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La sudditanza italiana

di Umberto Bianchi - 13/05/2020

La sudditanza italiana

Fonte: Umberto Bianchi

Non si può certo dire che, quello della pandemia da Covid 19 sia stato un evento fortunato per il mondo d’oggi. Però, senza ombra di dubbio, si può tranquillamente affermare che per taluni paesi, sia stato ancor meno fortunato. Tra questi  figura, in primis, il nostro disgraziato paese. L’emergenza Covid ha da noi assunto l’alea di un vero e proprio paradosso. Dopo lo strazio del continuo rinnovo di  uno stato di quarantena sanitaria, (che tanto ha tanto avuto e tuttora, ha il sapore di una detenzione domiciliare, estesa a livello nazionale), a conclusione di tanto profondersi di immagini e toni apocalittici, accompagnati da mirabolanti promesse di generosi esborsi di denaro, per tutto e per tutti, non poteva mancare la beffa finale.
E così, come in una novella dai paradossali contorni, la montagna ha partorito il topolino: zitti zitti, quatti quatti, tra mille distinguo e musetti storti, i nostri impavidi governanti hanno, di fatto, accettato quel Mes che, invece, alcuni tra loro, tanto avevano esecrato e di cui mai, dicevano, avrebbero accettato di far usufruire il nostro paese. Dall’incubo Covid, ci siamo risvegliati con la sorpresa che tutto quel fiume di denari promessi, non sono ancora, arrivati nelle tasche della maggior parte dei cittadini e, cosa ancor peggiore, tutte quegli esborsi a valanga, qui e là prospettati, altri non saranno che prestiti, ovverosia soldi da restituire con tanto di interessi a chiunque ce li eroghi. Che siano le nostrane banche o che sia il Mes o qualunque altra mirabolante formula di esborso, noi tutti questi soldi dovremo restituirli senza esitare, con il concreto rischio, di vederceli togliere direttamente dai nostri conti bancari.
E qui arriva il secondo, e forse più grave aspetto, di tutta la questione. Ci sono paesi e correlate istituzioni finanziarie, che non vedono l’ora di venire a fare “la spesa” a casa nostra e che altro non aspettano di inaugurare la stagione dei saldi, con la rovina della nostra economia. E già. Perché se nessuno se lo fosse ricordato, due e passa mesi di chiusura totale delle attività economiche, (tuttora in atto, sic!), stanno spalancando le porte ad una crisi recessiva senza precedenti. Ed in questo caso, i fondamentali della nostra economia, potrebbero rappresentare un piatto ghiotto per chicchessia. Ora, di fronte ad uno scenario simile, a chiunque sia dotato di un minimo di raziocinio e senso critico, viene da chiedersi se, quella della pandemia, non sia stata l’occasione che certe persone aspettavano per fare i conti con l’Italia. Oltre al debito pubblico, il nostro paese detiene una tra le più alte cifre di risparmio pro capite in Europa e nel mondo, accompagnata ad una forte propensione ad investire ed immobilizzare capitali, in immobili.
La cosa non può certamente far piacere alle centrali della finanza speculativa internazionale. Tantomeno ha fatto piacere a certi signori, il divampare di proteste, qui e là per il mondo nei mesi immediatamente precedenti la pandemia. Proteste che sempre più rivolte ad un modello economico ed alle sue ricadute, si accompagnava al forte aumento della presenza sul proscenio occidentale di schieramenti, animati da un trasversale populismo. Quella del virus, ha rappresentato una vera e propria manna, per chi tutto voleva congelare e, nel frattempo, stravolgere in proprio favore. Con la sospensione di attività economiche, culturali, ma anche di diritti fondamentali, come quelli afferenti allo spostamento ed alla possibilità di riunione, chi voleva, ha potuto fare di tutto e di più, senza incontrare particolari opposizioni, come, per l’appunto, accaduto in Italia.
Ad onor del vero, in ambito occidentale, il nostro paese ha un po’ rappresentato un vero e proprio “unicum”. Il modello di restrizioni delle fondamentali libertà del cittadino, non ha avuto un simile riscontro in altri paesi occidentali ove, si è preferito non toccare le libertà dei cittadini, preferendosi i divieti di assembramento e il fermo invito a rimanere in casa. Questo perché determinati diritti sono considerati inviolabili ed inalienabili, cosa che, invece, da noi, nonostante i bei paroloni e la continua enfasi posta sulla carta costituzionale, ciò non avviene perché, ad essere totalmente sfalsato, è il rapporto cittadino-stato.
Da noi, il cittadino è visto come suddito e la pubblica autorità, intesa unicamente in senso sanzionatorio e punitivo. Prova ne siano, le immagini di elicotteri di Carabinieri e Ps, intenti ad inseguire solitari corridori e bagnanti, sorpresi su spiagge deserte. Questo mentre, simili e dispendiosi dispiegamenti non si sono mai visti, per combattere tutte quelle organizzazioni criminali che, ahimè ad oggi, ancora prosperano ed imperversano nel Bel Paese.
Alle libertà personali vanno aggiunte quelle libertà economiche, quel diritto alla sussistenza ed alla sopravvivenza che, una chiusura oltremodo lunga e forzosa, hanno gravemente leso. In questi frangenti, si può ravvisare il senso dell’affermazione, circa lo stato di “sudditanza” in cui versa il popolo italiano. Per strano che possa sembrare, gli Usa sono stati all’epicentro di tutta una serie di moti di protesta che, verificatisi altresì in molti paesi del mondo, hanno in quel paese, conosciuto degli sviluppi alquanto imprevisti.
Discesi in piazza, chiedendo la immediata revoca del “lockdown” per ritornare a lavorare, sono riusciti ad ottenere la riapertura delle attività nella maggior parte degli Stati della Federazione, con eccezione di New York e della California, ove la situazione esige ancora molta cautela. E questo nonostante l’elevato numero di vittime che, ad oggi,  fa degli Usa il primo paese al mondo, quanto a contagi e vittime. Non solo. Con tutti i suoi difetti, dati da una politica estera di stampo imperialista, l’amministrazione Trump ha elargito cifre da capogiro, a fondo perduto, a cittadini ed imprese, al fine di far ripartire l’economia, il tutto non senza voler contare la distribuzione gratuita di alimenti per le fasce più deboli.
Ciò nonostante, gli americani sono insorti, reclamando quel fondamentale diritto al lavoro, senza il quale qualunque libertà risulta vanificata. Anche perché, fondi o non fondi, la disoccupazione in aumento e la chiusura delle attività non promettono nulla di buono. Fatto sta, che gli Usa stanno rapidamente riaprendo e, al pari di Canada, Germania ed altri paesi, non hanno mai chiuso completamente. Non solo. Ancora una volta, va ripetuto che la chiusura totale per quarantena (“Lockdown”), qui non ha mai comportato quella pesante restrizione dei diritti individuali, applicata invece in molti paesi del Terzo Mondo, Cina in primis, ma anche Italia.
E purtroppo, questo ci pone dinnanzi al perché del successo e della supremazia economica degli Usa. Con tutte le sue pecche ed indiscutibili difetti, nonostante la più volte lamentata scarsa partecipazione del popolo ai processi elettorali, sembra che, quando lo voglia, il popolo americano sappia far valere i propri diritti, come in questo caso. Già nel 19° secolo, un Alexis De Tocqueville faceva notare l’innovativo sistema della giovane democrazia americana,  più tardi seguito da un Toni Negri che, proprio negli Usa, ha ravvisato la realizzazione e la perfetta sintesi dell’idea di Impero.
Qui monarchia, repubblica e stato mercantile si intersecano ed armonizzano perfettamente. La figura del Presidente, le istituzioni democratiche, accanto alle libertà economiche, costituiscono gli ingredienti base per un successo che, di base, ha un forte senso di coscienza e di appartenenza comunitaria che, lo si voglia o meno, contraddistingue il popolo americano. Meritocrazia, coscienza dei propri diritti,  rappresentatività istituzionale, rappresentano un mix innovativo,ma quanto mai antico.
E le istituzioni della romanità antica, dovrebbero costituire un valido punto di riferimento laddove, invece, proprio nella terra che ha dato i natali all’idea di diritto, tali principi guida vengono disattesi alla grande. Permane, invece, a tutti i livelli, una grande incertezza per il presente ed il futuro, accompagnati da uno stato di collettiva paura, indotti questi, da un uso quanto mai intimidatorio, dei media “embedded”. Finita la fase più  rigorosa dell’emergenza, rimane la speranza in una collettiva e liberatoria presa di coscienza della società italiana, senza la quale, il destino di sudditanza del nostro popolo, sarà irrimediabilmente segnato.