Il futuro sarà ancora meno democratico del presente?
di Pierluigi Fagan - 24/09/2024
Fonte: Pierluigi Fagan
Il futurologo americano Alvin Toffler, nel suo “Lo choc del futuro” (Rizzoli 1971) invocava un “futurismo sociale” - ossia impiego di strumenti di previsione democratici dibattiti sul futuro a tutti i livelli della società, scuola, fabbriche, città, nazioni, fino al mondo intero elaborazione di scenari e immagini del domani attraverso cui anticipare le conseguenze del mutamento anziché subirle.
Questo per via del duplice fatto che in un mondo complesso le determinazioni possono arrivare da ovunque essendo tutto connesso con tutto e per via del fatto che nelle nostre società la componente tecnologica va sempre più ad assumere un ruolo altamente strutturale.
Prendiamo Internet. Internet nasce usando l’infrastruttura telefonica già esistente così che, in quanto tale ovvero a livello infrastrutturale, nessuno può controllarlo. Si possono certo mettere dei firewall in entrata o uscita del traffico e l’attività di “controllo” di ciò che viaggia sulla rete sappiamo quanto è sviluppata e quanto sempre più lo sarà (S. Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza, LUISS, 2023). Ma questo è controllo traffico, non controllo rete.
Sin dagli anni Novanta, in certi ambienti americani, si comincia a studiare il superamento di questa dipendenza strutturale dalla rete telefonica mondiale, in favore di una rete alternativa: la satellitare. Il poi Segretario alla Difesa della presidenza Bush jr, Donald Rumsfeld, anche co-animatore del think tank neocon “The New American Century”, per tre anni, diventa CEO di una società (General Instrument) dedicata allo sviluppo e commercializzazione dei decoder di segnale satellitare.
L’idea del tempo, esplicitata in vari paper, era quella di creare una Internet gold, ovviamente privata ed a pagamento, in cui mandare prima le istituzioni pubbliche, poi quelle bancarie, poi le imprese, infine i consumatori e pur non esplicitandolo, nel tempo, più o meno tutti. Sicurezza ed affidabilità.
Non dichiarato, l’obiettivo di supporto era quello di rendere l’Internet tradizionale sempre meno efficiente, infrequentabile, inutile. Sapete come funziona, no? Prendete la Carta di Identità elettronica o il famigerato SPID, alla fine il “vecchio modo” non è più accettato e volenti o nolenti dovete passare al modo nuovo. La vecchia idea di Internet satellitare è poi rallentata per via degli enormi costi e forse anche perché immatura visto che negli ultimi trenta anni, la vecchia Internet ha svolta ruolo infrastrutturale per via della globalizzazione.
Oggi però, l’infrastruttura satellitare è in pieno sviluppo e la principale rete o “costellazione” come poeticamente viene chiamata è la Starlink di Elon Musk. Il governo Meloni, a giugno, approva una Legge sullo spazio, in cui l’articolo 25 prevede “che l’Italia si doti di una -riserva di capacità trasmissiva attraverso comunicazioni satellitari- per garantire il funzionamento di servizi strategici, militari e civili, in caso di blackout delle reti Internet terrestri”.
A proposito dei malfunzionamenti della rete tradizionale che nel tempo ne potrebbe sabotare l’efficienza, segnalo quanto avvenuto di recente in Africa a marzo dove tutta Internet è andata per un certo periodo in crash down. La Nigerian Communications Commission (NCC), che regolamenta il settore delle telecomunicazioni, ha affermato che l'interruzione è stata causata da danni ai cavi sottomarini internazionali che corrono lungo la costa dell'Africa occidentale. Fatto questo che ha colpito l’utilizzo di Internet in Sudafrica, Nigeria, Costa d'Avorio, Liberia, Benin, Ghana e Burkina Faso. La memoria corre al North Stream per analogia. Altresì, sono in verticale aumento le c.d. "minacce" informatiche che une rete con server centralizzati ed occhiuto controllo vedrà bene di evitare, magari mentre dà una segreta mano a rilasciare quelle su rete tradizionale. Ma questo è "pensar male".
Al momento, l’unica alternativa a Starlink è francese ma con una copertura dieci volte inferiore (che andrà a peggiorare) e costi enormemente superiori. Ci sarebbe poi un progetto europeo “Iris2”, ma è grave ritardo e sottofinanziata, uno dei casi citati da Draghi nel suo rapporto sulla competitività che, segnalo, ha ricevuto una attenta e benevolente analisi da parte di Thomas Piketty uscita su Internazionale. Viepiù gli stati europei come pare l’Italia si rivolgeranno a Musk, viepiù mancheranno i fondi per lo sviluppo della rete europea. Il tutto sarà anticipato anche da notevoli benemerenze come il provvidenziale intervento di Starlink per ripristinare le connessioni nell’alluvionata Romagna.
Ad arricchire la liason tra Meloni e Musk, ci sarebbe poi il capitolo sui vettori spaziali, ma rimaniamo al punto dato.
Il caso è un perfetto esempio di come il futuro oggi sia ampiamente ed attivamente programmato da parte di chi è grado per visione, competenza complessa ed ovviamente fondi da investire, di farlo. Il che porta il fatto che chi non è in grado subirà le determinazioni di chi invece si è mostrato in grado.
Tutto ciò esubera di molti gradi la capacità media di quella che ci ostiniamo a chiamare “democrazia” di trattare argomenti propri dell’agenda ideale delle nostre forme di vita associata. Tra qualche anno ci troveremo con un proprietario di Internet, non di Google o Facebook o Amazon, il proprietario in probabile regime di monopolio della rete in cui giocano tutti, aziende ed utenti. E visto l’identikit del candidato, ecco cosa s’intendeva con la chiusura del precedente post "Mala tempora currunt sed peiora parantur."
Allora, ricorderemo che anche pochi anni prima, ci si animava nella nostra goldoniane “baruffe chiozzotte” tra patrioti, sovranisti, neo-risorgimentali e ci renderemo conto di quanto non ci rendevamo conto di cosa era e stava diventando il mondo. Sarà tardi, ovviamente, ma si potrà sempre confidare su qualche nutrito numero di ignari in grado di apparecchiare qualche altra inutile discussione basata sul nostro democratico fondo di diffusa ignoranza chiassosa.