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La menzogna non è solo un peccato: è un sacrilegio

di Francesco Lamendola - 13/05/2017

La menzogna non è solo un peccato: è un sacrilegio

Fonte: Il Corriere delle regioni

 

 

Abbiamo affermato, un recente articolo, che sono tre i grandi mali che affliggono la società moderna, e che impediscono agli esseri umani di condurre una vita come si deve, in pace con se stessi, fra di loro e con Dio: la menzogna, l’immoralità e l’irreligiosità. Di questi, senza dubbio, il più grave è la menzogna; gli altri sono solo peccati, per quanto gravi: questo è un sacrilegio. La menzogna, infatti, è il peccato contro la verità: e ogni verità è un riflesso dell’unica, luminosa Verità assoluta, che è Dio. Dio è il supremo garante della Verità, essendo Egli stesso la Verità. Senza di Lui, non vi sarebbe la Verità, ma vi sarebbero solo delle piccole, misere verità parziali, che si contraddicono a vicenda e lottano incessantemente fra di loro; inoltre, non ci sarebbe nessuna garanzia, nessuna protezione di ciò che è vero. Tutti sarebbero liberi di mentire impunemente, sfacciatamente, capovolgendo la verità nel suo contrario, e dunque anche il bene nel male, il giusto nell’ingiusto, il bello nel brutto. E questo, di fatto, è ciò che accade nel mondo d’oggi, appunto per l’allontanamento degli uomini da Dio, e per la loro superba e folle pretesa di fare da sé, di non aver bisogno del suo aiuto, e quindi, in definitiva, di essere pari a Lui.

Tutto questo è semplicemente diabolico. Il diavolo non si limita a mentire, e quindi a ingannare: la sua audace, sfrontata pretesa è quella d’instaurare un mondo morale capovolto, dove tutti i valori siano stati rivoltati come altrettanti guanti, e dove gli uomini, resi folli dalla loro presunzione e traviati dalle sue pessime arti – ma lui non potrebbe agire su di loro, se non trovasse già presente, nel profondo delle anime, la “materia prima” del male: l’egoismo, la superbia, l’invidia, la lussuria, la gola, l’ira, l’accidia – si vantano, come dice san Paolo nella Epistola ai Romani, di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, e ricevono così, in se stessi, mentre credono di concedersi ogni piacere, il meritato castigo della loro protervia e della loro ribellione. Perciò se ogni peccato è anche, un po’, un peccato di menzogna, perché chi pecca si allontana dalla verità, di cui è Dio il supremo custode e la fonte originaria, la menzogna in se stessa è il peccato supremo, perché deturpa quella verità delle cose che è come un riflesso della verità divina, e, dunque, equivale a un blasfemo tentativo di deturpare il volto stesso di Dio.

Chi offende la verità, offende direttamente Dio; chi offusca, inquina o manipola la verità, tenta di offuscare, inquinare e manipolare Dio stesso. La menzogna intenzionale, anche quando si riferisce a cose in se stesse leggere, o comunque non gravi, ha sempre un che di diabolico. E la menzogna più diabolica di tutte è quella che protesta la propria innocenza, è quella che recita la commedia della meraviglia e del candore, della verità offesa, della sacra indignazione e dell’amor proprio ferito, allorché viene smascherata, o anche soltanto intravista, o intuita, dagli altri. Ne abbiamo un perfetto esempio nell’atteggiamento di Giuda Iscariota durante l’Ultima Cena, quando, alla drammatica asserzione di Cristo: Uno di voi mi tradirà, che gela letteralmente gli apostoli, ciascuno di loro si affretta a domandargli: Sono forse io?, e anche Giuda non si trattiene dal chiedergli: Sono forse io, Signore? Ecco la bestemmia. Avrebbe potuto anche tacere, dopotutto, se non altro per decenza, magari verso se stesso; avrebbe potuto andarsene anche prima, per fare quel che aveva deciso di fare; poteva fingere di non aver sentito, o non darsene per inteso: invece ha voluto aggiungere la commedia alla menzogna, e, sapendo benissimo che di lui Gesù aveva parlato, ma senza volerlo accusare apertamente, per un estremo atto di delicatezza, o, forse, per lasciar socchiuso un ultimo spiraglio di ravvedimento da parte sua, invece egli ha voluto recitare la parte dell’innocenza sospettata a torto, del virtuoso calunniato: Rabbi, sono forse io? Ah, Giuda, Giuda: con quelle parole, con quella domanda impudente, sfrontata, ti sei legato da te stesso nelle mani del diavolo, definitivamente e irreparabilmente. E l’evangelista non manca di rilevarlo: dice che quando Giuda intinse il pane nel piatto del Maestro, il diavolo entrò in lui, ed egli uscì dal cenacolo come ormai gli aveva raccomandato anche Gesù: Quello che devi fare, fallo presto. L’evangelista qui ci tiene a precisare: ed era notte (Giovanni, 13, 30). Quando l’anima si abbandona al gusto della menzogna intenzionale e spudorata, su di essa scendono le tenebre; su di essa scende la notte, come era scesa su Giuda quella sera, mentre usciva dal cenacolo per recarsi dai sacerdoti e dagli scribi, a prendere gli ultimi accordi per l’arresto a tradimento di Gesù.

La menzogna “nasce” come un peccato individuale, e si alimenta delle piccole menzogne che il bambino, se non viene opportunamente corretto, tende a rifilare agli adulti per giustificare le proprie mancanze; ma poi, mano a mano che il bambino diventa adulto, e mano a mano che la vita dell’adulto si intreccia con quella di milioni d’altri adulti e con la rete del sistema planetario delle relazioni sociali, a cominciare da quella dell’informazione, tende a divenire qualcosa di più e qualcosa d’altro, di radicalmente diverso e assai più minaccioso. La menzogna, nella società odierna, travalica i limiti di un peccato individuale e assume sempre più la forma e le dimensioni di una congiura mondiale contro la Verità. Il mondo dell’informazione, i giornali, la radio, la televisione, e il mondo della cultura, l’editoria, la scuola, l’università, sembrano collegati in questo patto scellerato - forse perché dipendono dai foraggiamenti degli stessi padroni, cioè, volevamo dire, degli stessi finanziatori: abolire, annientare, deridere la verità e mettere in trono, al suo posto, lo scetticismo, l’agnosticismo e il relativismo. Ora, la civiltà moderna è una civiltà estremamente intellettualistica (cosa che non va assolutamente confusa con “civiltà colta”), tanto è vero che essa ha collocato al vertice delle proprie istanze culturali, la figura dell’intellettuale, figura tanto vaga quanto pretenziosa e autoreferenziale, così come altre civiltà, evidentemente meno “evolute” e meno “intelligenti” della nostra, avevano messo al proprio vertice la figura del “saggio”, puramente e semplicemente. Ebbene: l’intellettuale è il mendace per definizione: in quanto banditore del verbo relativista, così come vogliono i poteri oscuri che lo manovrano dietro le quinte, come un burattino, giocando sulla sua smodata ambizione e sul suo infinito narcisismo, egli ha costruito la propria carriera, il proprio percorso e la propria identità sulla falsificazione sistematica della verità. Infatti, egli è pagato per dire solo una parte della verità, quella che fa comodo ai poteri finanziari, e per tacere il resto: laddove dire una parte della verità e tacere intenzionalmente la verità nel suo insieme equivale ad alterare la verità, a falsificarla e a indurre in errore coloro i quali, fidandosi, prestano fede a siffatti “intellettuali”.

Peccato che, di saggezza, l’intellettuale moderno non ne abbia nemmeno l’ombra. Peggio ancora: non ne vuole avere. L’intellettuale moderno, oltre a essere un parassita, nel senso che vive letteralmente alle spalle della comunità, senza dare nulla di positivo, ma solo sottraendole tempo ed energie, è anche un ipocrita all’ennesima potenza: si dice per il progresso, ma combatte ferocemente le idee realmente innovative; si dice per la giustizia, e finisce per difendere i privilegi assurdi e ingiusti delle minoranze superprotette; si dice per l’onestà, per la trasparenza, per il merito, ed è lui stesso, nove volte su dieci, la dimostrazione vivente di quel che possano, ai nostri dì, le raccomandazioni ideologiche, le amicizie semi-mafiose, e di come siano male spesi i denari, non di rado del pubblico erario, che servono a mantenerlo, affinché egli possa sputare ininterrottamente sulla società che lo nutre, sulla famiglia che lo ha cresciuto, sui professori che lo hanno educato, sui sacerdoti che gli hanno insegnato, da bambino (e pur con tutti i loro limiti, umani e intellettuali), la differenza fra il bene e il male. Come Giuda ebbe la sfrontatezza di chiedere a Gesù Cristo, che preannunciava il tradimento di uno dei suoi: Rabbi, sono forse io?, così l’intellettuale-tipo della modernità ostenta disinteresse, imparzialità, senso della giustizia, sincero desiderio della verità, nel medesimo tempo che, per contratto e per servile vocazione, si affanna per procacciarsi prebende e privilegi, punta il dito contro i faziosi, maledice l’ingiustizia, si profonde in interminabili e lamentose giaculatorie contro i bugiardi e intona elogi a favore degli spiriti retti e veritieri – proprio lui, che non sa neppure dove stia di casa la rettitudine; lui, che non si è mai curato della verità, ma sempre e solo di ciò che ne ha le apparenze e ne usurpa la funzione.

Pertanto, oggi assistiamo ad un costante attacco contro la verità, al livello della politica, della storia, della filosofia, della psicologia, della sociologia, dell’arte, della letteratura, della musica, del cinema, e perfino dello sport e del tempo libero: ogni cosa viene capovolta, ma con tale sistematicità, con tale arroganza e con tale faccia tosta, da trascinare nell’errore le masse abbrutite, fino al punto di renderle desiderose solo di ghiande e spregiatrici delle perle che, per caso, qualcuno volesse offrir loro, magari per riscuoterle dal sonno pesantissimo in cui giacciono voluttuosamente sprofondate. L’ultima variante di questa spregevole figura di pennivendolo al soldo della ideologia dominante è quella del teologo progressista e modernista, ben deciso a stravolgere la lettera e lo spirito del Vangelo per trasformare la figura e la testimonianza di Gesù Cristo in qualcosa di diversissimo da ciò che sono state e di lontanissimo dal loro vero significato, qualcosa che possa piacere al maggior numero possibile di persone dal palato grosso, e che possa dispiacere al minor numero possibile: perché codesti teologi progressisti sono infinitamente vanesi e hanno bisogno dell’applauso unanime, soffrirebbero se anche solo poche persone negassero loro l’omaggio di applaudirli e di complimentarli per le belle cose che dicono e scrivono. E, subito dopo i teologi, ossia le cattive menti di questa congiura modernista contro la Verità del Vangelo, ci sono i cardinali, gli arcivescovi, i vescovi e i sacerdoti, fino alla base della piramide ecclesiale, ciascuno dei quali si è messo in gara con tutti gli altri per primeggiare in demagogia, in buffoneria e in volgarità, sempre al medesimo scopo: ottenere l’applauso della folla, far dire di sé: Come è bravo, costui, e come parla bene, e con quanto sentimento: ecco, questo è il vero senso del Vangelo, che i preti conservatori e oscurantisti, in combutta con i ricchi e i potenti (senti da che pulpito…) ci avevano, finora, tenuto sempre nascosto!

Quindi, rende un culto alla menzogna il giornalista che, sapendolo, altera e falsifica le notizie, per compiacere il suo direttore o la sua parte politica; rende un culto alla menzogna il professore che, senza aver mai seriamente approfondito le cose, ripete ai suoi studenti le falsità e le mistificazioni contenute nel libro di storia, o in quello di filosofia, e che, guarda caso, si accordano e combaciano perfettamente con ciò che dice, alla televisione, quell’altro professore, assai più famoso, che scrive libri ed è continuamente ospitato nei salotti buoni della cultura; rende un culto alla menzogna il direttore di banca, o anche il semplice impiegato, i quali, in piena consapevolezza, abusando della fiducia del piccolo risparmiatore, lo consigliano d’investire i suoi sudati risparmi, o il suo modesto stipendio, in titoli e azioni di dubbia solidità, allo scopo di garantire il proprio interesse e quello della propria banca; rende un culto alla menzogna il politico che si adopera per far approvare in parlamento delle leggi ingiuste, immorali, scandalose, al solo scopo di compiacere gli elettori e di carezzare le basse voglie, o l’edonismo più egoista, delle masse; e rende un culto alla menzogna anche il teologo, o il vescovo, o il sacerdote, i quali adulterano la Rivelazione cristiana, travisano la Scrittura, disprezzano la Tradizione, e, stravolgendo la liturgia, la pastorale, la dottrina, gettano le anime nel turbamento e nella confusione, ottenendo in cambio riconoscimenti, elogi e una più facile carriera verso i vertici della chiesa. In un certo senso, e per le ragioni dette all’inizio, tutti costoro rendono un culto al diavolo, sono suoi servitori sciocchi e fedeli, ma soprattutto sciocchi: perché, probabilmente, non si rendono conto sino in fondo della estrema gravità del loro modo di agire, s’ingannano riguardo a se stessi, e s’illudono di essere i combattenti della buona battaglia a favore della civiltà, del progresso, della giustizia, della solidarietà, e chi sa di quante altre belle e nobilissime cose.

Per tutte queste ragioni, non è affatto un’esagerazione affermare che la civiltà moderna è, in larga misura, ispirata e manovrata dal diavolo, e che il nostro tempo si caratterizza – come aveva visto la mistica tedesca Katharina Emmerick due secoli fa – come l’era del diavolo. Che con questa civiltà la Chiesa cattolica, a partire dalla “svolta” del Concilio Vaticano II, abbia deciso bruscamene di voler giungere a un accordo, a un’intesa, a un dialogo a tutto campo, resta un mistero ben arduo da comprendere. Come può, un clero che sia in buona fede, e una teologia cattolica che sia al servizio della Verità, voler “dialogare” con la menzogna? E che altro sono le false religioni, o le confessioni cristiane scismatiche, se non delle contraffazioni dell’unica Verità, ossia delle menzogne? Quale malinteso concetto di dialogo è quello del clero modernista e progressista! Quando mai Gesù Cristo, il solo e vero Maestro, ha voluto “dialogare” coi sacerdoti di Baal; o con quelli di Astarte, la Grande Madre, o della sua equivalente, l’Astarte di Efeso; o con quelli di Iside? E dunque: costoro pensano forse di essere superiori al divino Maestro? Di essere più saggi, più aperti, più “adulti”? Quale sconfinata superbia! E, di nuovo: quale culto della menzogna, e quale offesa sfacciata alla Verità!...