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Perché nessuno crede più ai giornali

di Alice Carrazza - 28/07/2025

Perché nessuno crede più ai giornali

Fonte: Barbadillo

Tutto è a posto e niente in ordine. Non c’è nemmeno da illudersi: l’idea che l’opinione pubblica possa ancora mobilitarsi attorno a qualcosa è fuori tempo massimo. I più hanno smesso di leggere i giornali. Non li sfogliano, non li aprono, non ci credono. Siamo nell’era del post-giornalismo.

L’era dell’uomo qualunque
Oggi, la notizia si cerca su TikTok. Il commento arriva via Instagram. Il riassunto lo passano su Telegram. Se chiedi il perché, la gente ti risponde: “Lì le notizie non sono manipolate”. Così, della voce dell’editorialista, del politico, del conduttore in doppiopetto, non importa più a nessuno. Meglio l’uomo qualunque, con un microfono usb e tre luci a led. Quello che ti parla dalla macchina o dalla cameretta. Che sbaglia i congiuntivi, ma sembra “vero”. Che non ha padroni, si dice. O che, almeno, ti guarda negli occhi, dallo schermo in verità.

Ideologia senza realtà
Il pensiero critico, dunque, evapora alla stessa velocità del prossimo video. È avvilente, sì. Eppure lo capisco. Perché il punto è proprio lì: il giornalismo ha perso di credito. Ha abbandonato il ruolo di osservatore. Ha preso posizione, spesso senza saperlo fare o senza neanche troppa convinzione. Ha sposato l’ideologia, ha smarrito la realtà. Ha accettato di farsi algoritmo, contenuto, “trending topic”. Così, a forza di rincorrere l’attenzione, ha smarrito l’autorevolezza. E chi legge se n’è accorto.

Tutti parlano di tutto
Una volta il discorso era vero se pronunciato da chi ne aveva il diritto, il ruolo, la responsabilità. Lo spiegava, decenni fa, il filosofo francese Michel Foucault: esiste un ordine che stabilisce chi può parlare e con quale legittimità. Oggigiorno invece, con l’illusione democratica dei social, tutti parlano di tutto. Ma in questo disordine generale, nessuno sa davvero più niente. E attenzione, non perché manchino le informazioni, ma perché manca lo spazio per pensarle. Non c’è più gerarchia tra vero e falso, tra verificato e sentito dire. Tra autore e personaggio. C’è solo ciò che funziona. Ciò che gira. Ciò che “buca”.Il risultato? La parola non ha più peso. Tutto è discorso, e quindi niente lo è. Tutto è visibile, e quindi nulla si vede davvero. Siamo in un tempo dove l’opinione precede i fatti. Dove la reazione vale più della riflessione. Dove non si cerca più chi sa, ma chi conferma ciò che già pensiamo.

Taci, nessuno ti ascolta
Questo è il post-giornalismo: non la morte della stampa, ma la rottura irreparabile tra lo scrittore e il lettore. Tra chi che dovrebbe spiegare e chi non vuole più ascoltare. Perché? Perché è stanco. E allora non serve parlare più forte, più a lungo, più spesso. Forse serve parlare meno, ma meglio. Serve addirittura stare zitti. O donare al discorso una parola alla volta.