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Creare una nuova narrazione che deve inserirsi all' interno di un differente paradigma di struttura

di Simone Torresani - 10/03/2021

Creare una nuova narrazione che deve inserirsi all' interno di un differente paradigma di struttura

Fonte: Giornale del Ribelle

 Negli ultimi articoli abbiamo visto come all' interno dei cambiamenti epocali che si profilano all'orizzonte, nel mondo post-covid, vi siano elementi positivi, che potrebbero essere girati a nostro vantaggio (de-urbanizzazione, mobilità ridotta, nuova concezione di lavoro e di turismo in primis). Tuttavia è dovere assoluto mettere in guardia che la futura "economia verde" e la "transizione energetica/ecologica", due concetti chiave del futuro (e che nel Recovery Fund occupano una percentuale rilevante degli investimenti) nascondono al proprio interno numerose insidie e contraddizioni: rischiamo di trovarci di fronte ad un nuovo nodo gordiano da sciogliere reso ancor più difficile dal fatto che al momento non si vedono alternative concrete (le concezioni astratte esistono già ma di quelle non saprei che farne) e gli "Inquilini dei Piani Alti", come giocatori all' ippodromo stanno puntando in massa solo su quel cavallo. Siamo tutti d'accordo che la transizione energetica e l'economia verde debbano essere -anche solo limitandosi ad una osservazione empirica dei fatti, non serve avere conoscenze tecniche e specifiche- una scelta obbligata, ma che tale scelta obbligata sia quella giusta e vincente ne siamo proprio certi? O è forse l'azzardo del cavallo all'ippodromo o, peggio ancora, la firma di una nuova paurosa cambiale in bianco con l'ecosfera e il Pianeta i cui tempi di scadenza rischiano di essere molto più ristretti, rispetto alla cambiale firmata a fine XVIII secolo coi primi accenni di industrializzazione?  Si ha l'impressione che il sollievo e il beneficio di queste nuove politiche risulti alla fine solo transitorio e temporaneo e che la soluzione sia peggio del male, chiudendo un problema e aprendone altri cinque. Vediamo in concreto perché.

La sostituzione di energia ad alto impatto inquinante e degradante degli idrocarburi-che ancora nel 2019 rappresentava l' 87% dell' energia mondiale prodotta- per fare un esempio, con energia "pulita" come quella solare, eolica, mareomotrice, cinetica, a idrogeno e bioenergetica, con lo scopo di raggiungere a breve il 40% e poi il 50% e sino ad un massimo di almeno il 90% nei decenni successivi al 2050, relegando ad esempio il carbon fossile al 5% verso il 2050, non avverrà di certo per opera dello Spirito Santo ma tramite un lavoro immenso di impianti e infrastrutture (nuove centrali, pannelli fotovoltaici, batterie a litio per auto elettriche, pale eoliche, impianti mareomotrici, centrali a biomasse,  centrali geotermiche, ecc. ecc.) che produrranno un apparato colossale non solo funzionante ad altissima energia (che deve a sua volta essere prodotta, creando un circolo vizioso di crescita esponenziale, infinita) ma anche dipendente, per la costruzione di batterie, pannelli, etc. di litio, di coltan, di cobalto, di terre rare -il nome dice tutto- che porteranno ben presto  l' ambiente a essere sfruttato e sotto stress e col problema, gigantesco, dello smaltimento di rifiuti speciali. Taluno parlerà di riciclo, ma a fine 2019 l'European Enviromental Bureau(EEB), una fitta rete di 144 associazioni europee ambientaliste (quindi non di certo dei Salvini di turno...) ha espresso perplessità sia sull' economia verde che sul mito del riciclo, perché "anche il riciclo è in un sistema finito e non infinito e come tale, dunque, ha dei limiti". Due esempi banali ma non troppo: il fotovoltaico ha bisogno di pannelli che devono occupare un certo spazio, non si pensi che un singolo pannello per edificio crei autosufficienza. Questi pannelli sono fatti in: silicio, ferro, argento, polimeri delle plastiche (materiale chimico) e alluminio. Silicio e alluminio non piovono dal cielo e i polimeri alimentano una industria chimica (inquinante). A fine ciclo, dopo alcuni anni, i pannelli vanno smaltiti con una procedura complessa tipica dei materiali elettrici. Sono insomma rifiuti speciali. Immaginiamo miliardi di pannelli da smaltire e le estrazioni massicce di alluminio, silicio, ferro, argento, ecc. ecc., il loro impatto ambientale insomma.

Secondo esempio, le auto elettriche. Nel motore classico a scoppio il carburante, prodotto dagli idrocarburi, bruciando converte energia termica in energia meccanica (in fisica, calore che diventa lavoro) la quale fuoriesce in ossidi di azoto e di zolfo, in anidride carbonica e in particolato di carbonio, le cui particelle (pm 2,5 e pm10) si legano in atmosfera interferendo coi fenomeni e poi ricadendo al suolo ad esempio con la pioggia. L' auto elettrica ha indubbiamente dei vantaggi: non funzionando a idrocarburi, non avviene la trasformazione in ossidi vari e particolato che fuoriesce in atmosfera. L' energia cinetica, di movimento, viene data da accumulatori a ioni di litio tramite corrente elettrica. L' ambiente viene rispettato, se non che la batteria ha un ciclo di vita ben preciso; costi e impatti di estrazione (il litio è presente quasi soltanto in Sudamerica) non sono indifferenti. Anche lo smaltimento delle batterie esaurite è complesso. Vi sono progetti per recuperare parte del litio dalle batterie esaurite, ma al momento sono solo studi, teorie, progetti. La stessa "Repubblica"-che rappresenta tutto ciò che non siamo- pur dopo alcuni peana entusiastici sul riciclo di litio e cobalto ha ammesso che sono "sfide per il futuro". E ricordatevi che ha detto la EEB: "il riciclo, in un sistema finito, è limitato".

Per concludere.  Mai come ora servono i nervi saldi. Se dalla nebbia in cui siamo avvolti si vedono ombre positive, altrettante negative ne incombono. Ecco perché non mi stanco ad esortarvi a scrutare col binocolo dal Bosco quel che avviene "là fuori", per essere pronti a nuovi cimenti tenendo sempre a mente i quattro capisaldi principali dell'antimodernità: anticapitalismo, anti-imperialismo, anti-industrialismo, anti-progressismo. Perché la sfida non è quella di riciclare meglio il litio, ma di creare una nuova narrazione che deve inserirsi all' interno di un differente paradigma di struttura.