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La Commissione dell’Amore e la fine del capitalismo (II parte)

di Marino Badiale - 22/03/2020

La Commissione dell’Amore e la fine del capitalismo (II parte)

Fonte: Badiale & Tringale

VII. Una proposta di spiegazione complessiva
Cerchiamo adesso di sintetizzare quanto fin qui detto in un discorso unitario. Le attuali società occidentali sono organizzate, da circa tre o quattro decenni, sulla base di una forma di capitalismo globalizzato e iperliberista, che provoca la perdita delle conquiste ottenute dai ceti subalterni nel periodo del capitalismo “socialdemocratico-keynesiano”. Questo significa impoverimento e marginalizzazione dei ceti inferiori, scomparsa del ceto medio (una parte minoritaria del quale riesce però a salire ai piani superiori della gerarchia sociale), distruzione del legame sociale [20]. I ceti dominanti hanno provato a far accettare questa situazione con l’illusione che dopo i necessari sacrifici, il futuro sarebbe stato migliore per tutti, grazie alla dinamica progressiva dell’economia. Ma questo futuro migliore per tutti non è mai arrivato, e anzi oggi siamo posti di fronte alla cupa prospettiva di un crollo drammatico dell’attuale civiltà. In questa situazione, il disagio sociale comincia a tradursi in proteste crescenti da parte dei ceti inferiori, che per il momento vengono convogliate nel voto a varie formazioni che appartengono alla destra politica. I ceti medi, o quel che ne rimane, appaiono invece divisi. In particolare, quella frazione di ceti medi che abbiamo chiamato “ceto intellettuale subalterno”, invece di combattere la degenerazione attuale delle società capitalistiche, cerca una compensazione illusoria alle difficoltà della vita nel capitalismo morente elaborando l’immagine della propria superiorità intellettuale e morale rispetto ai ceti inferiori, disprezzati in quanto “fascisti”. I ceti dominanti condividono con tali ceti intellettuali subalterni alcuni aspetti fondamentali della visione del mondo: progressismo, individualismo assoluto, fede nella tecnologia, assolutizzazione del mercato, politicamente corretto, il tutto con una verniciatura di tipo “umanistico” che ammette la presenza di difficoltà e problemi ma senza porre in questione i fondamenti del sistema. La situazione dunque è la seguente: i ceti dominanti devono gestire una ribellione strisciante da parte dei ceti inferiori, e possono farlo essenzialmente con le categorie elaborate dal ceto intellettuale subalterno di sinistra, dal quale essi in larga parte provengono e col quale in ogni caso condividono la visione del mondo. Queste categorie individuano negli strati inferiori in rivolta contro la globalizzazione e il politicamente corretto una manifestazione di inferiorità morale e intellettuale. Questi esseri inferiori vengono caratterizzati come pericolosi e esterni al cerchio della civiltà contemporanea. In quanto tali, non possono avere gli stessi diritti riconosciuti a chi è interno a tale civiltà. Appare quindi lecita l’operazione di progressiva riduzione della libertà di parola, che colpisce appunto l’espressione di pensieri esterni alla sfera di ciò che può essere ammesso (cioè, il politicamente corretto). Anche la diminuzione di diritti nella sfera processuale, implicita come s’è detto nelle attuali rivendicazioni femministe, appare funzionale al controllo sociale, non tanto nella forma attuale (ancora limitata), ma per le sue prospettive future. Come si vede, si tratta qui di meccanismi che rimettono in auge quel nesso di razzismo e dominio che è tipico dei rapporti dell’Occidente con il mondo colonizzato: il nativo non viene riconosciuto come essere umano allo stesso livello del colonizzatore, e questo permette di non applicare al nativo stesso i diritti umani che pure sono una delle fondamentali conquiste della civiltà occidentale. Lo stesso schema sta cominciando ad essere applicato ai “nativi dell’Occidente”, ai ceti popolari dei paesi occidentali. Questa è la spiegazione che mi sembra possibile proporre per la tendenze di cui ho parlato nella prima parte di questo scritto. Si tratta in sostanza della reazione di uomini e donne di potere di fronte alle difficoltà che incontra la gestione e la riproduzione degli attuali rapporti sociali, difficoltà che diventeranno sempre maggiori, sempre più ingestibili, e che prefigurano il declino della nostra civiltà.
Mi sembra che questa spiegazione abbia anche il pregio di rendere comprensibile il fatto, notato all’inizio, che queste tendenze sembrano non trovare opposizione. Abbiamo fatto notare il contrasto con la lotta contro le dittature nazifasciste, che ha mobilitato enormi energie nella prima metà del secolo scorso. Proprio questo contrasto può aiutarci a capire. Infatti, il processo storico culminato nel secondo conflitto mondiale nasce da una crisi generale del capitalismo (è solo per via di tale crisi, ricordiamolo, che il nazismo arriva al potere), e rappresenta uno scontro fra due modi contrastanti e alternativi di rispondere a tale crisi: da una parte il capitalismo a dominanza USA che si stava organizzando in quella che verrà chiamata la “regolazione fordista” [21] e che porterà ai “trent’anni dorati” del secondo dopoguerra; dall’altra il capitalismo tedesco che col nazismo aveva scelto uno schema di dominazione imperialista, colonialista e razzista applicata all’Europa e al mondo slavo. È evidente la differenza con la situazione attuale: siamo di fronte ad una crisi del capitalismo probabilmente, in prospettiva, più grave di allora, ma non abbiamo due progetti contrastanti di risposta a tale crisi, il cui conflitto porti ad uno scontro. La situazione è che non abbiamo neppure un solo progetto di uscita dalla crisi. I ceti dirigenti a livello globale si stanno dimostrando del tutto incapaci di agire per contrastare le drammatiche linee di tendenza che abbiamo sopra messo in luce. Il lento tramonto della democrazia, da molti denunciato in questi anni, e l’erosione dei diritti che abbiamo cercato di mettere in luce, sono le uniche risposte che i ceti dirigenti sembrano capaci di dare. Non ci sono contrasti su questo perché destra e sinistra condividono la stessa incapacità ad affrontare le crisi che ci sovrastano, ed entrambe tentano di ricorrere alla delegittimazione del dissenso per mettere a tacere le voci critiche. È vero, come ho detto, che il politicamente corretto è una creazione culturale che parte dalla sinistra, ed è vero che la destra tenta di contrastarne, sul piano del dibattito pubblico, alcuni degli esiti più inquietanti. Ma anche la destra, quando è il caso, cede volentieri alla tentazione della repressione del dissenso, per esempio chiedendo di rendere illegale l’antisionismo equiparandolo all’antisemitismo. Destra e sinistra non presentano quindi differenze significative rispetto a tali problemi, perché entrambe sono accomunate dalla mancanza di una prospettiva realistica di fuoriuscita dalle crisi di cui abbiamo parlato.


VIII. Conclusioni
Le dinamiche sociali, culturali e politiche che abbiamo fin qui descritte ci sembrano molto preoccupanti. Esse infatti prefigurano un futuro di gravi conflitti fra una maggioranza della popolazione che subirà in maniera sempre più pesante la disgregazione e l’insostenibilità dell’attuale organizzazione economica e sociale, e i ceti di élite che, incapaci di prefigurare un’alternativa, appaiono disposti a ricorrere alla sospensione dei diritti fondamentali nei confronti dei ceti subalterni, quando questi manifestano la loro insofferenza verso le attuali dinamiche. Uno degli sbocchi possibili di tali dinamiche potrebbe essere una “dittatura politicamente corretta”, a livello probabilmente continentale, che mantenga per quanto possibile le caratteristiche del capitalismo attuale operando una intrusione via via crescente nelle vite private, resa necessaria dall’emergere di problemi sempre più ingestibili a livello ecologico ed economico. Potrebbe essere, una simile “dittatura politicamente corretta”, qualcosa di simile al “Leviatano climatico” di cui si discute in un testo recente [22]. Per esprimerci in una formula, gli attuali ceti dominanti sono disposti a privarci della libertà pur di conservare l’attuale capitalismo. Ma non ci riusciranno: questo “Leviatano politicamente corretto” sarà comunque una realtà instabile, perché l’acuirsi della crisi renderà impossibile mantenere un’organizzazione sociale ed economica di tipo capitalistico. Nel corso della crisi generale del nostro mondo l’umanità, o quel che ne resterà, si inventerà qualche nuova forma di organizzazione sociale ed economica. Non possiamo saperne nulla, ovviamente. Si tratterà sicuramente di un mondo in cui gli esseri umani dovranno accettare serie restrizioni sul piano dei beni materiali, e vivranno quindi una vita molto più frugale di quella cui ci siamo abituati. Non possiamo escludere però che questo mondo sappia conservare alcune delle grandi conquiste dell’attuale civiltà, e riteniamo nostro dovere tentare di trasmetterle al futuro. Fra queste, la libertà di pensiero e di parola, l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la presunzione di innocenza, ci sembrano fondamentali. Occorre quindi lottare con fermezza contro le tendenze alla negazione di tali principi che abbiamo individuato in questo scritto. Tutte le leggi che prefigurano reati di opinione, tutte le “Commissioni dell’Amore”, tutte le pretese femministe di colpevolezza automatica di un uomo accusato da una donna, devono essere combattute come gravi violazioni dei principi fondamentali della nostra civiltà, quei principi che oggi vengono lentamente erosi e che dobbiamo invece preservare integri per consegnarli al futuro.




Note
[1] Istituzione approvata dal Senato il 30 ottobre 2019:
http://www.senato.it/notizia?comunicato=64001
[2] http://www.massimofini.it/articoli-recenti/1891-pero-l-odio-non-si-puo-arrestare
[3] Riprendo l’espressione da A.Jappe, La société autophage, Éditions La Découverte, 2017.
[4] http://www.badiale-tringali.it/2019/12/sulle-elite-contemporanee.html ,
http://www.badiale-tringali.it/2019/09/siamo-vicini-al-collasso.html
[5] https://europa.today.it/ambiente/comunismo-nazismo-ue.html
https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2019-0021_IT.html
[6] http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Sindisp&leg=18&id=1112759
[7] https://tg24.sky.it/politica/2019/12/16/programma-sardine-6-punti.html
[8] http://barbara-spinelli.it/2019/12/17/sardine-cosa-non-va-nel-programma/
[9] https://www.theguardian.com/books/2018/may/30/germaine-greer-calls-for-punishment-for-to-be-reduced
Fra le altre tesi dell’autrice, segnalo in particolare quella secondo la quale lo stupro non è necessariamente violenza ma “sex where there is no communication, no tenderness, no mention of love”, e la proposta di imprimere una lettera “r” sulle mani, sulle braccia o sulla guancia dell’accusato (automaticamente colpevole, nella sua impostazione). Non viene specificato il colore della lettera in questione, ma ovviamente ci sentiamo di suggerire lo scarlatto.
Discussioni sulle tesi di Greer si possono trovare al seguente URL:
https://www.theguardian.com/books/2018/sep/07/germaine-greers-on-provocative-victim-shaming-compelling-ambivalent
[10] https://stalkersaraitu.com/condanna-pietro-costa-cosi-agisce-una-magistratura-pavida/
[11] Con le considerazioni che seguono non intendo entrare nella questione dell’innocenza o colpevolezza di Pietro Costa. Mi limito a commentare alcuni passi dell’intervista all’avvocato Gasperini.
[12] M.Badiale, M.Bontempelli, La sinistra rivelata, Massari 2007.
[13] Qualche interessante intuizione in questo senso in G.Fofi, L’oppio del popolo, Elèuthera 2019.
[14] Tesi di questo tipo sono argomentate in diversi testi, fra i quali: P.Servigne, R.Stevens, Comment tout peut s’effronder (Seuil 2015); P.Servigne, R.Stevens, G.Chapelle, Une autre fin du monde est possible (Seuil 2018); J.M.Gancille, Ne plus se mentir (Rue de l’échiquier 2019); Y.Cochet, Devant l’effondrement (Les liens qui libèrent 2019); J.M.Greer, La lunga discesa, (LU::CE edizioni 2019).
[15] S.Das, The Age of Stagnation (Prometheus Books 2016); F.Menghini (cura di), La stagnazione secolare. Ipotesi a confronto (goWare 2018).
[16] G.Arrighi, Il lungo XX secolo (Il Saggiatore 2014).
[17] Su questi temi la letteratura è ovviamente vastissima, mi limito qui a citare un testo divulgativo: J.Simonetta, L.Pardi, Picco per capre (LU::CE Edizioni 2018).
[18] Vi sono per fortuna studiosi di grande valore che si occupano di questi temi, uno di essi è J.Bellamy Foster. Si vedano per esempio F.Magdoff, J. Bellamy Foster, What every environmentalist needs to know about capitalism (Monthly Review Press 2011); J.Bellamy Foster, B.Clark, R.York, The ecological rift (Monthly Review Press 2010).
[19] A.Ghosh, La grande cecità (Neri Pozza 2017).
[20] Su questi temi ho trovato recentemente molto efficaci i testi di C.Guilluy: La France périférique (Flammarion 2014); No society (Flammarion 2018) [traduzione italiana: La società non esiste, LUISS University Press, 2019]. La letteratura sul neoliberismo è ovviamente sterminata.
[21] L’espressione indica il capitalismo “socialdemocratico” del primi trent’anni del dopoguerra, e risale alla “scuola della regolazione” francese, per la quale si possono vedere R.Boyer, Fordismo e postfordismo (Università Bocconi Editore 2007); M.Aglietta, G.Lunghini Sul capitalismo contemporaneo (Bollati Boringhieri 2001).
[22] G.Mann, J.Wainwright, Il nuovo Leviatano (Treccani 2019). “Leviatano climatico” traduce il titolo originale del libro: “Climate Leviathan”. Gli autori pensano ad una sorta di governo mondiale creato dalla necessità di gestire l’emergenza climatica. L’eventualità mi sembra lontana, mentre un Leviatano di dimensioni continentali ha qualche chance maggiore, a mio avviso. l’Unione Europea, che fa del politicamente corretto la propria ideologia ufficiale, è un buon candidato al ruolo.