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Il richiamo e il trombo-amico

di Massimo Fini - 12/07/2021

Il richiamo e il trombo-amico

Fonte: Massimo Fini

Ho fatto, come tanti altri, la seconda dose del vaccino. AstraZeneca. Rispetto alla prima volta c’era molta meno gente, non so se è perché AstraZeneca ha provveduto a farne fuori un bel po’ o, più probabilmente, perché molti, impauriti da questo vaccino dalla fama un poco sinistra, han preferito rimandare il tutto a dopo l’estate (“per adesso mi godo le vacanze, al vaccino ci penserò dopo”) per la disperazione del generale dalle mille battaglie mai combattute.
“Come ti senti?” mi chiede, premurosa, un’amica. Certamente stavo meglio prima, rispondo, tetro, utilizzando il gergo del calcio quando prendi una botta dolorosa ma che non ti impedisce di continuare a giocare. Io questa cosa per cui una persona sana deve inocularsi una malattia per prevenirne una più grave non riesco proprio a digerirla. Le cose, una volta cacciata Aria del minus habens Caparini e affidato il servizio a Poste Italiane, si sono svolte alla Fabbrica del Vapore con la consueta umanità da parte del personale e in modo ultraveloce, “u creddu ben” non c’era quasi nessuno. Poi ci sono i corollari di rito. Devi stare, con altri morituri più o meno della tua età ma anche oltre, quindici minuti in attesa dello shock anafilattico che ponga termine finalmente alla partita. Perché quindici minuti e non sedici o ventiquattro o mezz’ora? E chi lo sa? La Scienza – almeno questo il Covid avrebbe dovuto insegnarcelo – non è una scienza esatta, e non lo è nemmeno la matematica come ingenuamente crediamo fin da bambini perché così ci viene insegnato. Nulla è esatto nell’umano, perché ognuno è fatto a modo suo. Così adesso, come tutti gli altri, avrò l’ansia di aspettare quattordici giorni in attesa del trombo-amico. E anche qui perché poi quattordici giorni e non, poniamo, ventotto? E chi mi dice che il vaccino, avendo alterato l’equilibrio naturale del mio corpo, fra un anno o due invece di un infarto secco e liberatorio non mi appioppi appunto il trombo e mi condanni alla sedia a rotelle per il resto dei miei giorni?
Più si va avanti e questa vicenda del Covid19-lockdown-vaccini meno mi convince. Il genere umano, fra le specie animali più stupide del Creato, s’è fatto spaventare dall’estensione dell’epidemia che chiamiamo, proprio per ciò, pandemia. Ma questo era inevitabile. È evidente che se tu crei un mondo integrato, uno starnuto in Cina ci mette pochissimo ad arrivare a Codogno. Qualche anno fa uno che aveva già capito le cose affermò: “Uno sbatter d’ali di farfalle in Giappone può provocare un terremoto in Italia”.
Quindi la novità, che molto ci ha preoccupato, è l’estensione del morbo, non la sua letalità. Nel mondo, ad oggi, per Covid19, o sue derivazioni, sono morte quattro milioni di persone. Quattro milioni su una popolazione mondiale di più di sette miliardi, comprendendo in questo calcolo anche aree del globo come l’Africa Subsahariana dove nessuna profilassi è stata fatta perché hanno altre malattie, ben più micidiali del Covid, cui pensare, per esempio la malaria, e alle quali ci apprestiamo a regalare generosamente gli scarti dei nostri vaccini, fa una percentuale di 0,057. Dice: ma il virus è esponenziale. Vero. Raddoppiamo la percentuale, quadruplichiamola, siamo generosi (“venghino, venghino, signori”), decuplichiamola. Fa 0,57. Per questo, per altro ipotetico, 0,57, per due anni abbiamo fermato il mondo. Per salvare chi poi? Settuagenari, ottuagenari, nonagenari perché c’è gente che ha l’impudenza, e oserei direi, l’impudicizia, di vivere fino a questa età mettendo in crisi figli già ultrasessantenni e a loro volta con problemi di salute – in una società ammorbante come la nostra pochissimi sono sani – che devono dividersi fra i propri problemi di salute, le incombenze professionali e l’amor figliale, ma sarebbe meglio dire per i nonni, i bisnonni e i trisnonni. Vecchi che hanno, quasi sempre, due o tre patologie pregresse e che a breve sarebbero morti comunque per un colpo di freddo o semplicemente perché la vita, prima o poi, ha un termine.
C’è un’altra considerazione da fare. Il virus è un parassita. Anche lui, pur non essendo umano, può sbagliare e dimostrarsi troppo aggressivo e quindi uccidere il suo ospite e con esso uccidere sé stesso. Quindi ha due possibilità. Una è svignarsela dai vaccini mutandosi. È quello che sta facendo adesso con la variante Delta, per cui gli inglesi che si erano molto vantati delle loro vaccinazioni adesso non possono neanche venire a vedere una partita a Roma. L’altra, più intelligente, è di diventare meno aggressivo col suo ospite. In questo caso il Covid19 si trasformerebbe in una normale influenza senza che ci sia bisogno ogni anno di fare quattro vaccinazioni (due, diciamo così, normali e due richiami) con tutto lo stress che ciò comporta e che secondo me per la salute è molto più pericoloso del Covid.