Pearl Harbor?
di Daniele Dell'orco - 01/06/2025
Fonte: Daniele Dell'orco
Ma quale Pearl Harbor!
L'ennesima notevole operazione condotta oltre le linee russe dai servizi segreti ucraini è stata presto definita una "Pearl Harbor" russa.
Ciò accade perché alle menti semplici per leggere le situazioni occorre sempre fare un ricorso riduzionista ad un qualcosa che si è già verificato nel passato.
Così, Putin = Hitler; Macron = Napoleone; Avozstal = Termopili e così via.
Pearl Harbor fu un blitz enorme che consentì ai giapponesi di mettere fuori combattimento buona della flotta americana del Pacifico e prendere il controllo nei mesi successivi di un'area vasta quanto un continente.
In Russia invece cos'è successo davvero?
L'operazione "Ragnatela" condotta dal capo dell'SBU, Vasyl Malyuk, ha consentito all'Ucraina di colpire obiettivi in territorio russo ad una profondità quasi mai raggiunta nella storia. Attraverso una geniale strategia, con la partecipazione di complici in Russia e contando sulle stesse linee di comunicazione russe (la rete mobile LTE) centinaia di droni preconfezionati e allestiti all'interno di Tir sparsi nelle vicinanze di diverse basi aeree russe sono stati azionati simultaneamente e hanno raggiunto i bombardieri strategici russi parcheggiati sulle piste degli aeroporti Olenya e Belaya. Ciò, ha provocato danni da centinaia di milioni all'aviazione russa, ha messo in luce fragilità e negligenze russe, ha mostrato la capacità ucraina di poter colpire praticamente ovunque. Dopodiché, ci sono le fake.
Una valanga.
L'uso dell'IA (balla).
La distruzione del 34% di tutto il potenziale aereo strategico russo (balla colossale).
La comunicazione preventiva avvenuta tra Kiev e Washington (smentita da tutti).
La risposta nucleare russa.
La verità è che, video alla mano pubblicati integralmente e giustamente dall'SBU, mostrano il danneggiamento parziale o totale CERTO di:
▪️ 5 vettori missilistici strategici Tu-95MS
▪️ 2 bombardieri a lungo raggio Tu-22M3
▪️ 1 An-12 da trasporto militare
Ora, non c'è prova dell'esistenza di ben 41 bombardieri distrutti, sebbene tutti i quotidiani ribattano compulsivamente questa velina non verificata in alcun modo.
In totale l'aviazione strategica russa conta(va) 58 Tu-95, 19 Tu-160 e 55 Tu-22.
Fate di conto: pur avendone perduti certamente 7 (e non tutti in modo irreparabile) la percentuale di perdite equivale al 6,5%.
Poco?
Macché, è un'enormità!
Ma perché dover credere alle balle quando la realtà è già di per sé grave?
Inoltre, questa perdita quanto influirà sulla capacità russa di colpire l'Ucraina con attacchi aerei? Zero.
Zero!
I Tu-95 che colpiscono l'Ucraina sono armati perlopiù con missili da crociera X-101. Ognuno di questi aerei ne può trasportare contemporaneamente 8.
Negli ultimi raid non sono stati lanciati più di 40 di questi missili contemporaneamente.
Sicché, di vettori pee condurre attacchi analoghi ne basterebbero 6 combat ready.
Invece ce ne sono ancoea 53.
E tra l'altro, il Tu-160 al momento non prende nemmeno parte agli attacchi.
Quindi insomma, parlare di Pearl Harbor russa è da dementi.
Ciò detto, una vulnerabilità del genere persino per quanto riguarda l'aviazione strategica per i russi è un problemone. Stante che altri attacchi siano stati sventati, non avere abbastanza hangar in una fase simile della guerra è qualcosa di davvero anacronistico.
L'attacco, magistrale, ha permesso all'Ucraina di ottenere un altro effetto: distogliere l'attenzione mediatica e politica dai sabotaggi condotti poche ore prima delle Regioni di Kursk e Bryansk, con due ponti fatti saltare in aria.
Si tratta di infrastrutture civili, il cui crollo ha provocato la morte di almeno 7 persone che stavano semplicemente transitando in treno in quel momento. Ciò rende ancora più fluido il concetto di "obiettivi legittimi" per entrambi gli eserciti, anche se si tende a considerare demenzialmente gli attacchi ucraini sempre legittimi e quelli russi sempre terroristici.
Quello di oggi, e altri milioni di esempi, dimostrano che non sia così. E, di conseguenza, nella rappresaglia ovvia che arriverà e in generale negli attacchi russi che prenderanno di mira infrastrutture logistiche ciò andrà considerato.
Terza questione: cosa farà Putin?
Teoricamente, la dottrina nucleare russa prevede la possibilità di usare l'atomica in caso di attacchi alle capacità di deterrenza strategica del Paese. Quindi, in buona sostanza, Putin potrebbe avere il diritto di premere il bottone rosso.
Lo farà? È facile ipotizzare di no.
Usare l'arma nucleare significherebbe perdere la guerra sotto tutti i punti di vista, per ciò che innescherebbe dopo. Kiev lo sa, e per questo conduce comunque attacchi simili.
Ma non solo, perché oltre a non poter usare l'atomica, Putin non può nemmeno far saltare il banco negoziale a Istanbul, col secondo round di colloqui in programma domani e la delegazione russa che, non a caso, è comunque partita.
Perché l'attacco di oggi per l'Ucraina vuol dire:
1) poter cementificare la posizione dei suoi alleati nel caso la Russia si tirasse indietro;
2) poter addurre condizioni più vantaggiose nel caso la Russia non dovesse tirarsi indietro.
Per Mosca, invece, che quei negoziati li ha sponsorizzati per prima, l'unica strategia possibile è far finta di nulla e continuare come se niente fosse a trattare partendo dalle stesse posizioni dello scorso round.
Potendo però, nel frattempo, intensificare la propria azione militare senza che nelle stanze dei bottoni troppi leader "realisti" possano biasimare più di tanto il Cremlino.
Insomma, l'Ucraina può cantare vittoria per il suo attacco. La Russia, invece, deve ammorbidire per l'ennesima volta il proprio concetto di "linea invalicabile" perché perdere la pazienza vorrebbe dire doppio danno.