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L’intero pianeta è tenuto in ostaggio da un culto della morte

di Pepe Escobar - 14/06/2025

L’intero pianeta è tenuto in ostaggio da un culto della morte

Fonte: Giubbe rosse

Andiamo dritti al punto. Il devastante attacco all’Iran da parte dell’etno-suprematista psicopatologico e genocida “scelto” insediatosi a Tel Aviv – una vera e propria dichiarazione di guerra – è stato coordinato nei dettagli con il Presidente degli Stati Uniti, il direttore del circo Donald Trump.

Questo Narciso, affetto da infantilismo, annegato nella pozza della sua stessa immagine, ha svelato il gioco, lui stesso, in un post sconclusionato. Punti salienti selezionati:

“Ho dato all’Iran una possibilità dopo l’altra per raggiungere un accordo”. Nessun “accordo”; in realtà, le sue richieste unilaterali. Dopotutto, ha affossato l’accordo originale, il JCPOA, perché non era il suo “accordo”.

“Ho detto loro che sarebbe stato molto peggio di qualsiasi cosa sapessero, prevedessero o avessero sentito dire”. La decisione di attaccare era già stata presa.

“Alcuni estremisti iraniani hanno parlato con coraggio, ma (…) ora sono tutti MORTI, e la situazione non potrà che peggiorare!”. Esultare è parte integrante della strategia.

“I prossimi attacchi già pianificati saranno ancora più brutali”. In totale allineamento con la strategia israeliana della “decapitazione”.

“L’Iran deve fare un accordo, prima che non resti più nulla, e salvare quello che un tempo era conosciuto come l’Impero iraniano”. Era l’Impero persiano (corsivo mio) – ma dopotutto questo è un uomo che non legge né studia. Notate l’arte della diplomazia: accettate il mio accordo o morite.

Questo decennio incandescente è stato inaugurato dall’assassinio del generale Soleimani a Baghdad, come ho sottolineato nel mio libro del 2021 “Raging Twenties” . Era in missione diplomatica. Il via libera è arrivato personalmente dall’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

La metà degli anni Venti è ora sull’orlo di una guerra devastante in Asia occidentale, con ripercussioni globali, a causa dell’assassinio seriale dei vertici dell’IRGC a Teheran, da parte dell’entità sionista psico-genocida. Dopo un elaborato teatrino degl inganni, il via libera a Tel Aviv – avanti e avanti – è arrivato anche dal Presidente degli Stati Uniti, Trump 2.0 (che ha affermato di essere “a conoscenza” degli attacchi).

Una guerra preventiva contro i BRICS

Il piano genocida psicopatologico è costringere Teheran a capitolare, senza nemmeno opporre resistenza. Il preambolo del teatrino è stato eseguito magistralmente. I negoziati nucleari indiretti in Oman sono stati presi sul serio a Teheran, addormentando la leadership iraniana, civile e militare. Sono caduti nella trappola e sono stati letteralmente colti nel sonno.

L’ayatollah Khamenei – che è lui stesso in pericolo fisico, poiché Israele sta applicando lo stesso modello di decapitazione che ha scatenato contro Hezbollah – deve prendere una decisione molto difficile: capitolazione o guerra totale. Sarà una guerra totale, e con gli Stati Uniti come partecipanti diretti.

La leadership iraniana – in realtà più che altro la presidenza di Pezeshkian, piena di sostenitori di un “accomodamento” con l’Occidente – è stata indotta a un falso senso di sicurezza, dimenticando che gli assassini seriali non fanno diplomazia.

Quindi il prezzo da pagare ora, per l’Iran, sarà ancora più insopportabile. Teheran risponderà, ammesso che le capacità siano ancora intatte. In questo caso, la sua industria petrolifera corre il rischio di essere distrutta. È una questione aperta se altri due importanti membri dei BRICS, oltre all’Iran – Russia e Cina –, per ragioni diverse, permetteranno che ciò accada.

E se stessimo per entrare in questo territorio particolarmente pericoloso, l’Iran potrebbe giocare la carta decisiva: chiudere lo Stretto di Hormuz e far crollare l’economia globale.

L’attacco all’Iran, pienamente appoggiato dall’Impero del Caos, è soprattutto un attacco preventivo al nucleo energetico dei BRICS. È parte integrante della guerra imperialista contro i BRICS, in particolare contro la Russia e la Cina. Mosca e Pechino devono trarre le dovute conclusioni in tempo reale.

Iran, Cina e Russia sono legati da partnership strategiche interconnesse. Il mese scorso ero in Iran per monitorare i progressi del Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC), che collega Russia, Iran e India. Questo è solo uno di una serie di progetti infrastrutturali strategici chiave che consolideranno ulteriormente la connettività economica eurasiatica. Una guerra devastante nell’Asia occidentale e un Iran al collasso rappresenteranno un colpo mortale per una maggiore integrazione eurasiatica.

Questo è esattamente ciò che si adatta ai progetti dell’Impero.

Non c’è quindi da stupirsi che Washington sia completamente coinvolto. Questa è ormai la Guerra dei Direttori del Circo.

Una risposta devastante; un’arma nucleare; o la capitolazione

Il messaggio di Teheran è: “Non siamo stati noi a iniziare la guerra, ma sarà l’Iran a determinare come finirà”.

La domanda scottante è se conservino ancora una significativa capacità deterrente e offensiva.

I genocidi stanno colpendo a piacimento i sistemi di stoccaggio dei missili balistici nel nord-ovest dell’Iran e persino l’aeroporto civile Mehrabad di Teheran. Le difese aeree non si vedono da nessuna parte. È immensamente doloroso da vedere.

Le dichiarazioni dell’IDF – finora prive di qualsiasi conferma – sostengono che alcuni silos missilistici e complessi mobili siano stati distrutti ancor prima di essere messi in stato di allerta. Eppure, il fatto è che la stragrande maggioranza del vasto arsenale di missili balistici iraniani è immagazzinata in profondissimi silos e tunnel sotterranei, in grado di resistere a massicci attacchi aerei e a difese aeree sovraccariche.

Per il momento, Teheran è inquietantemente silenziosa. Il che è comprensibile, perché ha bisogno, in tempi record, di ristabilire una catena di comando unificata che è stata infranta dagli attacchi; assicurarsi che i lanciamissili possano essere schierati e non neutralizzati dalla supremazia aerea israeliana; riorganizzare l’operazione “True Promise 3”, che era pronta a partire, come alcuni di noi hanno appreso a Teheran il mese scorso, ma ora adattata alla nuova situazione (perdite incluse); e pianificare come infliggere colpi dolorosi all’infrastruttura economica israeliana.

Non ci sono prove che gli attacchi abbiano distrutto l’infrastruttura nucleare iraniana, che si trova in profondità nel sottosuolo. Allo stato attuale, la leadership di Teheran sta imparando a sue spese che la diplomazia – commissioni, lettere all’ONU, dichiarazioni all’AIEA, riunioni ministeriali – è tutto smembrato dalla legge della giungla.

Gli iraniani sono stati così ingenui da permettere all’AIEA di visitare i loro siti strategici, quando le proverbiali spie raccoglievano tutte le informazioni necessarie per facilitare gli attacchi israeliani. La RPDC non sarebbe mai caduta in una simile trappola.

L’eliminazione di una figura di spicco come Ali Shamkhani, consigliere chiave di Khamenei, principale negoziatore nucleare dell’Iran, con decenni di influenza sull’IRGC e sull’apparato di intelligence, è un duro colpo.

Cancellare sistematicamente la leadership militare e diplomatica dell’Iran nel giro di poche ore si adatta alla logica di annientare la cerchia ristretta di Khamenei. Questo è iniziato molto tempo fa con l’uccisione di Soleimani ordinata da Trump e include certamente la misteriosa morte dell’ex presidente Raisi e del ministro degli Esteri Abdollahian in quel losco “incidente” in elicottero. Si tratta semplicemente di creare le condizioni per un cambio di regime.

In una rara nota di buon auspicio, prima degli attacchi, l’IRGC ha fatto sapere di aver sviluppato una tecnologia segreta per intensificare l’impatto dei suoi missili su Israele.

Ora siamo tutti cavalieri della tempesta. Ancora una volta, non c’è via d’uscita: o un colpo devastante agli psico-genocidi, o l’Iran assembla un’arma nucleare in men che non si dica. La terza opzione è la capitolazione, l’evirazione e il cambio di regime.

Nel frattempo, l’intero pianeta è ostaggio di una minaccia letale. Andrea Zhok è professore di Filosofia Morale all’Università degli Studi di Milano e, oltre alle sue brillanti analisi, ha scritto la prefazione dell’edizione italiana del mio libro “Racing Twenties”, pubblicato l’anno scorso.

Il Prof. Zhok ha sinteticamente sottolineato come nessuna costruzione politica nella storia moderna abbia accumulato una combinazione tossica di suprematismo etnico messianico; assoluto disprezzo per la vita umana (tutti gli altri, non “scelti”, sono comunque “amalek”); assoluto disprezzo per il diritto internazionale; e accesso illimitato a una potenza di fuoco letale.

Cosa fare dunque con un culto della morte così vorace e fuori controllo?

The Unz Review —    Traduzione a cura di Old Hunter