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L’ora più buia della nostra storia

di Francesco Lamendola - 23/01/2021

L’ora più buia della nostra storia

Fonte: Accademia nuova Italia

Siamo entrati nella fase decisiva del Great Reset, della strategia di radicale riassetto dell’ordine mondiale sfruttando il terrore creato ad arte, e la conseguente pretestuosa, eccessiva e criminale emergenza sanitaria per il Covid-19. È desolante lo spettacolo offerto dalle nostre città dopo quasi un anno di politica di distruzione della vita sociale, commerciale, produttiva, educativa, sanitaria, psichica e morale. Le strade sono vuote, i locali pubblici chiusi, la gente si aggira furtiva con la mascherina, gli uffici sono semideserti perché ci si può recare solo su appuntamento, e tutto ciò che non è strettamente necessario viene posticipato alle calende greche. I cinesi, intanto, e purtroppo non è una leggenda metropolitana, si stanno comprando tutto: non solo rilevano le attività commerciali chiuse per fallimento, ma acquistano, pagandoli in moneta sonante, interi palazzi, interi caseggiati. Per ogni bar che chiude, per ogni albergo o ristorante che fallisce, ci sono famiglie che non sanno come sbarcare il lunario. Lo Stato ha ordinato loro di chiudere e così ne ha decretato la morte, senza assisterli in alcun modo e senza alleggerire neppure le tasse sugli immobili o sullo smaltimento dei rifiuti.

La Repubblica Italiana, afferma la Costituzione, è fondata sul lavoro: ma qui il lavoro viene ammazzato dal governo, e intanto nessuno fiata: né la magistratura, né i sindacati, né i partiti d’opposizione (ma dov’è l’opposizione? qualcuno per caso l’ha vista?), né le associazioni dei consumatori, né la Chiesa cattolica: quella degli ultimi, quella dei poveri, quella dei barboni e dei senza tetto; quella della Comunità di Sant’Egidio, quella che allestisce pranzi nelle basiliche, quella che parla sempre dei migranti e che, per bocca del sedicente papa, invita gli italiani proprietari di due case di cedere la seconda ai nuovi arrivati dall’Africa. Parallelamente al disastro economico, stiamo assistendo impotenti ed inermi a un disastro intellettuale: si direbbe che la capacità critica si sia volatilizzata; nessuno chiede come mai tutti, da Mattarella a Bergoglio, parlano del dovere morale di vaccinarsi, quando il virus è in via di estinzione e comunque non ha mai provocato una mortalità superiore allo zero virgola qualcosa, vale a dire molto, ma molto meno dell’influenza asiatica degli anni ’60, quando nessun governo si sognò di far chiudere i negozi, di confinare la gente in casa e di multare spietatamente chi osava trasgredire a dei decreti legge che configgono con il Codice civile e cancellano, con un tratto di penna, tutte le libertà riconosciute ai cittadini. Nessuno si chiede che senso avesse ordinare migliaia e migliaia di banchi scolatici con le rotelle; nessuno domanda che senso abbia imporre la mascherina all’aria aperta, e far inseguire con i droni persone che vanno a spasso, tutte sole, per i campi o in riva al mare; nessuno vuol sapere con quale coraggio si vuole imporre all’intera popolazione un vaccino che non c’è stato il tempo di testare, che produce effetti collaterali gravi, che modifica il DNA, e che è fatto con cellule di feti abortiti. Cosa, quest’ultima, che dovrebbe far insorgere specialmente i cattolici, a partire dal clero, mentre è chiaro che li ha lasciati del tutto indifferenti, vista l’assoluta mancanza di proteste e anzi l’attesa, anche da parte loro, di poter ricevere il miracoloso vaccino. E nessuno si chiede perché, nei mesi estivi, non sia stato fatto nulla per informare adeguatamente la popolazione su come prevenire la malattia, su come potenziare gli anticorpi, su come tenere alto il morale, su come condurre una vita sana, in modo da rendere l’organismo immune o ben resistente al virus. Fermo restando che i virus fanno parte della nostra fisiologia, ne abbiamo a milioni nel nostro corpo e sono quasi tutti utili, anzi indispensabili; ed è follia presentare i virus come il nemico mortale contro il quale si deve combattere una strenua battaglia, igienizzando ogni cosa, a partire dalle mani, come se un mondo totalmente disinfettato fosse un mondo ancora vivibile, mentre sarebbe l’anticamera dell’inferno. Insomma si direbbe che l’intelligenza sia andata in corto circuito e né i medici e gli scienziati, i più direttamente coinvolti, né le persone comuni, ma dotate del buon senso istintivo che accompagna la vita di ogni persona normale, pare ne abbiano conservata a sufficienza. Ormai qualsiasi cosa decida il governo in nome della “difesa della salute” viene presa per buona, si accetta qualsiasi assurdità, si solleva un baccano del diavolo se una persona entra nell’ufficio postale senza la mascherina, o se a scuola un bidello se la toglie per fumare una sigaretta, o se nel luogo di lavoro un collega non mantiene il distanziamento sociale. Siamo entrati a vele spiegate nel regno della pazzia e non ci curiamo di guardare i numeri veri, quelli complessivi dei decessi dello scorso anno, ma preferiamo dare ascolto ai quotidiani bollettini di guerra che giornali e televisioni ci distribuiscono con sadica insistenza, persuadendoci che moriremo tutti se non la smetteremo di essere incoscienti, egoisti, superficiali, se non osserveremo in maniera scrupolosa i decreti del governo e se non correremo a farci vaccinare tutti al più presto, nessuno escluso.

Il fatto che le cose vadano in maniera poco diversa in quasi tutti gli altri Paesi del modo è una magra consolazione. Ci fa capire che i Padroni Universali hanno deciso di stringere i tempi e hanno gettato la loro rete simultaneamente sul mondo intero, anziché su un singolo Paese; ma dubitiamo che ciò possa risollevare lo spirito di chi perde il lavoro, di vedere la disperazione negli occhi dei propri genitori o dei propri figli, di chi deva andare dallo psichiatra per i disturbi sempre più gravi della sua mente, per chi vede svanire il lavoro di svariate generazioni, e degli stranieri venuti dal  nulla comperarsi tutto quanto per un pezzo di pane. No: decisamente non è una consolazione sapere che anche altrove le cose vanno suppergiù in questa maniera. Peraltro, gli italiani spiccano, ancora una volta, per la loro passività, per la loro rassegnazione; in altri Paesi vi sono dei movimenti di protesta, si levano voci di dissenso; da noi, salvo rarissime eccezioni, calma piatta. Ed è triste, tristissimo, veder morire un Paese sapendo che non muore per una malattia incurabile, ma perché lo stanno assassinando. Con altri uomini politici, con altri amministratori pubblici, con altri economisti e con altri giornalisti, dai quali dipende l’atteggiamento mentale della maggioranza della popolazione, l’Italia potrebbe farcela: potrebbe uscire dal tunnel, potrebbe rimettersi in piedi nel giro di poche settimane – teoricamente, s’intende. Potrebbe riprendersi la sovranità monetaria, dichiarare decaduto il debito pubblico e mettersi a stampare tutto il denaro che le occorre per finanziare le aziende private e le attività commerciali. Potrebbe farlo, perché possiede la seconda riserva aurea e la seconda riserva petrolifera in Europa; il 70% del patrimonio storico-artistico mondiale e senza contare un risparmio privato fra i più cospicui in assoluto. Il denaro ancora c’è, ma la gente non osa investirlo perché sa che andrebbe subito bruciato; e del resto non sa letteralmente come investirlo, perché intuisce che le banche mirano a fregarglielo e lo Stato si accinge a metterci sopra le mani, o a confiscare le proprietà. E allora, a che scopo darsi da fare? Meglio andare a vivere all’estero, meglio trasferire all’estero sia i capitali che le attività produttive. Molti giovani hanno fatto questa scelta, già da diversi anni; e anche molti anziani, che con la loro pensione possono fare una vita più che dignitosa a Santo Domingo o in qualche altro Paese tropicale, mentre in Italia rischiano la fame, per non parlare dell’insicurezza. Coi ladri che entrano nelle case e svaligiamo i negozi, anche cinque, sei, otto volte di seguito, e i clandestini che rendono rischioso girare per la strada, e le tasse che sono sempre più esose, e le bollette che devono essere comunque pagate anche se le fonti di reddito sono cessate, e le politiche del governo che guardano alla proprietà privata come una sorta di crimine contro l’umanità, anche se è il frutto di onesto e sudatissimo lavoro e non di speculazione finanziaria. Quest’ultima al contrario viene lasciata perfettamente tranquilla e grandi criminali finanziari, come George Soros o Bill Gates, vengono ricevuti con tutti gli onori e guardati alla stregua di benefattori dell’umanità.

In tutto questo sfacelo della società, in questo oscuramento della ragione, in questa deriva di tutte le regole del buon vivere, in questo venir meno di tutti i punti di riferimento, dove chi dovrebbe guidare lo Stato si è venduto ad oscuri poteri finanziari, e chi dovrebbe proteggere i cittadini è divenuto il loro implacabile persecutore, e chi dovrebbe dare conforto e speranza alle anime si è fatto strumento di una contro-religione che arriva alla sfrontatezza d’intronizzare gl’idoli pagani nella basilica di san Pietro, di negare ai fedeli la celebrazione della santa Messa di Pasqua e centellinare con avarizia quella di Natale, di lasciare milioni di anime senza i Sacramenti, senza la Confessione, perfino senza l‘estrema unzione e un decente funerale cristiano, in questa disfatta complessiva, totale, miserevole della nostra civiltà, o per dire meglio della civiltà in cui ci è toccato in sorte di vivere, anche se intimamente non le apparteniamo, non si riesce a scorgere alcun segnale di ripresa, alcun elemento sul quale fondare una sia pur debole speranza di risalita. E tutto ciò, probabilmente, è un bene. È un bene, come è un bene che l’uomo ingannato, tradito, derubato, venduto e consegnato al nemico,  si renda conto di come stanno realmente le cose: veda i falsi amici per quello che sono, li riconosca come i suoi peggiori nemici, come quelli che nella maniera più abietta hanno tradito la sua fiducia, e la smetta di aspettare aiuti esterni che non arriveranno, e soccorsi che qualcuno gli ha fatto immaginare prossimi, mentre sono frutto, anch’essi, di menzogne proferite per gli scopi più bassi. Se costui finalmente prende atto della propria situazione, e incomincia a pensare a come risolvere da sé i suoi problemi, a lottare per riconquistare la libertà e il rispetto di se stesso, ebbene la sorte potrebbe ancora mutare e la sua fine, che pareva imminente, potrebbe ribaltarsi, perché nulla è impossibile quando si è compresa la realtà delle cose e ci si pone realisticamente a escogitare la maniera per uscire dalle difficoltà in cui si è immersi. Pertanto, lo ripetiamo, è un bene che i giochi siano divenuti chiari e che le maschere siano cadute dal volto dei traditori; è un bene, a patto che la gente trovi in se stessa le risorse per scuotersi e reagire, per rialzarsi in piedi, per cominciare a prendere in mano il proprio destino e allontani al più presto i responsabili del disastro nel quale è stata precipitata.

Noi non siamo dei politici e non abbiamo l’istinto politico, perciò non vogliamo nemmeno provare a indicare quali passi dovrebbero essere fatti per risollevare un popolo che è stato messo in vendita senza che abbia subito una vera sconfitta, perché è caduto vittima di una demoralizzazione diffusa e ormai non osa quasi guardare al di là della sopravvivenza immediata. Siamo però convinti che la crisi in cui siamo sprofondati ha le radici nella dimensione spirituale, ed è su quella che pensiamo si debba fare leva per innescare un possibile movimento di ripresa. Gli italiani hanno sostanzialmente perso la fiducia in se stessi e si sono stancati di lottare contro il muro di gomma che già da anni, da decenni, li opprimeva con il mal funzionamento della cosa pubblica e con il turpe spettacolo  di uno Stato che è stato edificato per assicurare poltrone e privilegi a una casta di ciarlatani di lusso, mentre la gente comune deve solo lavorare e pagare le tasse per alimentare gli sprechi e gli abusi dell’élite. Ora, con la pretesa emergenza sanitaria, i nodi sono veramente giunti al pettine; ora è chiaro e lampante perché tante disfunzioni, perché tante storture, perché tante raccomandazioni e perché tanta incompetenza siano funzionali al mantenimento del sistema: perché l’Italia, così come  è nata nel 1945, è fatta male. Era fatta male sin dal primo giorno, costruita su un castello di menzogne e sul sangue fresco delle vittime fatte passare per criminali, mentre gli assassini godevano dell’impunità e i loro mandanti morali andavano a fronte alta, costruendo una mitologia farlocca destinata a tramandare per i secoli a venire una narrazione menzognera della storia recente, nella quale il crimine era aver desiderato un’Italia forte e indipendente, mentre  il merito era stato quello di pugnalare alla schiena quanti si sforzavano di realizzarla; senza però chiamare le cose con i loro veri nomi, ma anzi spacciando gli assassini, i traditori e gli aspiranti dittatori in eroi senza macchia e senza paura. Un po’ alla volta gli eredi di quegli assassini e quegli aspiranti dittatori si sono impadroniti di tutte le strutture pubbliche, dalla scuola alla magistratura e dall’università ai ministeri, da ultimo perfino della Chiesa cattolica divenuta a sua volta un covo di corruzione e di malaffare, dominata da una cricca di cardinali massoni e pervertiti, che prendono denaro dal Partito comunista cinese e in cambio vendono a quel governo tirannico e crudele i cattolici che ancora resistono in quel disgraziato Paese. Bisogna rifare l’Italia, dunque, in modo radicale: ma da dove cominciare? Proprio come bisogna rifare il clero cattolico (non la Chiesa, che è di Gesù Cristo e che non ha alcun bisogno di essere rifatta, semmai di essere purgata da un clero apostata e depravato): partendo da una vera e propria rigenerazione interiore. I credenti la chiamano conversione: un totale rovesciamento di prospettiva, un morire all’uomo carnale, dominato dai bassi istinti e un nascere dell’uomo spirituale, che pur nella sua fragilità guarda in alto e in avanti, non vive per l’immediato ma per l’eterno, e non vuol piacere agli altri ma alla propria coscienza e soprattutto a Dio. Di questo c’è bisogno, in primo luogo. Nessuna ripresa materiale sarà possibile se non si parte dal grado zero: che è quello dello spirito. Ci eravamo quasi scordati di avere uno spirito; ora dobbiamo rientrare in noi stessi e tornare alla consapevolezza che la vita è cosa seria e preziosa, un ineffabile dono divino.