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L'Assoluto e la tazza: la nozione di devastazione culturale

di Vincenzo Costa - 17/10/2025

L'Assoluto e la tazza: la nozione di devastazione culturale

Fonte: Vincenzo Costa

Ruth Benedict racconta come Ramon, un indiano, esperiva il crollo della sua cultura, ed in questo modo emerge come quella tradizione teneva insieme l'Assoluto e la molteplicità delle tradizioni culturali.
In quella cultura si narra che all’origine Dio diede a ogni popolo una tazza di argilla, ed essi da questa tazza bevevano la loro vita.
Ogni popolo immergeva la sua tazza nell’acqua, «ma le loro tazze erano differenti» . La stessa acqua, lo stesso assoluto, ma ad ogni popolo è dato un modo specifico di attingere l’acqua che permette la vita e di abitare il mondo.
Non vi è accesso all'Assoluto e al sovrastorico senza radicamento in una tradizione, ed essere radicati in una tradizione non è perdita di universalità: è radicamento nella vita dell'assoluto da cui ogni tradizione attinge. Questa era la coscienza di Ramon.
La tazza è il modo particolare in cui un popolo si radica nella vita dell'Assoluto, e se una cultura perde la propria tazza o se questa si rompe, quel popolo muore.
E questo è il modo in cui  Ramon esperisce la devastazione culturale che ha colpito il suo popolo: «La nostra tazza è rotta ora».

La nuova cultura
Io credo sia un dato che non abbiamo una cultura viva, che illumini il mondo, che orienti l’agire. Si reagisce, ma privi di una cultura si entra in una dimensione in cui reagendo ci si disperde.
Certo, si va a teatro, ci si informa, si parla in maniera colta. Ma c’è sempre qualcosa di mortifero: è chiacchiera priva di vita. Si ha la sensazione che la vita stia altrove.
Abbiamo bisogno di una nuova cultura, di una cultura che nasca dalla vita, che la vada a riprendere dallo stato di dispersione in cui la vita stessa si è portata da se stessa. Abbiamo bisogno di una cultura che sia vita e di una vita che sia cultura.
Ma da dove può nascere?
Non dall’università. Sono luoghi oramai mortiferi, in cui tutti si è troppo preoccupati della carriera. I giovani ripetono cose degli anni sessanta, ancora coi francofortesi, adorno, foucault, deleuze, l’oppressione, l’emancipazione sessuale. Un mondo fuori dal mondo. Un mondo che era già morto all’epoca, ma ora proprio invece di illuminare obnubila. Non apre spazio all’agire perché non coglie le sfide di oggi, non coglie il cambiamento di atmosfera, le nuove contraddizioni. Si ripetono formule vuote.
Ma questo nel migliore dei casi, qui stiamo parlando della parte nobile. Il resto è una morte ben peggiore. Dalle università non verrà più niente.
Ma dal mercato ancora meno, dai media solo indottrinamento.
Allora, da dove può nascere una nuova cultura? Da dove nascerà, se nascerà, e nessuno può dire che il miracolo avverrà?
Fuori dalle università, dalle sue regole, dai circuiti dei grandi editori, dei grandi giornali, della società dello spettacolo, lontano dalle grandi masse.
Nascerà se si creeranno luoghi di produzione del sapere liberi da carriera, familismo, reti di persone che lavorano insieme, riprendono tematiche oscurate, lasciano da parte tutto quello che ha dominato gli ultimi 60 anni. Affrontano nuovi problemi, quelli che la vita pone.
I problemi che la vita pone, non quelli dettati dalla Comunità europea o quelli dettati dalle esigenze dell'industria. Non quelli dettati dall'eterna esigenza di inseguire il nuovo.
Ci sono tanti gruppi, piccoli gruppi, vari, molto diversi, ma pensano diverso, in maniera eccentrica, pongono o inseguono problemi che da due secoli sono stati espulsi.
Nascerà da questa gente, da docenti di scuola superiore piuttosto che da docenti universitari.
C’è una condizione: che inizino a fare rete, senza curarsi se sono di destra o di sinistra. Nascerà se riescono a fare interagire tradizioni diverse, le più diverse, a inseguire problemi vecchi, vecchissimi, perché se qualcosa di nuovo può emergere è solo riscoprendo l’antico.
Se accade questa è la rivoluzione.
E se accade questa rivoluzione culturale la vita riparte in questo paese.
Il primo compito è sottrarre la cultura e il pensiero al potere