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Il canto del mondo

di Gian Luca Diamanti - 07/09/2025

Il canto del mondo

Fonte: Barbadillo

Jean Giono è conosciuto dal pubblico italiano soprattutto grazie al racconto breve “L’uomo che piantava gli alberi”. Tuttavia Giono, provenzale d’origine italiana, ha scritto molto e soprattutto resta uno scrittore inclassificabile: lo era per gli standard del suo tempo e lo è ancora oggi. Bisogna perciò ringraziare le Edizioni Settecolori per aver stampato per la prima volta in italiano “Il canto del mondo”, uno dei romanzi d’avventura di Giono. In queste pagine tutto è originale, ogni cosa è affascinante. È un racconto epico di andata e ritorno, e non a caso Giono era un lettore appassionato di Omero. È il canto del mondo, dell’uomo come parte della natura, che trova armonia solo quando si lascia andare alle sue leggi, solo quando la sente in profondità, solo quando ne avverte tutti gli odori, i suoni, le sensazioni. Una delle protagoniste, Clara, è una ragazza cieca dalla nascita, che conosce la foresta e il fiume perché li sente. “Conosco la margherita e il bottone d’oro, l’avena e la lupinella. Forse non sono le stesse che voi chiamate così, fa lo stesso sono nomi. Non sono i nomi a contare. Non sono i nomi. Non so come spiegarti. Se tu chiudessi gli occhi a lungo e ti abituassi a ogni cosa con il corpo, e se poi durante quel tempo ogni cosa cambiasse, il giorno in cui apriresti gli occhi di nuovo sapresti tutto, funziona così. Tutte le cose del mondo arrivano a zone del mio corpo, sono attaccate a me con delle cordicelle frementi. Io, adesso, sono primavera, sono desiderosa come tutte le cose qui intorno, sono piena di forti desideri, come il mondo adesso”.
È una concezione estremamente naturale, di una natura animata, panteistica, dove si ritrova l’eco di autori romantici, ma anche di Whitman e di Tolkien (e come Tolkien, Giono era passato attraverso gli orrori della prima guerra mondiale..). È anche una percezione della physis, realtà prima, dove non ci sono bene e male ma solo una grande forza che scorre, come il fiume, tra la vita e la morte. Così scorre anche il racconto con una scrittura a salti, sincopata, musicale, quasi céliniana, in una Provenza immaginaria, in un’epoca indefinita e comunque premoderna, tra pescatori nascosti nella foresta, boscaioli, ex marinai, allevatori di tori e guaritori, nel mezzo di una faida tra famiglie che vivono intorno al fiume, dalla foresta fino alla vecchia città. Con il viaggio degli eroi nella natura selvaggia. Con la bella Gina, novella Elena, come pomo della discordia, tra sangue, passione e amore. Con i personaggi che non sono mai del tutto buoni o del tutto cattivi, ma carichi di ombre e di luci come se danzassero nel bosco illuminato di tanto in tanto dai raggi di sole, al suono del flauto di Pan. Ma soprattutto con una natura che spesso prende la mano e il sopravvento, tanto da essere descritta da Giono come un essere vivente che ascolta, che guarda, che parla.
Così, quando Giono deve descrivere un’insenatura del fiume, le rocce di una montagna, un gruppo di alberi, non lo fa mai da un solo punto di vista, quello umano, ma anche con gli occhi dei pesci, delle piante, degli uccelli, del fiume stesso. E questo è davvero il segreto del canto del mondo, svelato da Giono.