Si sa dove vanno a parare con il sesso a scuola
di Marcello Veneziani - 20/10/2025
Fonte: Marcello Veneziani
La chiamano deriva oscurantista, ritorno reazionario al medioevo e repressione sessuale fascista, e vogliono far passare l’idea che chi si oppone a dare istruzioni su sesso e affettività a scuola sia dalla parte degli stupratori assassini e dei violentatori di donne. Vogliono come sempre usare casi gravi e tragici, storie di sangue e di follia, per far passare una somministrazione ideologica in materia di sesso e fluidità. Mettiamo le carte in tavola e guardiamoci in faccia, dicendo la verità: qual è il vero scopo di introdurre nelle scuole quella che chiamano educazione sessuale e affettiva? È destrutturare tutto ciò che per natura, senso comune, storia e tradizione intendiamo per legami affettivi, amore, coppia, procreazione, maternità e paternità, fertilità e natalità, differenze sessuali, delegittimando la famiglia, che già sta male per conto suo. Non è un processo alle intenzioni ma è lo spettacolo vistoso, sotto gli occhi di tutti, che ogni giorno offrono le agenzie di orientamento ideologico e sessuale, gli influencer dei mass media, e a scuola i collettivi di insegnanti democratici, anche in versione sfusa e mono-porzione. Sappiamo cosa vuol dire per loro educare all’affettività: scoprire che i sessi non sono due ma cinquantadue, che la famiglia è solo una delle opzioni possibili e certo la più antiquata, fatiscente, da cancellare, che i genitori non vanno chiamati madre e padre ma solo numerati e che si è figli del proprio tempo più che dei propri genitori; che la fluidità e la transessualità sono un bene da incoraggiare, che ciascuno non è come la natura l’ha fatto ma come vuole diventare, che la differenza sessuale sia un fatto transitorio, variabile, volubile, subordinato alla percezione di sé e al desiderio di ciascuno, e che finora l’umanità ha sbagliato a centrare la vita personale sulla figura materna e paterna, sui ruoli differenziati tra maschile e femminile, sull’educazione dei figli, sulla procreazione e la fecondità, sui legami famigliari e sulla formazione dei bambini in ambito famigliare; sulla difesa della vita e sul suo diritto, che precede ogni altro diritto. Sappiamo che la fabbrica degli istruttori sessuali e affettivi è gestita con questi canoni da quei funzionari ideologici, con ruoli diversi, e che l’educazione sessuale vuol dire essenzialmente istruzione woke al sessualmente corretto. Ma ai fessi, come essi ritengono la maggioranza degli italiani (perché non votano e non pensano come loro), vogliono far credere che tutto questo serve a prevenire i femminicidi e le violenze sulle donne, dunque a salvare vite umane e a impedire che altre si rovinino nella loro furiosa e possessiva demenza. Sai, con una bella lezioncina a scuola, magari con test annesso e dimostrazione pratica, e con il contributo di un “esperto” - un* trans, una esponente del sindacato lesbiche o femministe all’arrabbiata, un rappresentante del movimento lgbtq+ o un carro allegorico del gay pride - il mostro criminale recede dal suo infame proposito, si ravvede e la donna è salva o diventa a sua volta abbastanza scafata per non farsi accoppare dal mandrillo criminale. Non credo che le devianze gravi, che rivelano quasi tutti i casi di crimini a sfondo sessuale compiuti, si possano evitare semplicemente parlandone a scuola e somministrando modelli alternativi di liberazione sessuale. Lo fanno già ovunque, a partire dalla tv, e la denuncia ripetuta incessante di queste violenze non ha minimamente inciso sull’andatura dei delitti, che aumenta progressivamente. Perché l’educazione non arriva dove scattano meccanismi patologici, pulsioni radicate, deviazioni psichiche. Non servono i corsi di pace per fermare le guerre, non servono i corsi di cittadinanza democratica per fermare i terroristi, non servono i corsi antimafia per sciogliere le organizzazioni criminali, non servono i corsi di rispetto dei bambini per fermare i pedofili. E non servono fiaccolate, cortei, sit in e veglie funebri per rimediare ai mali e alle tragedie: rientrano piuttosto nei rituali, nelle liturgie, come si fa in ambito religioso e civile, per celebrare i morti, per venerare i santi, per commemorare eventi, ma si fa per fede e devozione, non sono rimedi pratici e socio-terapeutici.
Perciò credo che abbia fatto bene la commissione della Camera, con gli emendamenti della Lega, e prima col ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Valditara, a fermare i progetti di educazione sessuale e affettiva, non solo nelle materne ed elementari ma anche nelle medie inferiori, ovvero le scuole secondarie di primo grado.
Nei nuovi programmi, in vigore dall’anno prossimo, figura peraltro l’educazione alle relazioni, all’insegna della «fiducia, dell’empatia, della tenerezza, della gentilezza». E c’è l’ora di educazione civica, spesso caricata di troppi compiti ed eccessive aspettative, e c’è soprattutto l’esortazione al rispetto verso gli altri.
Il problema in realtà è che l’educazione sessuale non può diventare una materia a sé, una specie di catechismo ideologico, rientra nell’educazione complessiva della persona, va inserita dentro un contesto più ampio, sia di relazioni col mondo, sia di formazione culturale, civile e umana, e di conoscenza etica, morale e religiosa, non escludendo di considerare l’identità personale, comunitaria e nazionale. Rientra nell’humanitas, nella paideia, richiede la lezione dei grandi maestri.
Ma state sicuri che con l’autonomia scolastica dei singoli istituti, la mobilitazione militante di docenti, studenti e genitori democratici, e con l’interpretazione elastica e settaria di alcuni militanti del credo woke, anche quegli ambiti più generali verranno usati per fare la propaganda sessual-ideologica che tutti ormai conosciamo fino alla nausea.
Una società attenta deve educare bambini, ragazzi e giovani a una formazione integrale della loro personalità e del loro ruolo nel mondo, nella comunità e nella vita interpersonale.
Il vero problema che resta irrisolto è invece un altro: c’è una minoranza rumorosa e mobilitata che porta avanti questo tentativo di rendere il canone woke obbligato nelle scuole, ma non c’è, non dico una maggioranza, ma almeno un’altra minoranza che viceversa si batte per l’educazione organica della persona, nel rispetto dei singoli e delle comunità, della storia, della natura e della realtà, della tradizione e della civiltà. Sicché anche al ministro della scuola resta il compito di frenare le follie ideologiche e la nuova demagogia, o di fermare l’uso dei cellulari nelle scuole (sacrosanto), ma è più difficile ripensare in positivo alla missione educativa della scuola. Intanto fermiamo la pazzia, poi forse verrà il tempo della saggezza.