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Non c'è transizione energetica senza riduzione dei consumi

di Remo Ronchitelli - 06/07/2021

Non c'è transizione energetica senza riduzione dei consumi

Fonte: decrescita felice

Per capire l”emergenza” sulle Energie Rinnovabili basta rileggere l’intervista a Cingolani su Corsera del 2 Maggio 2021commentata tra gli altri da Paolo Cacciari.

Lì Cingolani dice: ” Dobbiamo aver installato entro il 2030 settanta Gigawatt di potenza per la produzione di rinnovabili, oltre ad aver preparato le auto, le stazioni di rifornimento, i forni delle acciaierie. Quanti Gigawatt stiamo installando all’anno, per il momento? «L’obiettivo è di 6, ma finora ne abbiamo installati 0,8 all’anno. Di questo passo ci mettiamo novant’anni, non nove».”

Più avanti alla domanda “Dunque niente soluzioni verdi a costo zero?” Cingolani così risponde: “Esatto. Anche perché credo che nessuno sia così folle da pensare che la risposta sia la decrescita.”

Da lì i decreti sulle procedure autoritarie che spazzano via ogni contestazione legale, fino alla requisizione militare dei terreni come in Val di Susa. Legambiente sposa questa deriva autoritaria, per velocizzare la transizione dal fossile. Una alternativa (folle?) come dice lo stesso Cingolani è la Decrescita. Ma dove sta la “follia”? Come propone Cingolani vengono colpite le “autonomie” democraticamente stabilite delle Soprintendenze (min. Cultura e Turismo), dei Comuni (Sindaci), di categorie come gli agricoltori e tutta l’economia del Turismo, che dovrebbero diventare sostenibili. L’agricoltura non è solo il principale settore responsabile dei Gas Serra, ma il primo settore economico a rischio a causa del cambiamento climatico tale da far paventare una crisi alimentare dovuta a siccità, eventi estremi, diffusione di nuove specie parassite, etc. Se anzichè SETTANTA GIGAWATT ne servissero TRENTACINQUE (35) “grazie” alla Decrescita la Transizione potrebbe essere più dolce e relativamente democratica. La Decrescita si potrebbe presentare come l’alternativa soft e democratica ad una vasta platea di elettori, altrimenti minacciati dai modi militari del governo Draghi e della sua Transizione Ecologica. La Platea interessata va dagli agricoltori, che hanno bisogno di energia e se la possono produrre come “prosumer” in quantità necessaria e sufficiente grazie alle Comunità Energetiche organizzate, a tutti i “colletti bianchi” coinvolti nel turismo, cultura e paesaggio. Intere economie di Città, Borghi, Regioni, cioè quasi tutte le Regioni Italiane tranne quelle pauperizzate da uno sviluppo industriale non sostenibile. Questo significa spostare l’asse prioritario dalla industria tradizionale verso l’agricoltura che va aumentata oltre che riqualificata per resistere al cambiamento climatico e soprattutto per realizzare la AUTONOMIA ALIMENTARE (col cambiamento climatico si chiuderanno i mercati del cibo o saliranno i prezzi, come è stato a causa degli incendi nei paesi produttori di grano Russia e Australia). L’asse delle priorità va spostato anche verso la produzione di Beni Culturali, paesaggistici (città comprese) e turistici (la principale fonte economica italiana). Per “Decrescere” si potrebbe intendere una Transizione in cui alcuni settori CRESCONO in modo sostenibile favorendo la cattura di CO2 e la Biodiversità, come l’Agricoltura, la Cultura, l’Arte, il Paesaggio, il Turismo culturale e sostenibile; ed altri settori energivori diminuiscono, favorendo la diminuzione di CO2 e la Biodiversità. Dunque servirebbe una mappatura del fabbisogno energetico da farsi in modo decentralizzato tramite Comuni, aggregazioni di Comuni, Imprese agricole o PMI diffuse, ricostruendo in modo partecipato il PNIEC, il Piano Nazionale Italiano Energetico e Climatico, mai realmente avviato. Per le Imprese agricole poi serve il calcolo (di massima) dell’incremento di produzione necessario a realizzare l’autonomia alimentare. Questi problemi sono già drammaticamente presenti in Sardegna, concretamente. La Sardegna importa l’80% del fabbisogno alimentare. Ed esporta volumi considerevoli di Pecorino Romano (Usa e Oriente) e di carciofi spinosi (coprendo una quota significativa dell’export mondiale). Il Turismo poi è la prima attività e risorsa. Attualmente la Sardegna è sotto la minaccia di una “speculazione energetica” selvaggia o se si vuole di una “corsa a redditizi investimenti di Capitale di ogni provenienza”, che potrebbe interessare una parte significativa dei suoi 25000 km2, basata su eolico (grandi pale) e fotovoltaico (grandi impianti), vista l’abbondanza di vento e sole. Legambiente è favorevole all’eolico off-shore e ad uscire di fretta dalle fonti fossili di energia, ma qui il paesaggio marino fa parte del budget turistico. Questa produzione energetica potrebbe venir immessa nel ciclo nazionale ed esportata, come già avviene col petrolio lavorato alla grande raffineria sarda della Saras (Moratti). Quindi è prevedibile una sollevazione popolare colorata dalla sensazione di “venire ri-colonizzati”. In questa prospettiva la Decrescita non sarebbe solo “Decrescita” ma una via ordinata e non frettolosamente “stupida e autoritaria” che salva il patrimonio nazionale, alimentare, culturale, paesaggistico, naturale. Un percorso moderatamente complesso che un tecnocrate, cioè un autocrate tecnologizzato, non può nemmeno immaginare.