ridicolizzata, dove un sindaco della Resistenza saluta i soldati con una bottiglia di champagne in mano: un attore appositamente scelto per produrre l’effetto che ha reso, si tratta di  … Bourvil, ben noto per i suoi ruoli di mezzo babbeo e mezzo bastardo!

Qui in Normandia, dopo quella data, chi lavora alla regione o nel turismo e tutta la classe politica nel suo complesso se parlano del D-Day parlano in inglese. Non si dice “Jour-J” ma “D-Day” , come si dice “Overlord”, ma non ” Suzerain – Sovrano”. Peccato, perché, usando le parole francesi si capirebbe meglio quello che fu esattamente quel 6 giugno 1944: un’operazione militare rivendicata dagli Stati Uniti come azione di vassallaggio. Basterebbe solo un piccolo dizionario francese-inglese perché i turisti possano leggere correttamente la storia. Ma per questo, probabilmente ci vorranno almeno settantacinque anni.

Perché dire sempre “Overlord” e mai “Suzerain”?

Cos’è un suzerain? L’etimologia lo definisce relazione feudale di sottomissione tra il sovrano che comanda e il suo vassallo che è comandato. L’AMGOT testimonia con evidenza che il paese suzerain sono gli Stati Uniti, e che il paese vassallo è la Francia. Cosa significa “AMGOT”? È l’acronimo di Allied Military Government of the Occupied Territories.

Qual era il suo programma? Amministrare il paese riciclando i prefetti di Vichy, perché quelli erano anticomunisti, quindi uomini di fiducia per loro, per trasformare la Francia in una provincia governata dagli americani. Ufficiali americani e inglesi furono formati ad hoc nelle loro università. Fu coniata una moneta. De Gaulle fece sapere che per lui gli USA non avrebbero amministrato la Francia. Vinse il suo braccio di ferro il 23 ottobre 1944 quando il governo provvisorio della Repubblica francese (GPRF) fu riconosciuto de jure dagli Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica. Anche qui la Francia vinse una battaglia, ma non vinse la guerra. Ecco perché, fin quando il generale de Gaulle restò al poter, non fu commemorato nessun D-Day perché lui sapeva che “Overlord” significava “Suzerain” e che per la Francia non c’era niente da celebrare per un’operazione militare che chiaramente imponeva il vassallaggio della Francia da parte degli americani.

Per i vent’anni della commemorazione di quel giorno, Pompidou provò a far cambiare idea al Generale de Gaulle che ancora non ci volle andare. Per quali ragioni? Lo racconta Alain Peyrefitte: “Volete che io vada a commemorare uno sbarco, che doveva essere la premessa  d una seconda occupazione del paese? No, no, non contino su di me! Lo sbarco del 6 giugno è stato un affare anglosassone, dal quale fu esclusa la Francia. Erano ben determinati a stabilirsi in Francia come in territorio nemico, come avevano fatto in Italia e come si stavano preparando a fare in Germania! L’AMGOT era pronta a governare sovranamente la Francia, man mano che i loro eserciti avanzavano. Avevano stampato la loro moneta-falsa, che avrebbe avuto corso forzoso e si sarebbero comportati come in in un paese conquistato. Questo è esattamente quello che sarebbe successo se io non avessi imposto, si dico imposto, i miei commissari della Repubblica, i miei prefetti, i sub-prefetti, i miei comitati di liberazione! E volete che io vada a commemorare lo sbarco, quello che sarebbe stata la premessa di una seconda occupazione. No, no, non contate su di me, voglio che le acque si calmino, ma il mio posto ora non è lì! ” (Alain Peyrefitte, Era de Gaulle, volume 2, pp. 84-87)

Fu proprio de Gaulle che vietò agli americani di stabilirsi in terra di Francia. Perché, contrariamente a quanto crede la gente, cioè che gli americani amassero così tanto la libertà che vennero ad aiutarci per gentilezza, per generosità, volontariamente e per un ideale, gli americani entrarono in guerra non per amore della libertà, non per salvare gli ebrei dai campi di sterminio, di cui erano a conoscenza ma che consideravano solo una triste iattura per loro, ma perché Hitler aveva dichiarato loro guerra l’11 dicembre 1941.

Pertanto, fu giocoforza per loro venire a risolvere il problema in Europa per non aspettare che il Terzo Reich colpisse il suolo americano, appena che pronta la bomba atomica e i nuovi jet a cui stava lavorando tutto il complesso militare-industriale-tedesco. Lo sbarco non avvenne per amore della libertà, come hanno detto Macron e Trump .come gli imbonitori alla fiera, e come poi come ha ricordato Ruth Elkrief con fare solenne, ma perché gli Stati Uniti volevano farla finita con Hitler che aveva dichiarato guerra e poi arrivare a Mosca per mettere fine al regime sovietico.

Sappiamo che dalla fine della guerra con la caduta di Berlino e con la divisione del mondo che ne seguì a  Yalta – dove la Francia fu esclusa … – vinsero i partigiani e che la lotta contro l’impero bolscevico proseguì poi sotto forma di guerra fredda, ma conosciamo la storia.

Ma allora, chi è stato a cominciare la commemorazione del 6 giugno 1944, questo grande momento della storia di Francia, con cui gli Stati Uniti intendevano imporre il vassallaggio al paese?

Risposta: François Mitterrand …

Non sorprende che quest’uomo che, prima della guerra, era vicino a la Cagoule – un movimento di estrema destra – che abbiamo visto in una foto del 1 ° febbraio 1935 in compagnia di persone che portano uno striscione “Contro l’invasione dei meticci “- come si vede nel libro fotografico di Pierre Péan, Une jeunesse française: François Mitterrand. 1934-1947 (Fayard); che prende l’ascia che gli mette in mano lo stesso Maresciallo Pétain verso la metà del 1943 – foto dallo stesso libro … – uno che fu marechalista e Vichista, prima di diventare Giraudista, cioè uno che seguiva le mosse di  quel generale che fu l’uomo di paglia degli americani e che poi entrò nella resistenza della venticinquesima ora, dopo che la vittoria sovietica a Stalingrado aveva fatto capire che la guerra era finita. Non sorprende quindi che quest’uomo abbia esultato nel rappresentare l’unica linea a cui fu fedele in tutta la sua vita politica (oltre all’amore per se stesso): l’odio del generale de Gaulle.

È per il quarantesimo anniversario dello sbarco che François Mitterrand invitò Ronald Reagan a commemorare l’evento. Nel suo discorso al Musée du Débarquement de Utah Beach. si spinse fino a dire: “Salutiamo i morti tedeschi caduti in questa lotta” … Chissà cosa passava per la testa a François Mitterrand mentre celebrava questo progetto americano di vassallaggio della Francia, quando omise consapevolmente il nome del Generale de Gaulle, quello che fece scacco a questo progetto, e che invece non perse l’occasione di rendere omaggio ai soldati nazisti? Avremmo pure il diritto di chiedercelo …

Questa celebrazione avalla quindi la versione cinematografica del Il Giorno più lungo, che è un film di propaganda. È la fiction americana, la narrativa americana, la leggenda americana, il mito americano appoggiato dalla Francia che, più che mai, si accetta, si ama e vuole essere come quel Bourvil debole e avido, stupido e cretino, che non capisce niente di niente, con il basco schiacciato sul cranio e ride stupidamente allo spettacolo della virilità marziale americana. Questa è la versione che ormai fa legge.

Perché questa finzione s’imponga, bisogna cancellare quello che è stato: la leggenda respinge i fatti. Ora però i fatti sono testardi: questa fu una guerra mondiale, non vide solo americani contro tedeschi che combattono sulla testa dei tanti Bourvil francesi. Lo storico di Caen, Claude Quétel, di cui si parla in questi giorni per il suo libro sulla Rivoluzione francese che dice che sia stata completamente inutile, ha pubblicato il suo oracolo su BFM.

Ad una giornalista che gli ha chiesto quanti paesi sono stati coinvolti in questo conflitto, ha risposto … tre! Bisogna ricordare che quest’uomo, per tredici anni, ha presieduto la direzione scientifica del memoriale chiamato “per la pace”, che è una grande macchina per produrre e mantenere il mito americano, in buona parte con i soldi dei contribuenti. Il fatto poi che Claude Quétel abbia pubblicato Le Débarquement pour les nuls, nel  2014 fa venire il sospetto che non abbia letto – diciamo – per essere caritatevoli- riletto il suo libro!

Perché questa guerra l’hanno fatta gli alleati, che sono quindi oltre che americani, anche britannici, canadesi, australiani, neozelandesi, polacchi, belgi, cecoslovacchi, olandesi, norvegesi, francesi anche con il Commando Kieffer.  Prò non ci sono state altre vedette questo 6 giugno 2019, se non gli americani. Le decorazioni della Legion d’Onore sono andate solo agli americani. Non c’erano polacchi, canadesi, inglesi, neozelandesi che lo meritassero? Nessun belga? Nessun australiano? A meno che i distintivi non fossero finiti tutti, viste le recenti e generose distribuzioni di medaglie alla quadra di calcio francese – compresi quelli che non hanno mai giocato …

Nel suo discorso che ha letto come uno studente durante l’ora di Madame Trogneux,  Macron non ha potuto fare a meno di dare lezioni a Trump, in modo arrogante e sufficiente, facendogli sapere che “l’America non è mai tanto grande se non quando combatte per la libertà dei popoli”, in altre parole: non lo è altrettanto quando non costruisce muri per proteggersi dall’immigrazione messicana.

Il discorso è stato scritto per essere letto in tremolo. La penna oscura del presidente si è ispirata a un pastiche di Malraux, ma la pletora di aggettivi e di immagini che evocano alti e bassi, nebbie e sangue non sono bastate per creare qualcosa capace di trasportare l’ascoltatore. Resta il fatto che leggere un testo che scimmiotta Malraux non trasforma chi lo legge in un Generale de Gaulle. Soprattutto se l’attore inciampa nel testo, o se il suo negro ha scritto male, comunque: Macron ha effettivamente parlato della “poche de la falaise “. Giusta o sbagliata, con l’articolo o con l’articolo che mancava, anche se ha capito male, la sua ignoranza non ha compensato la colpa dello scrivano. In entrambi i casi, è colpa sua.

A mezzogiorno, dal mio ufficio, ho visto passare gli elicotteri di Trump. Ovviamente, nessun elicottero polacco, canadese, ecc.,. Poi li ho visti tornare anche da Colleville per il pranzo in prefettura. Questa volta, l’armada di Trump precedeva in cileo la carrozza di Macron.

La città era vuota, come dopo un’esplosione nucleare. Il dispositivo della polizia è stato hollywoodiano. Sotto casa mia c’è un college dove la campanella è stata sostituita da musiche scelte dagli studenti – come vuole  la demagogia partecipativa. Quel giorno, la musica non era la solita Pantera Rosa”, come capita spesso, ma i tre colpi dell’annuncio di Radio-Londra (la radio gollista!) seguiti dai versi di Verlaine, Les sanglots longs (mai usato dalla Resistenza in Normandia, ma solo nella Francia centrale).

Sulla costa, c’erano degli idioti che facevano finta di giocare alla guerra e, vestiti da soldati, guidavano vecchie jeep da collezione, avevano vestito da soldati anche i bambini. Mi hanno detto che qualche ragazzino più intelligente voleva le caramelle per salire e per fare un giro sulle autoblinde. Osceno. Birre, tazze, magliette, portachiavi, gingilli di merchandising sulla pelle di giovani soldati morti in suolo normanno. Tutto dimostra che dopo de Gaulle e grazie al socialismo di Mitterrand che ha legittimato il regno legittimo dei soldi, hanno vinto gli Stati Uniti: sul suolo del nostro paese tutto si può vendere, tutto si può comprare, possiamo fare soldi con qualsiasi cosa,  non c’è rimasto niente di sacro, dato che possiamo anche comprare e vendere i nostri bambini, e tutto passa sotto il nome del progresso.

Questo 6 giugno 2019, a Colombey-les-deux-Eglises, conosco qualcuno che deve essersi rigirato nella tomba …

  Fonte : https://michelonfray.com

Link : https://michelonfray.com/interventions-hebdomadaires/le-6-juin-de-la-vassalisation?mode=video

Il testo di questo  articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte  comedonchisciotte.org  e l’autore della traduzione Bosque Primario