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Opportunità e rischi

di Riccardo Paccosi - 23/09/2025

Opportunità e rischi

Fonte: Riccardo Paccosi

POTENZA E RISCHI NELLA MOBILITAZIONE DEL 22 SETTEMBRE
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Lo mobilitazione di ieri 22 settembre contro il genocidio in Palestina, presenta molteplici elementi da analizzare. Proverò a elencare, per punti, perché io ritenga quella di ieri un’ottima giornata dal punto di vista dell’opposizione anti-sistema ma anche perché, al contempo, penso che vadano assolutamente evitati i numerosi rischi che si profilano all’orizzonte qualora questa spinta di movimento dovesse proseguire.
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LA SCONFITTA DELLA CGIL E L’EMERGERE DELL’AUTONOMIA
Nell’arco di tre giorni, si sono svolti due scioperi sulla Palestina: il primo venerdì 19 settembre promosso dalla Cgil e il secondo lunedì 22 settembre promosso dall’Unione Sindacale di Base e altre sigle.
Si può dire non ci sia stata competizione: mentre il sindacato confederale ha raccolto in tutta Italia poche migliaia di persone, oltre centomila manifestanti hanno risposto all’appello del sindacato di base. La Cgil, così, ha dimostrato di aver perso il proprio ruolo storico di egemonia organizzativa sulle piazze e questa - se si considera il ruolo di cinghia di trasmissione in favore dell’Unione Europea e delle èlite globaliste che tale organizzazione ha svolto negli ultimi anni - non può che essere un’ottima notizia.
D’altro canto, il numero di persone scese in piazza nella giornata di ieri è stato enormemente superiore all’effettiva rappresentatività delle USB e questo significa che tale appuntamento ha coinciso con una genuina espressione di Autonomia Popolare, ovvero con una movenza sociale non riducibile alla dimensione autoreferenziale delle organizzazioni politiche.
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LA FUNZIONE SQUADRISTA DEI MEDIA MAINSTREAM
Se si leggesse la storia italiana ed europea degli ultimi dieci-quindici anni esclusivamente attraverso la trattazione delle manifestazioni di piazza fatta dai media mainstream, vedremmo ricorrere nel tempo un solo e unico piano di conflitto: quello tra sistema politico-mediatico e Autonomia Popolare.
Infatti, l’opera di demonizzazione che vediamo oggi sui media a causa degli scontri di piazza verificatisi a Milano, è la medesima vista negli ultimi tre lustri contro tutte le mobilitazioni e le insorgenze che non fossero collegate a un partito, a un sindacato confederale o che non avessero – come invece Gay Pride e Friday for Future - il sostegno esplicito dei potentati capitalisti sovranazionali.
Le manifestazioni realmente autonome e di popolo - come quella contro il green pass in Italia o come i Gilet Gialli di alcuni anni fa nonché l’attuale Blockons Tout in Francia – hanno sempre subito atti di squadrismo verbale e diffamatorio da parte dei media, i quali oggi come ieri volgono alla criminalizzazione di qualsiasi cosa si ponga in contrasto con la narrazione globalista neoliberale.
Questo ci ricorda ancora una volta come sia necessario passare dall’attuale delegittimazione passiva dei media mainstream a una delegittimazione più radicale, proattiva, capace di enunciare che, in prospettiva, la stampa squadrista di regime dev’essere spazzata via dalla storia.
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IL RISCHI DI UN MOVIMENTO ANTI-MELONI
Il Governo Meloni ha reagito violentemente alle manifestazioni di ieri, sia per bocca della premier sia e ancor di più per bocca di Matteo Salvini, che ha difatti annunciato misure repressive.
Se da una parte lo scontro con l’attuale governo di centrodestra risulta inevitabile e intrinsecamente auspicabile, il rischio mortale è che il movimento di piazza venga sussunto – come quasi sempre avvenuto nei decenni passati – dentro quella polarizzazione destra-sinistra che tiene in equilibrio il sistema neoliberista e garantisce la sua perpetuazione.
Se il senso ultimo dell’attuale movimento finisse per coincidere con l’opposizione al Governo Meloni, le formazioni politiche della sinistra globalista come PD e M5S cavalcherebbero l’attuale fermento sociale in direzione d’un cambio di governo che, in mancanza di formazioni elettorali anti-sistema, non potrebbe che essere maggiormente allineato dell’attuale ai progetti di repressione delle opinioni nonché alle velleità guerrafondaie della Commissione Europea.
Perché l’Autonomia Popolare permanga, quindi, il movimento dovrà tappare le proprie orecchie con la cera a fronte delle numerose sirene che cercheranno d’indirizzarlo verso un tardo-frontismo di sinistra.
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ROMPERE LA GABBIA DENOMINATA SINISTRA
Una netta valenza di sinistra nella mobilitazione di ieri risultava assai visibile ma, come già detto, la valenza spontanea e autonoma dell’insieme in teoria potrebbe essere indizio d’un movimento sociale di più ampie vedute.
Il 29 ottobre del 2023, all’inizio della crisi in Medioriente, scrissi quanto segue:
“In questi due anni di guerra russo-ucraina con rischio di escalation nucleare, rispetto alla reattività delle masse si è registrato un encefalogramma piatto. Ora, invece, col ritorno del conflitto israelo-palestinese vediamo le piazze tornare a riempirsi. O meglio: tornano a riempirsi anche perché tornano a riattivarsi una parte delle reti organizzative della sinistra.
Quella sinistra che durante l'emergenza pandemica e la sospensione dei diritti costituzionali si è adeguata pedissequamente all'ideologia dominante, oggi torna in piazza perché percepisce un conflitto israelo-palestinese che – a differenza dell’emergenza pandemica e del conflitto russo-ucraino – risulta leggibile attraverso gli automatismi cognitivi consolidati nel secolo scorso. Questo significa che, se e quando la terza guerra mondiale a pezzi si sposterà nel Pacifico o altrove, quella sinistra che oggi riesce a decodificare il conflitto israelo-palestinese si troverà ancora una volta di fronte a qualcosa per lei non interpretabile e, quindi, ancora una volta cesserà di mobilitarsi.”
Trovo ancora valide queste parole scritte due anni fa e aggiungo una criticità ulteriore: da un certo punto in poi, sulla vicenda di Gaza, vi è stato un segnale di “via libera” proveniente dall’alto. Si è passati infatti da Merz che enunciava “Netanyahu fa il lavoro sporco per noi” all’attuale presa di posizione dei vertici europei contro Israele, probabilmente finalizzata a mettere in difficoltà l’amministrazione americana.
La giornata di ieri, insomma, è figlia anche di tale dinamica di scontro interno ai vertici globali. E in questo potrebbe non esserci niente di male: ma a condizione che la dinamica autonoma e popolare riesca a rimanere predominante, ovvero che il movimento trascenda l’identità di sinistra.
Tale auspicio è legato alla capacità del movimento di connettere il tema della guerra israelo-palestinese a quello della terza guerra mondiale a pezzi e del riarmo europeo; alla sua capacità di comprendere che tutte le contraddizioni sociali – comprese quelli inerenti all’immigrazione illimitata che stanno incendiando le piazze di Gran Bretagna e Olanda – sono determinate dalla èlite neoliberista a prescindere dal suo declinarsi di volta in volta come “destra” o come “sinistra”.