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Movimento 5 stelle: fine di una storia (inutile)

di Valerio Lo Monaco - 03/09/2019

Movimento 5 stelle: fine di una storia (inutile)

Fonte: Valerio Lo Monaco

Il Governo appena decaduto non doveva nascere. Non in quel modo. Quel rifiuto di Mattarella nei confronti di Savona Ministro fu un atto politico che doveva essere rigettato con sdegno e forza (se non addirittura con altri metodi). Mattarella, in quel caso, non rispettò il volere degli italiani che si erano espressi tramite il voto eleggendo quelle forze politiche che meritavano, e dovevano esigere, che quel Governo stesso mettesse nei posti chiave esattamente coloro che che aveva scelto.
La decisione e l’imposizione di Mattarella in quel caso furono politiche, non “garantendo” i diritti degli italiani che si erano espressi (a torto o a ragione poco importa) ma - evidentemente - garantendo altri diritti (di chi?). Occorre ribadirlo: in quella circostanza il punto non fu tecnico, come invece sottolinearono quasi tutti dividendosi tra curva sud e curva nord nelle dialettiche sterili da social. Una scelta “politica” da parte di un Presidente della Repubblica è cosa gravissima, perché con tale principio si sancisce una possibilità che una volta potrebbe andare a favore di una parte e una volta a favore dell’altra, con buona pace della sedicente democrazia del popolo cosiddetto sovrano.
Le diatribe e i deludenti risultati di questo Governo nei mesi scorsi, fino alla capitolazione recente, sono ormai storia. Così come l’irrilevanza assoluta di alcuni esponenti di un certo interesse pur eletti in quella tornata elettorale ma che poi non hanno impresso alcunché di nuovo (il caso Bagnai per citarne solo uno di cui pure avevamo detto poco dopo le elezioni).
Fece bene Di Battista a suo tempo a sfilarsi dal Movimento 5 Stelle in tempi già sospetti per la presenza preponderante dell’immateriale e infido Di Maio. Ora può (forse) raccogliere i resti di un partito che potendo diventare di massa verrà invece probabilmente relegato a una irrilevante minoranza di opposizione.
Il futuro è cupo. Perché il ritorno del Pd al governo riporta le lancette - e le velleità di cambiamento - indietro di molti anni. L’abbiamo già ripetutamente e reiteratamente provato, il Pd. E sappiamo come è andata. Ci sono centinaia di ruoli chiave da rinnovare nel 2020 in tantissime posizioni di enti pubblici e semi-pubblici, e il Pd in particolare, come suo solito, non si farà scappare tale occasione. Con quello che ne consegue nel blocco pseudo culturale e politico che ciò comporta da anni e anni.
L’Europa inoltre - ovvero la troika - farà ora il suo ulteriore e più profondo ingresso in Italia su un tappeto rosso (o meglio giallorosso). Con le probabili e inevitabili conseguenze: il debito pubblico, ovvero il debito privato in quota parte di ogni italiano, verrà tenuto a bada e retrocesso mediante tassazioni dirette e indirette su ognuno di noi in modo ancora più invasivo (sperando che gli italiani non si facciano come al solito abbindolare da un paio di misure “dolci” che saranno gettate a pioggia proprio per dare fumo negli occhi). La Bce aiuterà l’operazione nel solito modo: tassi bassi e Qe a pioggia, rimandando una inevitabile resa dei conti economici in un futuro in cui sarà ancora più difficile risolverli.
Lo scenario macro economico e geopolitico, per quanto riguarda l’Italia, non fa intravedere alcuna possibile speranza di uscita dal tunnel europeista.
La capriola inevitabile di Grillo nel fare appello “ai giovani del Pd”, infine, è la capitolazione definitiva del mito incapacitante di un partito nato (forse) da buone intenzioni ma senza alcun impianto intellettuale e metapolitico. Con buona pace di quanti pur in buona fede ci avevano creduto tanto.
In una frase sola, di rimessa obbligata, Grillo ha rinnegato oltre quindici anni di attività e azzerato qualsiasi speranza: dai meetup a oggi, la storia del M5S originario finisce qui, tra le scartoffie, le inabilità e i passi felpati di Di Maio nei corridoi del potere. Come avevamo ampiamente previsto (qui, a marzo 2018).