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Il genocidio di Gaza e la fine di Israele

di Diego Siragusa - 30/10/2025

Il genocidio di Gaza e la fine di Israele

Fonte: Italicum

1) Il sionismo laico ha presieduto alla fondazione di Israele. Tuttavia in Israele il sionismo ha assunto sempre più una dimensione religiosa, con una sacralizzazione etnico – identitaria dello Stato, atta a legittimare la pratica dell’apartheid nei confronti della popolazione araba e la violazione sistematica del diritto internazionale. La deriva teologica non ha contribuito però a creare valori unitari tra la stessa popolazione ebraica, dato che la società israeliana è oggi dilaniata da contrapposizioni irriducibili tra le varie componenti etnico – religiose. Non è quindi la guerra a rappresentare attualmente l’unico fattore unificante che possa scongiurare l’implosione dello stato ebraico?  Israele può sussistere solo in uno stato di guerra infinito?

Risposta:  Tra gli intellettuali sionisti vi fu un uomo coraggioso che, solitario e inascoltato, più volte analizzò e previde i pericoli insiti nel programma politico sionista. Quest’uomo si chiamava Ahad Ha'am, che in lingua ebraica significa “uno del popolo”, pseudonimo di Asher Hirsch Ginsberg. Nato a Kiev da una ricca famiglia ucraina, fu un letterato, pensatore e saggista dotato di altissima sensibilità morale. Profondamente legato alla cultura ebraica, si allontanò dalla religione e tentò di fondere il giudaismo con la filosofia europea moderna e, in particolare, col positivismo. Partecipò attivamente al gruppo Hovevei Zion.  Criticò severamente il progetto politico sionista della colonizzazione, come era stato impostato da Herzl al Congresso di Basilea, e si espresse, invece, per un progetto di rinascita della cultura ebraica in Palestina come centro propulsore per la sua rigenerazione e di rafforzamento degli ebrei della diaspora. Per Ahad Ha'am, gli insediamenti illimitati di comunità ebraiche in Palestina con lo scopo di fondare uno stato nazionale erano prematuri. Occorreva rinsaldare, egli diceva, “l'ideale dell'unità della nostra nazione, la sua rinascita, e il suo libero sviluppo attraverso l'espressione di valori umani universali nei termini del proprio spirito distintivo.” Nel 1891 fece un viaggio in Palestina e si convinse che il progetto di Herzl e dei sionisti più intransigenti sarebbe fallito. La Palestina non era vuota, da colonizzare, come diceva la propaganda di Herzl e dei suoi seguaci. "All’estero – egli scriveva - di solito si crede che EretzYisrael sia quasi del tutto desolata, un deserto non seminato..... Ma per la verità non è questo il caso. In tutto il paese è difficile trovare campi che non siano seminati. Solo le dune di sabbia e le montagne rocciose non sono coltivate .... ."

Ahad Ha'Am era un umanista, un raffinato uomo di cultura, correttamente egli aveva impostato il problema ebraico nel suo rapporto con un luogo che fosse il retaggio della sua cultura e della sua identità millenaria. Si tenne ai margini del movimento sionista, ormai influenzato da Herzl e da Jabotinskij, convinto che lo stato ebraico sarebbe stato il risultato finale di una rinascita culturale e spirituale della cultura ebraica, ma non certo il suo inizio. Egli osservò e denunciò quello che tuttora lo stato d’Israele non vuole vedere e non vuole riconoscere: la condotta razzista e disumana dei sionisti verso gli arabi di Palestina:

"[I coloni] trattano gli Arabi con ostilità e crudeltà, usurpano ingiustamente, li picchiano vergognosamente senza una sufficiente ragione e sono anche orgogliosi di comportarsi così. Gli Ebrei erano schiavi nella terra del loro esilio e all’improvviso essi si trovano con una libertà illimitata, libertà selvaggia che esiste SOLO in un paese come la Turchia. Questa mutazione improvvisa ha prodotto nei loro cuori un’inclinazione verso la tirannia repressiva, come succede sempre quando uno schiavo domina.” E prosegue con straordinaria preveggenza: “Di solito pensiamo che gli Arabi siano come uomini primitivi del deserto, come una nazione di scimmie che non vede né capisce cosa accade attorno a sé. Ma questo è un GRANDE ERRORE. L’arabo, come tutti i figli di Sem, ha una mente acuta e astuta… Se un giorno la vita della nostra gente in Palestina si estenderà fino a uno spazio più piccolo o più grande dei nativi, essi non si metteranno facilmente da parte.”

La testimonianza di Ahad Ha'Am è di capitale importanza perché indica con precisione “il peccato originario” del sionismo da un pulpito insospettabile. La vulgata israeliana recita da sempre, con una ostinazione pari al livello incontrollabile del suo fanatismo, il refrain degli arabi malvagi e invidiosi che perseguitano ed uccidono i poveri ebrei. Senza questa fondamentale verità non sono storicamente spiegabili i casi di autodifesa o di aggressione ritorsiva araba alle comunità ebraiche insediatesi in Palestina dall’inizio del ‘900 in avanti. Infatti, questa parte del pensiero di Ahad Ha’am è avversata in Israele e in alcuni siti internet* si dice in modo chiaro che egli era in errore, che non capiva l’importanza per la sopravvivenza degli insediamenti ebraici di conquistare l’indipendenza politica dagli arabi e dagli inglesi, che egli non seppe prevedere la Prima Guerra Mondiale, il Mandato Britannico né l’Olocausto. Naturalmente le citazioni sopra riportate non compaiono nella letteratura sionista ed affiorano annacquate ed incomprensibili anche nei siti internet filoisraeliani.

Recentemente un poeta israeliano, Amnon Shmosh, ha scritto un bell’articolo sulla “tragedia dell’arroganza” che connota gli ebrei convinti di essere il popolo eletto protetto da dio, di essere più intelligenti, più saggi degli arabi e dei gentili. In questo modo l’arroganza biblica si trasforma in acceso nazionalismo e disprezzo per tutti coloro che avversano gli ebrei o si differenziano da loro. La malvagità e la concezione che gli arabi e i gentili siano “esseri inferiori” da schiacciare, sono l’inevitabile approdo di questa supremazia etnica sempre più simile all’arianesimo nazista.*

Il pensiero e l’umanesimo di Ahad Ha’am influenzarono alcuni sionisti come Chaim Weizmann che, in dissenso col progetto fascista e razzista di Jabotinskij, tentò di testimoniare le idealità del suo maestro schierandosi per una convivenza pacifica coi palestinesi ma dovette soccombere ed essere trascinato nell’inarrestabile corrente dell’estremismo sionista che annullò ogni principio di umanesimo giudaico.

Nelle successive immigrazioni arrivarono in Palestina ebrei askenaziti, sefarditi, falascià e mitzrahim ovvero ebrei arabi; queste differenze si sono connotate anche come differenze di classe e sono state spesso la causa di scontri e dissidi. Allo stesso modo le varie sette in seno al giudaismo hanno acuito le divisioni, soprattutto tra rabbini sionisti e antisionisti. Si pensi ai rabbini ortodossi di NETUREI KARTA, fermamente contrari allo stato di Israele descritto come una blasfemia contro la sacra Torah. Man mano che l’estremismo religioso e messianico ha conquistato settori maggioritari della società israeliana in senso suprematista e razzista, difficile e perdente è diventata la lotta dei settori laici e democratici ridotti al ruolo di coscienza critica del sionismo. L’ossessione permanente del NEMICO giustifica lo stato di emergenza e la necessità di una guerra infinita su tutti i fronti.

2) Secondo la retorica del mainstream, sembra essersi risvegliata la coscienza dell’Europa con il riconoscimento dello Stato palestinese, sulla base dello slogan “due popoli due stati”. La soluzione dei due stati, già rivelatasi inattuabile per il rifiuto di dare attuazione agli accordi di Oslo sia da parte di Israele che dei Palestinesi, è oggi resa impossibile dalla proliferazione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Con il riconoscimento di uno stato palestinese del tutto virtuale, l’Europa, che è uno dei principali partner commerciali e militari di Israele, non vuole ipocritamente autoassolversi dalle proprie responsabilità sul genocidio di Gaza? Inoltre, questo tardivo riconoscimento europeo dello stato palestinese, non si configura come un’arma mediatica di distrazione di massa, messa in atto allo scopo di occultare le responsabilità delle élites della UE sulla decomposizione politica ed economica europea in atto e dalle incipienti misure di austerity contestuali al riarmo europeo che presto incomberanno sui popoli?

Risposta: Il 4 dicembre 1992 a Londra, si svolse un incontro fra Yair Hirschfeld, docente all’università di Haifa, e Suleiman Ahmed Qurai (Abu Ala), dirigente dell’Olp, addetto alla struttura finanziaria dell’organizzazione. L’incontro fu patrocinato dal norvegese Terje Rod Larsen e da Mona Juul, rispettivamente direttore dell’Istituto norvegese di scienze sociali applicate e alto funzionario del ministero degli Esteri.

Il 20 gennaio del 1993, ad Oslo, si svolse un secondo incontro fra Yair Hirschfeld, accompagnato questa volta dallo storico RonPundak, e Suleiman Ahmed Qurai che si accordarono su tre punti: "il ritiro israeliano da Gaza, il graduale trasferimento del potere economico ai palestinesi…e l’assistenza economica internazionale alla nascente entità palestinese a Gaza". Il 9 settembre Yasser Arafat riconosce, in una lettera ufficiale, "il diritto dello Stato di Israele ad esistere in pace e sicurezza". Il giorno dopo, a Tel Aviv, il primo ministro israeliano Rabin riconosce, a sua volta, l’Olp "quale rappresentante del popolo palestinese". Per la prima volta i due nemici riconoscono il diritto reciproco all’esistenza.

Il 4 maggio del 1994, al Cairo, il primo ministro Rabin e Arafat firmano l’ "Accordo sulla striscia di Gaza e l’area di Gerico", alla presenza di rappresentanti americani, russi ed egiziani in veste di testimoni. Israele aveva ottenuto ciò che voleva: il monopolio dei controlli alle frontiere e addirittura sui passaggi fra Gaza e Gerico, la facoltà dell’esercito di vigilare intorno alle colonie ebraiche e sulle strade di collegamento fra i Territori ed Israele, inclusa la possibilità di ricercare ed arrestare coloro che a propria discrezione considera potenziali aggressori. Abdel Rezaq, dirigente di Al Fatah, afferma: "A cinque mesi dagli accordi di Washington, la gente sente che nulla è cambiato".

Il 1° febbraio 1995, la Commissione dell’Onu per i diritti umani riunita a Ginevra afferma in un documento la "insostenibilità" della situazione per i palestinesi nei Territori occupati, per l’allargamento degli insediamenti coloniali decisi dal governo Rabin e la violazione dei diritti umani. Il documento aggiunge che la comunità internazionale "deve cessare di credere che l’occupazione di un territorio da parte di un esercito straniero possa essere compatibile con il rispetto dei diritti degli individui".

In breve, gli accordi chiedevano un ritiro delle forze israeliane da parti della Striscia di Gaza e della Cisgiordania, e affermavano il diritto palestinese all'autogoverno in tali aree, attraverso la creazione dell'Autorità Nazionale Palestinese. Il governo palestinese ad interim sarebbe durato per un periodo di cinque anni, durante i quali sarebbe stato negoziato un accordo permanente (a partire al più tardi dal maggio 1996). Questioni annose come Gerusalemme, rifugiati palestinesi, insediamenti israeliani nell'area, sicurezza e confini, vennero deliberatamente esclusi dagli accordi e lasciati in sospeso. L'autogoverno ad interim sarebbe stato garantito per fasi.

Gli accordi sollevarono nei due popoli, israeliano e palestinese, un'ondata di speranza per la fine delle violenze, ma non tutti presero parte a questa speranza.

In Israele, ebbe luogo un forte dibattito sugli accordi; la sinistra li sosteneva, mentre la destra si opponeva ad essi. Dopo una discussione di due giorni alla Knesset sul proclama del governo circa la questione dell'accordo e lo scambio di lettere, il 23 settembre 1993 si tenne un voto di fiducia nel quale 61 parlamentari della Knesset votarono a favore della decisione, 50 votarono contro e 8 si astennero.

Nemmeno le reazioni palestinesi agli accordi furono omogenee. Al-Fath accettò gli accordi, ma Hamas, la Jihad Islamica palestinese e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che erano note come "organizzazioni del rifiuto", obiettarono agli accordi dato che rifiutavano completamente il diritto di Israele a esistere.

Dopo la firma degli accordi l'espansione degli insediamenti israeliani accelerò di cinque volte rispetto alla normale crescita, ingenerando frustrazione tra i palestinesi e una generale sfiducia sugli accordi e sulle intenzioni israeliane. La fiducia israeliana negli accordi venne minata dal fatto che, dopo la firma, gli attacchi terroristici contro Israele non cessarono, e anzi si intensificarono: questo può essere spiegato come un tentativo delle organizzazioni terroristiche di compromettere il processo di pace. Altri credevano che l'Autorità Palestinese non avesse interesse a far cessare questi attacchi e che invece li avallasse. Centinaia di civili israeliani morirono in attacchi compiuti da attentatori suicidi e da organizzazioni palestinesi durante il periodo degli accordi di Oslo. Parti importanti dell'opinione pubblica israeliana si opposero al processo; in particolare, i coloni ebraici temevano che avrebbe portato alla perdita delle loro abitazioni. Questo processo alla fine portò all'assassinio del Primo ministro israeliano Yitzhak Rabin da parte dell'attivista di estrema destra Yigal Amir.

3) Con il genocidio di Gaza e le aggressioni terroristiche di Israele nei confronti degli stati mediorientali, è venuta meno la legittimazione morale scaturita dalla Shoah, che ha presieduto alla nascita dello Stato ebraico. Quell’ideologia secondo cui l’occupazione israeliana della Palestina fosse giustificabile quale risarcimento per l’Olocausto subito dal popolo ebraico sembra oggi misconosciuta, dato che Israele non può più essere considerato nel consesso internazionale come vittima. Non stiamo dunque assistendo al tramonto di quella “religione olocaustica” che ha generato strumentali sensi di colpa irredimibili nei popoli europei e che ha condannato l’Europa alla subalternità atlantica e alla irrilevanza nel contesto della geopolitica mondiale?

Risposta: Troppo spesso l’Olocausto è stato usato dagli israeliani per giustificare la loro politica di genocidio della popolazione araba e per allargare le schiere di simpatizzanti ed alleati. Tutto questo finora è stato possibile grazie a tre elementi: l’appoggio incondizionato degli Stati Uniti, i cui presidenti non possono inimicarsi la potente lobby ebraica americana senza rischiare di perdere le elezioni; la disunione dei paesi arabi oscillanti tra estremismo islamico-nazionalistico ed opportunismo politico-economico per colpa della loro commistione di interessi con gli Stati Uniti; l’influenza finanziaria delle lobby ebraiche europee e, soprattutto, nordamericana.

In un pianeta ormai unipolare è evidente che il paese più potente del mondo e il suo fedele alleato, che in Medioriente da un secolo tiene in scacco la nazione araba e vive in uno stato di guerra permanente, siano additati come la causa del disordine internazionale e i possibili fautori di un nuovo ordine mondiale foriero di nuovo disordine fino alla conflagrazione bellica mondiale. Durissima l’invettiva sincera, fuori da ogni paludamento politico, dell’ex ministro francese Jaques Lang:

“Il grande colpevole di questa situazione è Bush. Perdonate la violenza, ma Bush è un cretino e un fanatico insieme, un imbecille e un guerrafondaio, che da quattro anni trascina il mondo, e in particolare il Medio Oriente, nel caos. Ha distrutto l’Iraq e rischia di distruggere il Libano. Il suo progetto è pericolosissimo. Fa bene la Francia a opporre un’altra visione e a difendere il suo piano per il Libano all’ONU.”

Oggi la reputazione di Israele è tra i rifiuti della storia e più forti diventano coloro che invocano lo smantellamento dello stato sionista, come avevano dichiarato i rabbini antisionisti a Durban nel 2001:

“Discorso tenuto alla Conferenza Mondiale contro il Razzismo, a Durban, trasmesso 29 agosto 2001-09-08

"Ebrei uniti contro lo sionismo":" L'alternativa seria al sionismo è la fede del giudaismo. "(...)

"Ai palestinesi ed agli altri popoli qui presenti: Voi non avete alcun contenzioso con il popolo ebraico. Noi non siamo i Vostri nemici. Il nostro messaggio è semplice. Cerchiamo di vivere in pace ed in mutuo rispetto. Ai nostri fratelli ebrei: chiediamo che Voi tutti abbracciate la fede dei nostri antenati come essa fu rivelata sul Monte Sinai; che Voi trattiate con giustizia e gentilezza ogni uomo e che noi tutti ci impegniamo per il giorno della fratellanza definitiva e della redenzione dell'umanità.  La nostra preghiera a Dio è che lo stato di Israele possa essere rapidamente e pacificamente smantellato senza ulteriore versamento di sangue ebraico o palestinese e che possiamo essere degni di vedere la rivelazione piena della gloria di Dio nel mondo. Amen."

"Porteremo a termine un grande olocausto contro i palestinesi." 

(Matan Vilnai, Ministro israeliano della Difesa Interna, 1° marzo 2006)

 4) Le guerre e le aggressioni terroristiche di Israele sono del tutto coerenti con la strategia americana di destabilizzazione del Medio Oriente, finalizzata alla frammentazione degli stati dell’area in tante piccole entità etnico – religiose tra loro conflittuali. Il disegno americano condurrebbe quindi alla balcanizzazione dell’area mediorientale, con una egemonia regionale israeliana, atta a salvaguardare il dominio strategico ed economico degli USA in Medio Oriente. Sia il genocidio di Gaza che la probabile annessione della Cisgiordania non sono avallati dagli USA in quanto la presenza palestinese in quelle regioni rappresenterebbe un ostacolo alla realizzazione di grandi progetti politici ed economici americani, quali il Patto di Abramo e la Via del Cotone? La situazione appare però attualmente mutata. Le aggressioni perpetrate da Israele nei confronti dei paesi mediorientali non finiranno per distruggere i rapporti degli USA con i suoi alleati nell’area? Israele, da potenza alleata degli USA, non si è trasformato in un elemento distonico per le strategie egemoniche americane in Medio Oriente?

Risposta: Fidel Castro disse una verità: “Gli Stati Uniti sono governati dal partito sionista che si divide in due correnti: i repubblicani e i democratici”. Israele prende le decisioni e gli USA eseguono. I recenti 21 punti di Trump per negoziare la cessazione del genocidio a Gaza erano accettabili e furono accettati da Hamas. Poi è arrivato Netanyahu, ha tirato le orecchie a Trump e i 21 punti sono diventati 20 con rimaneggiamenti totalmente inaccettabili. Ogni persona dotata di comprendonio deve convincersi che Israele non è interessata alla pace. Dopo aver rivelato che vuole occupare tutta la Palestina storica, oggi non nasconde di voler realizzare in tempi rapidi IL GRANDE ISRAELE, dal Nilo fino all’Eufrate. Tutto il libano, la Giordania, la penisola del Sinai, Canale di Suez, parti della Siria, dell’Iraq e dell’Arabia Saudita devono diventare IL GRANDE ISRAELE secondo un demenziale progetto di origine biblica. Anche per questa ragione è arrivato il momento di demistificare la Bibbia e le sue insopportabili menzogne usate dall’estrema destra sionista.

Il complotto dell’11 Settembre 2001, ovvero l’attacco alle Torri gemelle, fu organizzato dal Mossad, Cia e FBI per iniziare una serie di guerre in Medioriente con lo scopo di agevolare la realizzazione del GRANDE ISRAELE. Ormai esistono le prove che Iraq, Siria e Libia sono stati distrutti per volere di Israele. I tagliagole dell’ISIS non hanno mai sparato una pallottola contro Israele. Oggi sappiamo come è stato rovesciato il presidente siriano Hassad e come il terrorista Al Jolani è diventato presidente senza essere stato eletto da nessuno. Oggi in Siria il sangue scorre a fiume ma Al Jolani, vestito con giacca e cravatta va all’ONU, abbraccia Zelenski, firma riconoscimenti diplomatici ed è riconosciuto e riverito da tutti i regimi occidentali atlantisti. Gli altri regimi arabi sono governati da gente corrotta e collusa con gli USA: Giordania, Marocco, Egitto, Arabia Saudita, Emirati arabi. Trump ha costretto Netanyahu a chiedere scusa al Primo Ministro del Qatar per aver bombardato Doha pur di uccidere i capi di Hamas ospiti del governo qatariota. Perché? Perché il Qatar ospita una grande base americana e, sicuramente, i dirigenti qatarioti avranno preteso un impegno da parte di Trump ad ammonire il suo amico sionista, pena la chiusura della base. Questa è la prima volta che un dirigente sionista chiede scusa dopo aver compiuto un atto terroristico.

La strategia russa di un mondo multipolare e la missione dei paesi del BRICS di dedollarizzare l’economia mondiale impongono agli USA di tenere al guinzaglio la sua creatura sionista ormai del tutto impazzita. Il genocidio contro i palestinesi ha generato un paradosso: oggi tutto il mondo è palestinese e la vittoria della Palestina sul colonialismo anglosionista è il paradigma della lotta del sud del mondo contro l’imperialismo e il neocolonialismo. ln altre parole: la lotta anticapitalista finalmente ritorna d’attualità davanti ai crimini manifesti del liberal-fascismo.

 5) E’ da ritenersi del tutto probabile il verificarsi di un nuovo attacco di Israele all’Iran. Israele sarebbe infatti determinato ad attaccare l’Iran in tempi brevi. Prima cioè che l’Iran possa dotarsi delle necessaria deterrenza nucleare e possa adeguare la sua difesa strategicacon il sostegno di Russia e Cina a far fronte alle possibili aggressioni israeliane. La recente “guerra dei 12 giorni” ha dimostrato l’inadeguatezza di Israele a sostenere un conflitto di lunga durata contro l’Iran. Pertanto, è evidente l’intento di Israele di coinvolgere gli USA direttamente in un conflitto, che altrimenti avrebbe effetti devastanti tali da mettere in pericolo la stessa esistenza dello Stato ebraico. Questa prospettiva, non induce a nutrire seri timori per la deflagrazione di un conflitto dalle dimensioni globali per le sue implicazioni geopolitiche, che potrebbe tramutarsi anche in una guerra nucleare?

 

Risposta: Oggi solo gli imbecilli, gli apologeti e i sacrestani del sionismo potrebbero negare che Israele è IL MALE ASSOLUTO. Come potenza nucleare ricatta tutti i suoi vicini mediorientali e anche i paesi occidentali che volessero schierarsi militarmente contro Israele. L’Armageddon è nei progetti possibili di Israele nel caso di minaccia alla sua sopravvivenza. Oltre alla resistenza palestinese, oggi sul campo di battaglia sono rimasti: l’Iran, Hetzbollah e gli Houti dello Yemen. Trump si è dimostrato finora il cagnolino più fedele alle avventure di Netanyahu e non lo abbandonerà mai. Perché? Perché ha in casa il genero, Jared Kushner, ipersupersionista e immobiliarista senza scrupoli che vuole trasformare Gaza in un protettorato alle dipendenze degli USA speculando sulla ricostruzione. In questo momento l’Iran è sotto la protezione della Russia e riceve armi di nuova generazione per reagire a imminenti attacchi. In cambio l’Iran fornisce migliaia di droni con tecnologia avanzata. Dopo “la guerra dei 12 giorni”, le autorità iraniane vigilano sulle infiltrazioni del Mossad che ebbe un ruolo vitale nell’uccisione degli scienziati iraniani a Teheran. Alcune spie iraniane del Mossad sono state scoperte e rapidamente impiccate.

Non ho letto il libro di Anna Foa IL SUICIDIO DI ISRAELE, suicidio previsto e annunciato da parecchi ebrei antisionisti anche in anni meno recenti. Condivido integralmente l’appello dei rabbini radunatisi a Durban, ma manca in quel documento il COME SMANTELLARE LO STATO DI ISRAELE. Osservo un fenomeno: Israele è un regime pericoloso per chi ci vuole vivere. Dall’inizio dei massacri a Gaza sono circa 800.000 gli israeliani che sono fuggiti nei paesi da cui provenivano. Ci sono le prove delle lunghe file di partenti all’aeroporto di Tel Aviv. A Cipro sono arrivati 12.000 israeliani, molti sono andati in Grecia e altri in Italia, nel Salento e circa 400 sono arrivati in Valsesia, a pochi km. dalla mia città. Questa è una delle soluzioni: QUESTI CRIMINALOIDI IRREDIMIBILI SE NE DEVONO ANDARE. QUELLA TERRA SI CHIAMA PALESTINA. Dobbiamo avere chiara la convinzione che Israele minaccia il pianeta. Il sionismo deve essere dichiarato fuorilegge. Difficile trovare nella storia un criminale come il ministro Smotrich che dichiara vantandosi che tutti i palestinesi di Gaza devono essere uccisi e che lui si offre come boia, sostenuto in questo dall’altro criminale ministro, Itamar Ben Gvir e da ampi settori della società israeliana. Israele è pieno di psicopatici come questi due ministri che non avrebbero alcuna esitazione a usare le loro bombe atomiche.

6) Israele ha innescato 8 conflitti nell’area mediorientale. Non è però riuscito a concluderne nessuno, non conseguendo quella agognata vittoria che garantirebbe la sopravvivenza politica di Netanyahu. Evidentemente Israele non è più quel “cane pazzo troppo pericoloso per essere disturbato” comedefinito da Moshe Dayan, ma agisce come se ancora lo fosse. Le strategie di ristrutturazione del Medio Oriente che prefiguravano l’assurgere di Israele a potenza incontrastata nell’area previste dal piano Yinon sono fallite. E’ ormai impossibile una riproposizione dello status quo antecedente il 7 ottobre. Israele non concepisce possibili equilibri politico – strategici per il dopo – guerra. La guerra di Israele non ha finalità strategiche definite, la sua è una guerra santa. Non legittima quindi i suoi nemici a combatterne una altrettanto santa nei suoi confronti? L’unico obiettivo di Israele è quindi la vittoria totale profetizzata dal fanatismo religioso con il mito del Grande Israele dal Nilo all’Eufrate? Quale orizzonte alternativo può prefigurarsi, qualora questa improbabile profezia messianica non si realizzasse? 

Risposta: Abbiamo visto le scene ripugnanti di Trump davanti al Knesset. Ha glorificato Netanyahu e ha pregato il presidente Herzog di graziarlo per i suoi misfatti. Si è vantato di aver fornito armi efficaci a Israele che i militari “hanno usato bene”, cioè hanno fatto un buon massacro di palestinesi. Complimenti per la sincerità! Gli Stati Uniti in Vietnam persero la battaglia morale prima di essere sconfitti sul campo; Israele ha perso la battaglia morale ma non si arrende. Sta investendo milioni di dollari nei social network e nella propaganda con una campagna di mistificazione senza pari. Il recente convegno dell’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) ha registrato la presenza di giornalisti e intellettuali di infimo conio che hanno tentato comicamente di negare i massacri di Gaza. Si sono distinti: Galli della Loggia, Pierluigi Battista e Incoronata Boccia, capufficio stampa della RAI, che ha negato che vi sia “una sola prova che a Gaza Israele abbia sparato sui civili”. Quindi i palestinesi si sono suicidati o, come dicono alcuni, hanno costruito un grande set cinematografico. Dopo la sconfitta morale, Israele dovrà essere distrutto dall’interno della sua società e sul campo di battaglia subendo perdite insopportabili per il regime sionista la cui economia, dopo due anni di genocidio, è a pezzi. Un Israele invivibile è la soluzione migliore per dissanguarlo demograficamente. Non dobbiamo dimenticare che circa 350 soldati e ufficiali si sono rifiutati di essere mandati a uccidere civili innocenti e molti si sono suicidati per i crimini orrendi che sono stati costretti a eseguire. Questo è Israele: IL MALE ASSOLUTO in compagnia di USA e Gran Bretagna.

A cura di Luigi Tedeschi