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La legge sul femminicidio e la decostruzione antropologica

di Roberto Pecchioli - 27/07/2025

La legge sul femminicidio e la decostruzione antropologica

Fonte: EreticaMente

L’articolo 575 del codice penale italiano recita: “chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”. I manuali di diritto spiegano che il reato si configura quando la condotta che causa la morte è caratterizzata dal dolo, la volontà consapevole di uccidere. La pena prevista per l’omicidio volontario può arrivare all’ergastolo in presenza delle circostanze aggravanti stabilite dai successivi articoli 576 e 577. La fonte cui attingiamo rammenta che il testo legislativo – aggiornato al presente – risale al 1930. Con una battuta, potremmo osservare che il codice (fascista in senso temporale) parla dell’omicidio di “un uomo” ed è quindi sessista, ma nessuno ha mai pensato che il termine si riferisse al “genere” (si deve dire così) della vittima e non alla condizione di essere umano. L’articolo 3 della costituzione – democratica in quanto promulgata nel 1948 – afferma che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Dunque, non possono essere puniti con pene diverse a seconda del genere/sesso del reo o della vittima. Fin troppo semplice arguire che il disegno di legge sul cosiddetto femminicidio approvato all’unanimità dal Senato è contrario alla costituzione e alla previsione del codice penale. Ovviamente le cose non stanno così nella pratica e dovremo subire l’obbrobrio giuridico, ideologico e culturale in nome del quale l’omicidio è più grave se la vittima è donna. La condizione biologica di donna – ma anche l’ autopercezione di appartenenza al genere femminile – diventa per legge un privilegio e discrimina la gravità del reato, giacché nella formulazione accolta dalla totalità dei senatori, il femminicidio – divenuto reato autonomo – verrà punito sempre con l’ergastolo, dunque in maniera difforme dall’omicidio “semplice”, commesso contro un uomo o contro una donna a cui l’assassino non è o non è stato legato da rapporti di coppia.
Chi scrive è tra i pochi contrari. E sì che invoca pene severe per ogni reato e pensa che l’ergastolo – vero, non attenuato dalla miriade di eccezioni di legge – debba essere la regola per ogni omicidio volontario premeditato. Nessuna indulgenza per gli assassini, ma il femminicidio no: in questa accezione non ci stiamo. La definizione legislativa parlava inizialmente di “atto discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna, per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità”. Uccidere un uomo per identici motivi non è quindi – per legge – altrettanto grave, mentre la norma potrà essere forse invocata nel caso di omicidio all’interno di una relazione omosessuale femminile, ma non maschile. Aspettiamo l’opinione delle associazioni gay.
Al testo è stato aggiunto il passaggio sul “no” femminile (ma non maschile o trans!) a “stabilire o mantenere una relazione affettiva o a subire una condizione di soggezione o comunque una limitazione delle sue libertà individuali”. Ottimo, se non fosse che riguarda la metà del cielo, o anche meno, giacché la tutela non è estesa agli uomini – etero o omo – e neppure a tutti gli altri generi/sessi della mutante galassia LGBT eccetera. Stupisce, ma non troppo, che neppure un senatore abbia votato contro o si sia almeno astenuto. Il gregge parlamentare è d’accordo senza alcuna eccezione a violare la costituzione; tutti uniti, da destra a sinistra, con in testa il presidente Ignazio Benito La Russa. Nulla ci aspettiamo da futuri ricorsi alla Consulta, custode non della costituzione ma del presunto spirito dei tempi.
Da oggi metà della popolazione è legalmente figlia di un dio minore. Se sono uomo e uccido un altro uomo il reato mi costerà ventuno anni di galera. Se sopprimo mia moglie o la mia ex, marcirò all’ergastolo. Ai mascalzoni assassini converrà assoldare un sicario – meglio se donna – che non potrà essere accusato di femminicidio in assenza di legame sentimentale. Umorismo nero, ma la ratio della legge è che l’esemplare maschio della specie homo sapiens è malvagio e violento in quanto tale. Sono nato uomo, quindi crudele verso le donne, specialmente quelle che amo. Quel sentimento è falso, perverso, negativo, poiché proveniente da un maschio etero.
Sul piano giuridico basterebbe applicare l’aggravante dei motivi abietti prevista per l’omicidio volontario (art. 576 c.p.) per far scattare quasi automaticamente l’ergastolo, purché estesa a ogni genere ed orientamento sessuale, in base all’art 3 della costituzione. No, si è inteso dare un segnale, cioè istituire un pregiudizio negativo nei confronti del sesso maschile. A rigore, se davvero, come certa propaganda femminista e progressista fa intendere, se il maschio è violento e assassino per natura, se i suoi comportamenti fossero un istinto di genere, andrebbero considerati attenuanti o addirittura esimenti. Se l’uomo non potesse fare a meno per natura di essere violento con la donna che ama o che vuole cadrebbero punibilità e imputabilità. Cortocircuito, aporia, gigantesca contraddizione, ma no, occorre “dare segnali”. E criminalizzare il maschio perché è tale e per di più è sessualmente normale, pardon eterosessuale. Fin da bambini, giochi, condotte, attitudini tipicamente maschili vengono represse dalla scuola – in mano a donne formate a una certa mentalità – e dalla società, che stigmatizza ogni parola, comportamento, perfino sguardo o postura maschile , rubricata a vario titolo come violenza.
La nuova legge inasprirà le relazioni tra uomini e donne: la guerra dei sessi sostituisce la lotta di classe. Purtroppo non diminuirà di una sola unità le vittime, ma renderà gli uomini più fragili, impauriti, confusi, sull’orlo dell’odio di sé, se verranno convinti di essere violenti e finanche assassini per destino biologico. Proprio ciò che interessa al potere: indebolire, confondere, impaurire. Scaverà un fossato culturale e fornirà una giustificazione virtuosa a nuove repressioni, a leggi che divideranno la cittadinanza secondo gli interessi del momento, alla violazione sistematica del principio di uguaglianza giuridica dei cittadini faticosamente conquistato. Gli uomini non diventeranno più buoni perché esiste il reato di femminicidio né le donne più protette. E’ solo una tappa, un’altra, della decostruzione antropologica a cui tende l’oligarchia dominante, in attesa del trans e del post umano, che risolveranno alla radice il problema per assenza dei protagonisti, uomini o donne. Unanimi come il Senato, corriamo in quella direzione. Allegria di naufraghi.