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Per una transizione eco-antropologica

di Massimo Maraviglia - 18/02/2022

Per una transizione eco-antropologica

Fonte: Vendemmie tardive

Che cosa significa natura? La parola natura viene dal latino “natus” cui si aggiunge il suffisso “urus” tipico del participio futuro. Il dizionario etimologico traduce quindi letteralmente “quella che è per nascere”, cioè concettualmente “la forza che genera”. Tale forza possiamo anche chiamare “spontaneità”, in contrapposizione con tutto ciò che è “artificio”, infatti ciò che è generato per natura, nasce secondo leggi interne senza che sia necessario l’intervento di un’arte, cioè di una tecnica propria dell’uomo. Aristotele contrappone alla spontaneità naturale un’operazione che egli indica con la locuzione “per violenza”. Si dà violenza quando alla forza naturale si oppone una forza contraria che impedisce alla potenza della natura di portare a compimento la sua opera.
La tradizione cristiana, dal canto suo, individua nella natura una creazione divina originariamente qualificata come buona (“…e vide che era cosa buona”, ripetuto in Gen 1 per sette volte, alla fine di ogni atto creativo di Dio). In ciò i cristiani si sono sempre opposti alle tentazioni spiritualistiche che tendevano, sulla scorta di Platone e dei miti orientali fusi e mescolati nelle tradizioni cosiddette “gnostiche”, a svalutare il creato, la materia, la carne, il mondo per esaltare uno spirito disincarnato, puro e unilateralmente trascendente.
Allora, riassumendo, si può dire che il mondo naturale è la buona spontaneità delle cose che si offrono al nostro sguardo in un loro certa integrità. E com’è il nostro sguardo “per natura”? Rispondiamo con un concetto che proviene dalla riflessione di un giovane genio del Rinascimento, Pico della Mirandola: la nostra natura è quella di non avere una natura determinata da leggi inflessibili, ma di essere costitutivamente liberi di progettarci nel mondo. In effetti per tale motivo Dio avrebbe posto l’intera creazione al cospetto dell’uomo perché la dominasse.
Due sono le modalità con cui si può intendere il simbolo biblico del dominio. Secondo la prima Dio ci avrebbe detto di fare quello che vogliamo, intendendo che la natura non conta e che dunque la nostra è una libertà indifferente a tutto e a tutti. Da tale prospettiva nasce una particolare ýbris (tracotanza) tecnologica che considera la realtà che noi incontriamo per natura come una sorta di materiale a disposizione perché noi liberamente esercitiamo la nostra violenza. Nella seconda noi saremmo oggetto di una custodia, di un affido, per trarre dalla natura il buono come una levatrice trae dalla madre il figlio, aiutando la natura nel suo atto generativo.
Ora l’ecologia, se rettamente intesa, vorrebbe riportare la civiltà dalla prima alla seconda opzione, dopo l’ubriacatura del progresso e dell’industrialismo otto-novecentesco, che ha mantenuto solo in minima parte le sue promesse di emancipazione e felicità, provocando invece con le sue indiscriminate aggressioni serissimi danni all’uomo e al creato.
È tuttavia strano che qualcuno, mentre inalbera la bandiera dell’ecologia, intenda distruggere la natura dell’uomo, ritorcendo contro il suo corpo, la sua vita, il suo essere una libertà divenuta indifferente al suo stesso destino e alla sua stessa ragione. Non c’è più maschio né femmina, non c’è più padre né madre, i figli si uccidono nel ventre delle madri se conviene, la vita finisce quando si vuole, si clona, si manipola quando pare e piace… tutto ciò che si può fare è perciò stesso lecito fare.
Ma anche l’uomo è come la foresta amazzonica. La sua libertà è incarnata in una natura, il suo bene è latente nel suo essere, va aiutato a fiorire, non fatto morire con una manipolazione infinita. Sarebbe come trasformare l’Amazzonia in un grande parcheggio, sarebbe come una grande colata di cemento che produce una violenza inaudita sulla bontà del creato.
Allora se di transizione ecologica bisogna parlare per dare il giusto orientamento al rapporto uomo-natura, lo stesso bisogna fare per il rapporto dell’uomo con la sua natura. Perché la volontà di potenza dell’uomo su se stesso non trasformi la sua naturale libertà nell’innaturale violenza di una seduzione maligna: sarete come Dio. Solo una transizione eco-antropologica può preservare l’essere umano e l’intera sua civiltà dalle tentazioni di un’onnipotenza che getta calce viva sulla carne, sui corpi e sulle menti umiliando radicalmente la loro naturale bellezza.