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L’opinione pubblica sul Covid-19 viene formata dai fatti o è “terrorizzata” dalla propaganda?

di Piers Robinson - 04/06/2020

L’opinione pubblica sul Covid-19 viene formata dai fatti o è “terrorizzata” dalla propaganda?

Fonte: Bye Bye Uncle Sam

La censura degli scienziati, i messaggi allarmistici e le calunnie sulla teoria del complotto sono stati usati per rinforzare la narrativa ufficiale sul coronavirus? Possono mai essere giustificate distorsioni come queste?

Uno dei problemi riguardanti la ricerca e la scrittura su tematiche relative alla propaganda è che molta gente crede che sia un qualcosa del tutto estraneo agli Stati democratici.
Ciò che Edward Bernays, considerato da molti come una figura chiave nello sviluppo delle tecniche per la propaganda del ventesimo secolo, disse era che “la manipolazione intelligente e consapevole delle abitudini organizzate e delle opinioni delle masse popolari è un elemento importante nelle società democratiche”
Sebbene attualmente siamo soliti dare a queste tecniche nomi diversi, utilizzando eufemismi come “pubbliche relazioni” o “comunicazione strategica”, è un fatto che le tecniche di manipolazione sono parte integrante delle democrazie liberali contemporanee.
Benché tali attività di persuasione possano comprendere tecniche consensuali, esse pure frequentemente includono modalità meno consensuali, tra cui forme di inganno, incentivazione e coercizione. In quale misura tali metodi di persuasione non consensuali – che è come dire, la propaganda – sono stati usati nel caso del Covid-19?
Recentemente si è venuto a sapere che “scienziati comportamentali” hanno fornito consulenza al Gruppo Scientifico Consultivo per le Emergenze (“Scientific Advisory Group for Emergency”, SAGE) del governo britannico. UK Column riporta che questo gruppo, chiamato “Gruppo Scientifico dell’Influenza Pandemica sul Comportamento” (“Scientific Pandemic Influenza group on Behaviour”, SPI-B), fu (ri)convocato il 13 Febbraio 2020.
Un documento prodotto da questo gruppo identifica le “opzioni per aumentare l’aderenza alle misure di distanziamento sociale”, che includono persuasione, incentivazione e coercizione. Nella sezione sulla persuasione si afferma che il “livello percepito di minaccia personale necessita di essere aumentato fra quelli che sono compiaciuti, usando un’incisiva comunicazione emotiva”. Il documento menziona anche di usare i “media per aumentare il senso di minaccia personale”.

Coinvolgimento Militare
Ed è diventato anche di pubblico dominio il fatto che la 77esima Brigata, unità dell’esercito britannico, è stata parte della strategia comunicativa sul Covid-19. Le attività della 77esima Brigata includono la guerra informativa ed “il supporto ad attività di informazione accusatoria” che include “il creare e disseminare contenuti mediatici sia a livello digitale che a un livello più ampio a supporto dei compiti designati”.
Tobias Ellwood, che è sia un membro del Parlamento che presidente della Commissione Esclusiva per la Difesa della Camera dei Comuni, è -cosa rimarchevole- un riservista della 77esima Brigata. In una risposta a una interrogazione parlamentare è stato confermato che “i membri della 77esima Brigata dell’Esercito stanno attualmente supportando l’Unità di Risposta Rapida nell’Ufficio di Gabinetto del governo britannico e stanno lavorando per contrastare la disinformazione sul Covid-19”. L’Unità di Risposta Rapida fu istituita nel 2018 allo scopo, secondo il suo capo Fiona Bartosch, di contrastare “informazioni errate” ed “attività disinformative”, e “recuperare un dibattito pubblico basato sui fatti”.
Secondo il Times, Sir Mark Sedwill sostenne la creazione dell’Unità, che a sua volta si era sviluppata da una più ampia revisione della sicurezza nazionale che egli stesso aveva condotto. Sedwill è un individuo estremamente potente, ricopre gli incarichi di segretario di Gabinetto, capo del Servizio Civile e consigliere per la sicurezza nazionale. Un recente articolo del Guardian faceva notare che Sedwill è descritto da qualcuno come un “sicurocrate” e “l’uomo più potente del Regno Unito”.

Censura in rete
Nel frattempo, i giganti della tecnologia hanno volontariamente dato la loro adesione ad un’aggressiva strategia di censura. L’amministratore delegato di YouTube, Susan Wojcicki, ha dichiarato che avrebbero provveduto alla rimozione di qualsiasi cosa che andasse “contro le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”. Notevoli rimozioni da YouTube includono le interviste al dottor John Ioannidis dell’Università di Stanford ed al medico britannico professore Karol Sikora.
Allo stesso tempo, il casuale dispiegamento della “calunnia delle teorie complottiste” sembra essere diventato una parte chiave nella eliminazione dei dubbi legittimi. Per esempio, l’autore Douglas Murray ha descritto attentamente come un centro studi abbia associato una discussione sulle origini del coronavirus con una “teoria del complotto” di estrema destra, effettivamente degna di censura, sebbene i governi occidentali abbiano investigato la possibilità che il virus fosse fuoriuscito dal laboratorio di Wuhan.
Murray osserva acutamente, “Quando il termine ‘teoria del complotto’ è indebolito o reso superfluo essendo usato per cose che possono essere vere, allora siamo nei guai. Si spegne l’attività interrogatoria”. L’editorialista Melanie Phillips usava il termine per calunniare la critica all’isolamento (“lockdown”) fatta da Lord Sumption, sebbene le argomentazioni di quest’ultimo non facessero nessun riferimento a qualsiasi cosa che potesse essere intesa come insinuare l’esistenza di un complotto.
Scienziati comportamentali che parlano di aumentare i livelli di minaccia percepita, l’integrazione di “guerrieri dell’informazione” provenienti da reparti militari con “unità di risposta rapida” esecutive, la diretta censura di scienziati che hanno espresso dubbi riguardanti le risposte della politica al Covid-19, e l’uso liberale della calunnia sulla “teoria del complotto” forniscono una combinazione potenzialmente tossica che minaccia in modo significativamente -se non profondamente- distorto la sfera della pubblica discussione a favore del Potere.
Nel caso del Covid-19, ciò significa che è molto probabile che le attività qui descritte abbianno rafforzato la narrativa del governo britannico, che ha promosso la politica di isolamento e varie misure invasive come il distanziamento sociale. Infatti, il professore Robert Dingwall, consigliere del governo, ha detto che il governo britannico ha “effettivamente terrorizzato” la gente “facendole credere che è una malattia che vi avrebbe uccisi”.

Scienza incerta
Il problema, naturalmente, è che la conoscenza riguardante il Covid-19 non è affatto definitiva. Ci sono state, e continuano a esserci, voci credibili che esprimono seri dubbi sulla risposta al Covid-19, anche Chris Whitty, l’ufficiale medico capo del Regno Unito, ha reso chiaro che per la popolazione nel complesso il rischio di morte è “basso”, e che persino nel gruppo più a rischio “la maggior parte delle persone che davvero prendono l’infezione non muoiono”. Whitty ha reso chiaro che per la maggior parte delle gente che contrae il virus, l’esito è asintomatico, o soltanto una lieve o moderata malattia che non richiede il ricovero in ospedale.
Venerdì 22 maggio, il professore Sunetra Gupta dell’Università di Oxford ha cominciato a mettere in discussione l’efficacia dell’isolamento mettendo in guardia dai suoi pericoli. “La verità è che l’isolamento è un lusso, ed è un lusso che le classi medie stanno godendo e i Paesi a più alto reddito stanno godendo a spese dei poveri e dei Paesi meno sviluppati. E’ una crisi grave”, ha detto.
E questa settimana è stato riportato che il capo della sanità norvegese, Camilla Stoltenberg, sta dicendo che, a seguito dell’analisi degli ultimi dati, l’isolamento non era necessario per affrontare il virus.
E’ una ragionevole ipotesi che quelli coinvolti nell’impiego di strumenti di manipolazione e propaganda  difenderebbero le loro attività sulla base che la scienza stava confermando che il Covid-19 fosse un virus particolarmente minaccioso e che, allo scopo di raggiungere un bene superiore, sono stati necessari interventi vasti e intrusivi insieme con un’operazione di “persuasione” manipolativa.
Se, comunque, emerge che le misure di isolamento che abbiamo visto sono state non necessarie, o peggio hanno in realtà creato un più grande livello di sofferenza e di male rispetto a quello che sarebbe stato altrimenti, allora ci sarà molta gente con domande difficili alle quali rispondere.
Certo sarà il caso di quegli scienziati la cui modellazione era usata per giustificare l’iniziale strategia di isolamento. Ma sarà anche il caso di quegli scienziati comportamentali che facevano attività di consulenza per il governo per aumentare il senso di paura della gente, il personale militare coinvolto nel manipolare la sfera pubblica, e quei giganti della tecnologia che hanno volontariamente censurato scienziati ed altre voci critiche.
E poiché stiamo andando inevitabilmente verso un periodo di resa dei conti, tutti quanti noi faremmo bene a ricordare che sia le democrazie che la scienza dipendono, fondamentalmente, dalla libertà di espressione e dalla libera circolazione delle idee. Senza una robusta difesa di questi presupposti essenziali, la democrazia e la scienza sono entrambe moribonde.

Di Piers Robinson, ricercatore e scrittore su tematiche riguardanti la propaganda e i sistemi di comunicazione, autore di The CNN Effect: The Myth of News, Foreign Policy and Intervention, 2002, e Pockets of resistance: British news media, war and theory in the 2003 invasion of Iraq, 2010.

(Fonte – traduzione a cura della redazione)