La crisi sistemica della democrazia liberale sfocia nel caos
di Alain de Benoist - 26/10/2025

Fonte: Il Secolo d'Italia
La situazione francese, la politica, ma ancora l’identità e gli ossimori della democrazia liberale. Sedersi al tavolo di Alain de Benoist è un viatico fondamentale per comprendere gli umori della stagione in cui siamo immersi. Nelle parole di quello che è uno dei pilastri del pensiero europeo riusciamo a scorgere i segnali di oggi, ma soprattutto quelli di domani (a cura di Lorenzo Cafarchio).
«Donald Trump, durante la sua rielezione, diceva di voler “prosciugare la palude” (drain the swamp). La Francia, invece, è impantanata fino al collo. Il soggiorno di Sarkozy in prigione, come l’audace furto al Louvre, che l’ha ridicolizzata in tutto il mondo, sono solo fenomeni secondari. Oggi in Francia tutto è in crisi, non in modo congiunturale, ma strutturale. La crisi sfocia nel caos».
Il sistema francese è davvero in difficoltà? Come si evolverà la situazione politica oltralpe?
«La crisi politica è evidente, ma si tratta anche di una crisi economica e finanziaria, intellettuale e morale. Con un presidente della Repubblica la cui popolarità non supera il 15%, assistiamo alla fine di un regno che è anche una crisi di regime. Ma questa crisi di regime è solo un aspetto di un fenomeno che non è specifico della Francia, ovvero una crisi generalizzata della democrazia liberale nel mondo. Al di là della disconnessione tra la classe politica nel suo complesso e le classi popolari e medie in via di declassamento, il crollo dei vecchi “partiti di governo” è oggi generalizzato. Con essi crollano anche tutte le vecchie divisioni».
Prima il conflitto russo-ucraino, poi la recrudescenza del conflitto israelo-palestinese. Per citare un suo libro, della fine degli anni ’90, abbiamo bisogno di «ripensare la guerra»?
«Il punto in comune tra la guerra in Ucraina e quella in Medio Oriente è che entrambe mettono in gioco valori esistenziali. Le guerre di oggi sono guerre ibride: da un lato la guerriglia e la guerra di trincea tradizionale, dall’altro i droni e gli attacchi informatici. Il rischio di un conflitto generalizzato è tanto più grande quanto più potente è la parte belligerante: oltre un certo limite, il sistema capitalista ha sempre visto nella guerra un mezzo per risolvere le sue contraddizioni interne. Questo è il motivo per cui, invece di adottare un punto di vista morale disincarnato (sostenere la “parte del Bene”), gli europei dovrebbero determinare le loro posizioni solo in base ai propri interessi».
Carl Schmitt arrivò addirittura ad affermare che più una democrazia è liberale, meno è democratica. Il migliore dei mondi possibili sembra sgretolarsi, non crede?
«Carl Schmitt aveva ragione. La “democrazia liberale” è un ossimoro, e le persone vedono sempre più chiaramente che democrazia e liberalismo sono cose diverse, se non addirittura opposte. Il liberalismo è la difesa dei soli diritti individuali e la subordinazione della politica all’economia. La democrazia è il regime che sancisce la sovranità del popolo. Ci stiamo dirigendo verso democrazie “illiberali”, che vanno di pari passo con l’ascesa degli “Stati civilizzatori”».
Nitti affermò che «il pubblico vive nella mediocrità, ma non ama ciò che è mediocre». Alla luce di questa massima ha ancora senso parlare delle masse in politica? Si veda, ad esempio, il caso dell’Italia con la disaffezione nei confronti dell’attivismo politico o l’astensione dal voto…
«L’astensione, che è il risultato della disillusione, della perdita di fiducia e della rassegnazione, non traduce affatto un rifiuto della politica, ma un disgusto per ciò che essa è diventata: un sistema che tende a sostituire il governo degli uomini con la gestione delle cose. Ciò che i Gilet gialli, in Francia, chiedevano alla classe politica era di fare davvero politica invece di limitarsi a simulazioni e chiusure».
L’anno scorso Bietti ha pubblicato in Italia il suo monologo a una voce “L’esilio interiore”. In uno degli aforismi afferma che non esisterà mai l’intelligenza artificiale. Quindi l’uomo è ancora padrone della tecnica?
«Non ci sarà mai un’intelligenza artificiale perché l’intelligenza non è la capacità di comprendere, conoscere e calcolare, ma è il pensiero originale e creativo. Ciò non toglie che l’IA sia destinata a governare sempre più le nostre esistenze. In futuro, il divario tra chi è connesso e chi non lo è si imporrà su tutti gli altri. Poiché il fenomeno è solo all’inizio, c’è motivo di preoccuparsi (e anche un po’ di più). Heidegger diceva giustamente che per dominare la tecnica bisogna prima comprenderne l’essenza».
In Francia, il saggio di Houria Bouteldja “Maranza di tutto il mondo, unitevi!” ha scatenato dibattito. A parte gli attacchi alla sua persona contenuti nel testo, non pensa che la società si stia orientando sempre più verso una forma tribale?
«L’universalismo, che si traduce nell’omogeneizzazione della Terra, provoca inevitabilmente reazioni contrarie. Questo spiega ciò che oggi viene chiamato (in senso peggiorativo) “comunitarismo”. Il politologo Jérôme Fourquet parla invece di “arcipelizzazione” della società. Questi fenomeni sono la conseguenza indiretta del regno dell’individualismo possessivo, del primato dei valori mercantili e, soprattutto, della scomparsa del comune. Costituiscono modi per tentare di ricreare il comune su piccola scala, tra uomini e donne che credono ancora nei valori condivisi e soffrono perché la “grande società” non offre loro più quello che assomiglia a un destino comune. Il bene comune è tutt’altra cosa rispetto all’interesse generale, che non è altro che una somma di interessi particolari, necessariamente apolitici».
Per superare questi ostacoli gli europei possono ancora fare appello all’identità?
«Sì, certo, ma è una soluzione ambigua e forse pigra. L’identità non è scontata, ha sempre molte sfaccettature. A seconda della sfaccettatura che si considera più importante, l’identità sarà percepita in modo diverso. Ricorrere all’identità in modo litanico, come si fa girare un mulino a preghiere, non porta molto lontano».
Un’ultima domanda. Come sta la sua libreria da oltre 100mila volumi?
«Sta bene, grazie!».

