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L'Occidente contro l'Occidente

di Franco Cardini - 04/02/2024

L'Occidente contro l'Occidente

Fonte: Franco Cardini

“Il vero danno che minaccia la civiltà non viene dall’Oriente ma dall’estremo Occidente”. È, in sintesi, la tesi portata avanti non solo da me in La deriva dell’Occidente (Laterza 2023), ma anche e soprattutto da Emmanuel Todd in La défaite de l’Occident (Gallimard 2024), in modo ben più autorevole e radicale.
Segnalo tuttavia che la frase di apertura di queste poche note è citata in un saggio al solito lucidissimo di Luciano Canfora, La schiavitù del capitale (il Mulino 2017): essa appartiene a Isaac Kadmi-Cohen (1892-1954), il quale sottolinea come già all’indomani della prima guerra mondiale si fosse avviato da parte soprattutto statunitense un progetto “tanto intelligente quanto ributtante… di rovinare l’Europa e colonizzarla”.
Tutto ciò torna in modo ancora diverso e ancora più convincente nell’ultimo libro del francolibanese cristiano Amin Maalouf, Le Labyrinthe des égarés. L’Occident et ses adversaires (Grasset 2023), dove i quattro nemici di quel ch’egli continua a definire “Occidente” sono stati, in ordine cronologico, il Giappone dell’età Meji, l’Unione Sovietica, la Cina attuale e infine gli Stati Uniti. Dal che si deduce che Maalouf continua a usare il termine “Occidente” come lo usava Spengler (quindi in quanto sinonimo di Europa), ma convergendo con il parere di Kadmi-Cohen secondo il quale il vero nemico della nostra civiltà sia “l’estremo Occidente”, cioè appunto gli Stati Uniti con la sua immediata area di sostegno, la cosiddetta “Anglosfera”.
D’altronde, il vero nemico dell’Europa è storicamente stato in modo graduale ma progressivo, a partire dall’inizio dell’età moderna, l’Europa stessa quando si è proposta come “Occidente moderno” spezzando l’equilibrio di un mondo precedente caratterizzato da civiltà non totalmente aperte le une rispetto alle altre ed avviando l’economia-mondo, quindi la globalizzazione, mentre sempre più irrevocabilmente sceglieva come sue principali forze traenti l’individualismo, la Volontà di Potenza e il processo di secolarizzazione.
Alla luce di tutto ciò, tra Cinque e Novecento, l’Europa pretendendo di recare al resto del mondo il suo progresso, la sua fede religiosa, la sua civiltà e con essa la pace organizzò di fatto un colossale sistema di soggezione degli altri continenti e di progressiva distruzione delle loro rispettive civiltà.
Maalouf sceglie a titolo d’esempio, tra millanta, un episodio (riferito nel suo libro, pp. 199-201) a chiarire quale fosse la realtà delle cose, dagli europei ammantata sotto l’apparenza dei pacifici rapporti commerciali ma già ad esempio dai cinesi di fine Settecento còlta e denunziata nella sua brutale realtà.
Nel settembre del 1793 il “Figlio del Cielo” Qianlung, della dinastia manciù dei Qing, festeggiava il suo ottantaduesimo anniversario. Re Giorgio III d’Inghilterra ritenne opportuno inviargli un ambasciatore per presentargli i suoi auguri id lunga vita; con l’occasione, il diplomatico avrebbe dovuto proporre all’imperatore cinese una sempre più stretta collaborazione commerciale, il che significava una maggior apertura dei suoi porti alle navi britanniche. Per compiere tale missione fu scelto Lord George Macartney, che aveva già una qualche esperienza asiatica, quanto meno indiana.
In quanto rappresentante della più grande potenza navale del mondo, Macartney riteneva che una certa sia pur deferente disinvoltura fosse sufficiente a venir accolto alla corte di Pechino: recava ricchi doni, e riteneva che ciò fosse sufficiente a ritenere che il rappresentante del re d’Inghilterra potesse venir esentato dal rito delle nove prostrazioni dinanzi al trono del Figlio del Cielo.
Ma Qianlung era di tutt’altro avviso. Non solo lo trattò sdegnosamente obbligandolo a indirizzargli il dovuto omaggio, ma indirizzò addirittura a re Giorgio una lunga, dura diffida per iscritto: “Il nostro Celeste Impero possiede entro i suoi confini ogni sorta di beni in abbondanza e non manca di niente. Non ha quindi bisogno d’importare dall’esterno le cose che producono i barbari. Nonostante ciò, visto che il the, la seta e la porcellana sono delle necessità assolute per gli europei, Noi abbiamo permesso in segno di favore che gruppi di mercanti europei si stabiliscano a Canton, affinché i vostri bisogni siano soddisfatti e che il vostro paese riceva la sua parte dei beni che noi produciamo. Ma il vostro ambasciatore ha testé avanzato nuove pretese che disconoscono del tutto il principio secondo il quale Noi abbiamo deciso di concedere lo stesso benevolo trattamento a tutti gli stranieri. La vostra Inghilterra non è il solo paese che commercia a Canton. Se altri paesi, seguendo il vostro cattivo esempio, cominciassero a importunare le Nostre orecchie con insensate richieste, come potremmo continuar a trattarli con la stessa indulgenza? Ciò nonostante, non dimentichiamo che voi venite da un’isola lontana, appartata rispetto al resto del mondo da una vasta distesa di acque marine, il che scusa la vostra ignoranza a proposito degli usi del Celeste Impero. Di conseguenza, abbiamo incaricato i Nostri ministri di mettere al corrente il vostro ambasciatore in merito a ciò…”.
Due culture, due sistemi mentali si affrontavano. Da un lato la tradizione, le consuetudini, il rispetto accordato e preteso; dall’altro l’arroganza del potere materiale, della potenza che nasce da una coscienza di superiorità gli effettivi pilastri della quale erano quelli indicati da Carlo Maria Cipolla, le velature mobili che consentivano la navigazione oceanica e le possenti bocche di fuoco in grado di piegare interlocutori dotati certo di cultura pari e magari superiore. Contro la cultura dell’Essere, l’Occidente non opponeva né Gesù Cristo, né Platone, né Aristotele, bensì la cultura dell’Avere: cioè del possedere, dell’imporre con la forza la propria millantata superiorità, del far crescere il proprio profitto.
I frutti di questo conflitto di cultura s’imposero nella Cina di meno di un secolo più tardi; allorché la bilancia commerciale pendeva con decisione dalla parte dei cinesi con la loro quantità e qualità di merci pregiate che in Occidente erano molto richieste. Gli inglesi offrirono allora ai cinesi di esportare quello che, grazie al loro impero indiano, avevano di più abbondante: l’oppio, che il governo del Celeste Impero respinse sdegnosamente in quanto avrebbe provocato danni morali, economici e fisici immensi al suo popolo. La risposta delle potenze europee – Gran Bretagna e Francia – fu cristiana e liberale, come entrambe si vantavano di essere; un’aggressione cui fece seguito la “guerra dell’oppio” avviata nel 1839 e l’inizio della distruzione della compagine imperiale, breccia aperta su quel che accadde più tardi e che l’Occidente ufficiale coralmente biasima benché sia costretto a trattare: il comunismo in nuova edizione e la sua rinnovata potenza mondiale.
Su tutto ciò esistono biblioteche intere: ultimamente, è uscita la traduzione italiana di un bel libro di Julia Lovell, La guerra dell’oppio e la nascita della Cina moderna (Einaudi 2022). Victor Hugo scrisse che l’aggressione europea al grande, civilissimo impero, era un puro atto di pirateria e di latrocinio. Per la Cina di oggi, quell’episodio segnò il fatale esito di una cospirazione occidentale tesa a distruggere la Cina con la droga e la “diplomazia delle cannoniere”. Quanto di tutto ciò s’insegna nelle scuole italiane, quando si parla del “pericolo cinese contro la democrazia occidentale”? Per troppo tempo l’Occidente che predica pace, libertà, progresso, fratellanza tra i popoli, ha seminato nel mondo questo vento; i nostri ragazzi, figli e nipoti e pronipoti di generazioni di colti e civili avvoltoi democratici, raccoglieranno adesso la tempesta che si va addensando. E i nostri governanti non hanno saputo evitare, anzi, hanno contribuito a determinare la situazione che con disincantata esattezza Marco Tarchi definisce “senza vie di uscita”. La neolingua orwelliana dei nostri politici liberisti, che ha preparato guerra chiamandola “pace”, che ha organizzato provocazioni definendole “sostegno alla democrazia” e aggressioni chiamandole “diritto alla difesa” oppure “difesa preventiva”, che ha ordito congiure golpiste definendole “tutela della libertà”, è responsabile di tutto ciò. FC