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L'Occidente e il barone di Münchhausen

di Andrea Zhok - 10/03/2023

L'Occidente e il barone di Münchhausen

Fonte: Andrea Zhok

Sul piano materiale non ho mai dato credito all'idea che dopo aver toccato il fondo, magicamente inizi una risalita. Se bastasse sbattere contro un muro e stare veramente male per avviare un processo virtuoso la storia sarebbe un'ininiterrotta serie di rivalse dei perdenti e degli sconfitti, cosa che può farci piacere pensare, ma non è.
Però almeno sul piano del pensiero, delle credenze, qualcosa del genere potremmo aspettarcelo. Tutti i sistemi di credenze, da quelle del senso comune alle grandi teorie scientifiche funzionano per "slittamenti figurali", per grandi e di solito improvvisi cambiamenti di paradigma.
Non funziona, nelle teorie scientifiche come nella visione media del mondo niente di simile al "falsificazionismo" di Popper, cioè non basta che ci sia una falsificazione empirica per considerare la teoria stessa nel suo complesso falsa.
Ciò che accade è piuttosto l'accumularsi di falsificazioni, di incongruenze, di inconseguenze, fino al momento in cui, come negli slittamenti figurali della Gestaltpsychologie, di colpo si scorge una figura completamente diversa e la precedente credenza viene abbandonata di colpo.
Questo processo, tuttavia, non è un processo conoscitivo "puro" (in effetti tale "purezza" della cognizione non esiste affatto).
Il momento in cui il numero delle "cose che non tornano" è in grado di produrre uno slittamento figurale, un cambiamento di visione dipende da due variabili:
1) dall'esistenza di una "teoria alternativa", di una visione che ricompone i dati disponibili in una nuova unità;
2) dal costo emotivo impicito nell'accettare la nuova visione.
Ora, nel momento storico corrente in Occidente si stanno accumulando inesorabilmente falsificazioni e contraddizioni che, fossimo in un paradigma popperiano, avrebbero già comportato la dismissione di tutto quanto ci viene proposto come "visione ufficiale" almeno dal 2020 come spazzatura.
Solo chi si sia tappato intenzionalmente occhi, orecchie (e naso) può non aver notato l'infinita serie di balle che ci sono state rifilate con tutta l'arroganza possibile per tre anni.
Scrivendo su un mezzo (META) che funziona da gendarme delle verità ufficiali non ci provo neanche a nominare l'infinita serie di gravissime e oramai acclarate bugie che ci sono state rifilate durante la pandemia. Se non hanno cambiato l'algoritmo di segnalazione, se ci provassi mi ritroverei un ban di 30 giorni, dunque non ci provo neanche.  
Sulla guerra russo-ucraina invece sembra finora che la tolleranza sia maggiore, dunque si può provare sommessamente a ricordare che per i nostri robertisaviani Putin doveva essere a quest'ora morto male una decina di volte, e sostituito da una fronda interna una ventina; per le myrtemerline la Russia aveva esaurito da tempo le scorte di missili (ed è di ieri il più pesante attacco missilistico sulle infrastrutture ucraine dall'inizio della guerra); per i federichirampini la guerra non ci sta costando nulla anzi; per i parenzi l'esercito russo non ha i calzini e combatte colpi di vanga; per i massimigiannini la Russia è isolatissima nel mondo e la sua economia è già collassata più volte, e via quotidianamente delirando.
Questo nonsenso costante e spudorato (e abbiamo taciuto le confabulazioni dei televirologi che farebbero arrossire il barone di Münchhausen) in condizioni normali sarebbe stato oggetto di stigmatizzazione interna al sistema della comunicazione.
Ma questa è proprio la grande novità del periodo: l'uniformazione dell'informazione "autorevole" sulla linea governativa (dell'unico governo che conta in Occidente, quello americano).
Nessuno o quasi tra i "maggiori" della sfera dell'informazione coglie la palla al balzo di una qualunque delle mille menzogne conclamate, per avviare un'operazione di approfondimento e controanalisi. Al contrario, c'è un costante coordinamento nel produrre veline di copertura.
A titolo di esempio basta vedere come fino all'inchiesta di Symour Hersch l'investigazione ufficiale sull'attentato al North Stream 2 era in piena fase di insabbiamento: era tutto un succedersi di piste inconcludenti, disinteresse ad approfondire e insinuazioni di autolesionismo russo. Una volta uscita l'inchiesta che puntava il dito sul governo americano, dieci giorni e sono iniziate a piovere "indiscrezioni" in tutti i principali media del mondo occidentale, "indiscrezioni" secondo cui ora sì che abbiamo le prove: l'attentato sarebbe da imputare ad un gruppetto privato filoucraino, rigorosamente indipendente da ogni governo (praticamente il club dello snorkeling del Mar Nero). La funzione di copertura di tali "indiscrezioni" è talmente ovvia da risultare imbarazzante, ma ha dalla sua una grande carta, la carta che sin dall'inizio rende questi castelli di bugie difficilmente scalfibili.
La visione che noi tutti dovremmo accogliere per comporre in unità alternativa e coerente i dati correnti è una visione che deve imparare a trattare come sistema ostile ed ingannevole l'intero blocco di potere occidentale, i vertici della politica, della finanza, dei media e tutto ciò che a cascata è da essi influenzabile.
Il costo emotivo dell'accettazione di questo paradigma è però pesantissimo, perché ci chiama tutti ad un'allerta costante rispetto a soggetti dal cui potere in varia misura tutti dipendiamo. Essendo tutti già impegnati full-time nelle attività di quotidiana sopravvivenza in un mondo complicato, competitivo e faticoso, assumersi il carico di questa "configurazione gestaltica" può risultare intollerabile. Facciamo già enorme fatica a destreggiarci tra scadenze del mutuo, dichiarazioni dei redditi e burocratismi demenziali per poterci permettere il carico emotivo di percepire le maggiori forme di potere nel nostro mondo come qualcosa di cui dover diffidare, o da dover senz'altro temere.
E il segreto del funzionamento del sistema sta tutto qua, nel deprivarci sistematicamente delle forze per poter accettare verità soggettivamente troppo faticose da affrontare.