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Immigrazione e autonomia popolare – prima parte

di Riccardo Paccosi - 01/09/2025

Immigrazione e autonomia popolare – prima parte

Fonte: Riccardo Paccosi

LA CRISI DEL PARADIGMA IMMIGRAZIONISTA E IL RUOLO DI GARANTI DELLO STATO DI COSE ESISTENTE SVOLTO DALLA SINISTRA E DALLA DESTRA.
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Come possiamo vedere nello screenshot sottostante, anche Repubblica si sta accorgendo di quello che sta accadendo in Gran Bretagna intorno all’immigrazione e ne tratta ovviamente a suo modo: ovvero ne parla non già per informare un'opinione pubblica italiana composta da 60.000.000 di cittadini, ma soltanto per compattare ideologicamente il proprio piccolo club da 60.000 lettori in perpetuo calo.
In questi giorni, ho scoperto una moltitudine di canali Youtube britannici che stanno cavalcando la crisi del multiculturalismo e che, solo per gli alti numeri delle visualizzazioni, indicano nitidamente la vastità e la portata di massa della crisi suddetta.
Discutendo sia online che fisicamente con persone che perlopiù, come il sottoscritto, sono provenienti da sinistra ma non si riconoscono più in tale categoria, ho tratto alcune temporanee conclusioni.
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1) IL PUNTO DI VISTA DELLA SINISTRA SULL’IMMIGRAZIONE, CHE ORMAI NEPPURE VIENE PIU’ PRESO IN CONSIDERAZIONE.
Si può discutere d’immigrazione e multiculturalismo quanto si vuole ma, sicuramente, risulta ormai esclusa da ogni ambito di confronto popolare quella che è stata - e incredibilmente permane tutt'ora - la posizione trentennale della sinistra, ovvero l'idea che l'immigrazione debba essere illimitata nonché l’approccio di negazionismo politico rispetto alle conseguenze di dissoluzione sociale generate da tale assenza di limite. 
Al di fuori d’un 17% di base elettorale PD e di piccole minoranze militanti, cioè, questa tesi neppure si può dire che dalla maggioranza della popolazione venga oggi respinta: data la sua autoreferenziale irrazionalità, ormai questa tesi neppure viene presa in considerazione. 
Non solo: il fatto che ci sia stato un 40% di NO al quesito referendario del giugno scorso relativo alla riduzione degli anni per ottenere la cittadinanza, ha inequivocabilmente indicato come tale posizione abbia perso credibilità finanche presso quel segmento di società che si definisce nominalmente di sinistra.
Il deregolazionismo sui flussi migratori è manifestamente una strategia della classe padronale, come dimostrano le dichiarazioni pro-immigrazione massiva pronunciate ogni anno dalla Confindustria in Italia o, alcuni anni fa, dalla trojka eurofederale in rapporto alla crisi greca. 
Il fatto che tutte le sinistre occidentali abbiano sposato questa strategia della classe dominante, è stato forse il fattore storico che maggiormente ha provocato l’irreversibile frattura fra esse e il blocco sociale maggioritario composto da working class e ceto medio impoverito.
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2) IL PUNTO DI VISTA DELLA DESTRA CHE, PUR AFFERMANDO D’OPPORVISI, PERPETUA LO STATO DI COSE ESISTENTE.
È però evidente che la rappresentanza di working class e ceto medio impoverito – ovvero le parti di società più critiche verso l’immigrazionismo - da qualche altra rete organizzata doveva pur essere assunta e così, su questo tema come su altri, inevitabilmente è stata la destra a occupare il campo.
Stando così le cose, se la destra fosse oggi in grado di occuparsi del problema immigrazione ci sarebbe solo da prendere atto della situazione e, in parte, forse perfino da accettarla. Ma purtroppo così non è: la destra, in quanto tale, non è assolutamente in grado di fornire soluzioni alla crisi del multiculturalismo. 
Affermare che l’immigrazione illimitata sia una strategia della classe padronale, infatti, equivale a dire ch’essa sia un'espressione sostanziale della dottrina neoliberista e, soprattutto, un atto d’ingegneria sociale volto a sostituire la forza-lavoro e a disarticolare la coesione della società ai fini del comando e dello sfruttamento. Il punto, quindi, è che per poter almeno comprendere PERCHE' il capitalismo occidentale abbia intrapreso la strada dell'immigrazionismo, occorre mettere in atto qualcosa che risulta estraneo alle destre di tutto il mondo, vale a dire una critica del sistema capitalista in quanto tale.
A destra, gli intellettuali in grado di svolgere una critica di questo tipo, sono quelli come Alain De Benoist che però, guarda caso, non si riconoscono più in tale definizione. 
Per il resto, gli astri nascenti della destra europea cavalcanti le tematiche della sovranità e della critica all’immigrazionismo - Farage, Bardella, Weidel, Wilders e ovviamente il duo Salvini-Meloni – sono tutti di conclamata fede neoliberista (con aggiunta di filo-sionismo tanto per gradire) e, di conseguenza, non sono in grado di spiegare perché storicamente l’immigrazionismo sia avvenuto, né sanno parlare della correlazione tra deregolazionismo riguardante la circolazione internazionale della forza-lavoro e deregolazionismo più generale riguardante la circolazione internazionale di merci e capitali. 
Nella narrazione di destra, l’immigrazione illimitata sarebbe avvenuta tutt’a un tratto a causa del lassismo dei governi, al quale sarebbe seguito un aumento della criminalità e nient’altro: nessuna economia politica, nessuna strategia del capitale sovranazionale e, ovviamente, zero analisi delle contraddizioni fra classi sociali. 
Una visione annichilente le capacità d’analisi, questa della destra, non meno di quella deterministico-messianica della sinistra volta a idealizzare un movimento presuntamente spontaneo – dunque non immigrante bensì migratorio – di immense masse umane da continente a continente.
Che questa incomprensione delle cause porti la destra a proporre strumenti inadeguati o deleteri con cui affrontare il problema, è dunque inevitabile e la riprova di ciò è stata fornita proprio dal Governo Meloni negli ultimi mesi. 
Dopo aver tuonato sempre e solo contro gli immigrati clandestini e contro i reati commessi da questi ultimi, il Governo ha infatti firmato a fine giugno un Decreto Flussi prevedente 150.000 ingressi di immigrati da lavoro, ogni anno, per i prossimi tre anni. 
Il fatto d’essersi focalizzati esclusivamente sui clandestini e di aver al contempo ampliato la base dell’immigrazione da lavoro, dimostra ancora una volta come la retorica legge-e-ordine venga spacciata dalla destra come palliativo di falsa sicurezza laddove, a monte, sussiste invece un’insicurezza socio-economica che essa non può e non vuole affrontare.
L’ingresso dei clandestini ha certamente una valenza destrutturante sulla coesione della società, ma si tratta d’un fenomeno di dimensioni non comparabili sul lungo termine a quello dell’immigrazione da lavoro regolare: quella che molta teoria di destra definisce “sostituzione etnica” dei popoli europei, sta avvenendo invece e principalmente a causa dell’immigrazione da lavoro. 
Ma per avversare quest’ultimo fenomeno, non serve invocare legge e ordine per le strade bensì occorre un governo che sappia affrontare a muso duro organismi padronali come Confindustria che – pensando solo al loro tornaconto immediato e non avendo una visione di lungo termine per il paese - veicolano la menzogna dell’assenza di manodopera giovanile e, quindi, pretendono ogni anno almeno 100.000 nuovi ingressi al fine di poter disporre di forza lavoro duttile e sfruttabile. A queste pretese confindustriali, come dicevamo, Meloni e Salvini non solo hanno risposto affermativamente, ma hanno perfino deliberato un numero maggiore di ingressi rispetto a quanto originariamente indicato dai vertici di Viale delll’Astronomia.
Al di là del contesto italiano, l’impressione generale è che neanche la destra degli altri paesi stia offrendo una prospettiva di soluzioni reali. In Gran Bretagna si parla di “remigration” e questo concetto – quantunque auspicabile nel caso dell’immigrazione irregolare – si è dimostrato ineffettuale sul versante dell’immigrazione da lavoro. I recenti tentativi olandesi e inglesi di rimpatriare gli immigrati - sia forzosamente che tramite compenso economico - hanno finora ottenuto risultati irrisori o nulli.
Per tutte le ragioni suddette, possiamo dunque affermare che la destra – non importa se per malafede o per incapacità di riflettere criticamente sul neoliberismo – non è nelle condizioni di poter risolvere nulla, ovvero nel momento in cui essa svolge il ruolo di raccogliere il dissenso popolare contro le politiche immigrazioniste, svolge altresì un manifesto ruolo di gatekeeping e, conseguentemente, di garante della perpetuazione dello stato di cose esistente. 
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Il problema che si pone, allora, riguarda la possibilità d’un punto di vista sull’immigrazione che sappia essere antagonista sia a quello di sinistra che a quello di destra, ovvero un punto di vista autonomo e popolare. 
Si è mai manifestato, storicamente, un punto di vista del genere?
Ebbene, sì. Ma di questo nella seconda parte del presente saggio.
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(fine prima parte – continua)