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La strategia d'egemonia culturale messa in atto da Fabio Fazio

di Riccardo Paccosi - 15/05/2023

La strategia d'egemonia culturale messa in atto da Fabio Fazio

Fonte: Riccardo Paccosi

Sotto la voce "egemonia culturale", all'interno dei futuri libri e manuali di storia delle dottrine politiche, questi vent'anni di "Che tempo che fa" qualche pagina se la saranno oggettivamente meritata.
Oggi assistiamo a una propaganda ideologica rozza e brutalmente menzognera, che fa leva sul fatto di avere il pieno controllo di tutti i media, di tutta l'industria culturale, di tutti gli assetti proprietari dei social e di tutti i partiti politici presenti nei parlamenti. Ma quando Fazio ha iniziato, la declinazione progressista/globalista del neoliberalismo ancora non era diventata ideologia unica.
L'operazione condotta da Fazio per creare un'egemonia del progressismo neoliberale, infatti, è stata quella di definire innanzitutto il perimetro di ciò che è cultura, qualificarne quindi la matrice progressista e, così, attuare l'equazione "cultura = sinistra", "civiltà = sinistra".
Al perseguimento di tale scopo, è stato utilizzato di tutto: dai Metallica a Papa Francesco.
Ma all'interno di questo calderone, finivano poi per spiccare i personaggi dettanti la linea e verso i quali Fazio inscenava approccio particolarmente ossequioso e servile: Mario Monti, Mario Draghi, Bill Gates, Christine Lagarde, Anthony Fauci.
Il pubblico, in questi vent'anni, ha visto sfilare da una parte un insieme di cantanti e attori di fama internazionale, dall'altra i più noti esponenti delle èlite capitaliste sovranazionali, ricevendo l'impressione che le due tipologie facessero parte del medesimo orizzonte valoriale, entro un gioco di reciproco rafforzamento e reciproca legittimazione.
Dunque, quella di Fazio è stata un'operazione strategica di egemonia culturale connotata da efficacia crescente e di cui il diretto interessato era pienamente consapevole. Tale consapevolezza l'ha dimostrata il cambiamento che l'espressività di Fazio ha subìto nel corso del tempo: l'immagine degli esordi da giovanotto bonario, infatti, veniva  sì riproposta ma, anno dopo anno, diventava sempre più faticoso, per il nostro, nascondere quella durezza, quell'assenza di luce, che traspare dallo sguardo degli uomini di potere.