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Servi del potere, lobbisti del web

di Andrea Cangini - 04/08/2020

Servi del potere, lobbisti del web

Fonte: Andrea Cangini

Non c’è potere o establishment che non sia stato additato dal Movimento 5stelle come nemico del popolo e in nome del popolo minacciato di resa dei conti non appena giunti al governo: dalle banche alle assicurazioni, dalle istituzioni europee ai monopolisti italiani, dai manager di Stato ai sindacati, dagli Stati Uniti alla Germania, dal Vaticano alla Rai, dai militari ai giornalisti, dalle alte burocrazie pubbliche alle massonerie...
Due anni di governo sono sufficienti per dire con matematica certezza che nella maggior parte dei casi i grillini hanno preferito evitare lo scontro, nei casi restanti lo hanno al più presto sospeso. Dirà il lettore se si tratti di pacifismo ghandiano, di maturità politica o di furbizia italica. Certo è che se ancora oggi il Movimento 5stelle fatica ad integrarsi nel “sistema” non è perché non lo desideri, ma perché viene giudicato inaffidabile.
C’è solo un potere che i grillini non hanno messo all’indice né ieri, né oggi. Si tratta del più gigantesco potere globale mai visto, un potere monopolista dotato di una pervasività lobbistica senza precedenti. Un potere che controlla l’informazione e le informazioni, che altera i naturali processi democratici, che condiziona i governi, che “droga” i giovani, che fa commercio della nostra privacy e stila dettagliati dossier su ogni cittadino. Un potere colossale nelle mani di un pugno di uomini che eludono sistematicamente il fisco e distruggono molti più posti di lavoro di quanti non ne creino.
È il potere dei colossi del web, i nuovi “poteri forti”. Uomini come Jeff Bezos (Amazon), Tim Cook (Apple), Sundar Pichai (Google) e Mark Zuckerberg (Facebook), che, in barba alla rettorica sulle diseguaglianze, vantano patrimoni personali nell’ordine delle centinaia di miliardi di dollari e guidano aziende che messe assieme valgono più dei Pil di Germania, Francia e Italia sommati.
Difficile pensare un bersaglio più coerente con la retorica grillina, soprattutto in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo. E invece niente: non una parola, non un atto politico, non una perentoria richiesta di assunzione di responsabilità.
Nel fuoco della recessione più spaventosa di sempre, in Francia e in Germania si discute di come recuperare gettito dai colossi del web, mentre il Congresso americano li ha messi fisicamente alla sbarra con l’accusa di attività anti concorrenziale. Il governo italiano non ha fatto nulla, neanche una parola. Neppure ora, neanche nel pieno della crisi, a fronte di fatturati cresciuti del 30% mentre nell’Italia reale si perdevano 752mila posti di lavoro. Posti di lavoro persi in parte anche a causa del web. Mai sentiti Di Maio o Di Battista intimare a Facebook e soci di pagare le tasse. Mai visti gli eurodeputati grillini battersi per la multa da 4 miliardi imposta dalla Commissione europea a Google. Solo marchette, come sul diritto d’autore e sul commercio on-line.
È la solita acquiescenza o si tratta invece di corrività? Non disturbano il manovratore per non mettersi contro la lobby più potente del mondo o perché ne condividono gli interessi? Domanda retorica, essendo il Movimento 5stelle creatura della Casaleggio Associati. Di una società privata, cioè, che al web deve i propri profitti. E i cui profitti sono in crescita esponenziale da quando il Movimento 5stelle è al governo.