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Il Conte del Grillo

di Andrea Zhok - 24/06/2021

Il Conte del Grillo

Fonte: Andrea Zhok

Oggi il Corriere presenta la discussione tra Grillo e Conte sullo statuto del M5S come un "duello", una "sfida", in cui il movimento risultava "spaccatissimo". In questo duello, le posizioni vengono presentate in questo modo: Conte sarebbe "governista", mentre Grillo sarebbe "movimentista".
Le definizioni non sembrano illuminanti, e comunque non è facile capire se le cose stiano davvero così: dopo tutto questa è la versione del Corriere, che non ha perduto occasione negli ultimi anni per segare ogni albero su cui si arrampicava il movimento.
Quella che però sembra la vera posta in gioco, quella più profonda, anche se non so oramai quanto consapevole, è la seguente.
Il M5S era nato come movimento che rifiutava di aderire ai blocchi politici tradizionali, quella bipartizione tra "centrodestra" e "centrosinistra" che gli elettori percepivano come stantia, sterile, come un gioco delle parti capace di tenere il paese sotto una cappa di inconcludenza per tutta l'eternità. Il "rifiuto di tutte le alleanze", per quanto politicamente impercorribile nel lungo periodo, aveva questo significato agli occhi dell'elettorato.
Il M5S, dunque, si presentava come un "terzo polo", come un tentativo di aprire, in modo forse confuso e velleitario ma entusiasta, una terza via nello spazio politico italiano, una via che non si ritrovasse vincolata a posizionamenti automatici, a reazioni condizionate e premasticate da ideologismi di "destra" o di "sinistra".
Questa posizione strategica nello scenario politico era il vero punto di forza del movimento, quella componente di potenziale innovazione che quantomeno prometteva l'apertura di una nuova stagione. Di quel momento sul piano legislativo rimane il "reddito di cittadinanza", che è più o meno l'unica proposta innovativa sul piano dei diritti sociali da trent'anni a questa parte.
Ma se guardiamo alla direzione in cui l'ex premier Conte vuole condurre il M5S ciò che troviamo espressa a chiare lettere è "l’adesione al campo progressista."
Ora, l'ex premier è mediatore di grandi capacità e dotato di leadership, ma non è certamente un uomo di visione. La sua naturale propensione è quella di insediarsi in una posizione stabile e prevedibile, da cui poi poter gestire la cosa pubblica.
Purtroppo questo posizionamento finisce per presentare il M5S come la versione ingenua del PD, il fratello minore di un dinosauro interessato solo alla propria autoperpetuazione, qualcosa di cui nel panorama politico italiano semplicemente nessuno avverte alcun bisogno.