Sulla possibilità di guerra civile in Europa
di Riccardo Paccosi - 26/08/2025
Fonte: Riccardo Paccosi
Non solo nei canali a vario titolo alternativi, ma anche nelle testate specializzate e in quelle mainstream, si sta discutendo dell'eventualità di guerra civile in Europa e, in particolar modo, in Gran Bretagna.
Le ragioni del consolidarsi di tale ipotesi, risiedono nella crisi economica e nell'immigrazione illimitata.
Quest'ultima, oggi, non implica più soltanto problematiche di economia politica quali l'utilizzo padronale di un esercito industriale di riserva e il dumping salariale, ma riguarda anche e soprattutto l'antropologia culturale ovvero il fallimento totale del paradigma "multiculturale" e il conseguente materializzarsi d'una crisi di civiltà in seno ai paesi occidentali.
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Ad aggravare la situazione è l'evidenza del fatto che le èlite non intendano affatto riequilibrare gli indirizzi finora perseguiti, bensì auspichino di aumentare esponenzialmente intensità e portata dei flussi migratori.
Solo nella giornata di ieri, per esempio, mentre il cancelliere tedeco Merz annunciava la fine del welfare state europeo, la presidente della BCE Christine Lagarde ha parlato della necessità di aumentare ulteriormente l'immigrazione al fine di contrastare la crisi demografica del continente.
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L'ingresso illimitato di immigrati, sta portando alla cancellazione della memoria collettiva, come nel caso della Gran Bretagna dove in alcune scuole è stato vietato l'Union Jack per non turbare i nuovi arrivati.
La cancellazione della memoria ha dissolto ogni legame sociale, ogni prospettiva di avvenire condivisa, e ha portato all'esasperazione dell'intolleranza e a manifestazioni sempre più frequenti di violenza nelle strade.
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La posizione storica del campo progressista - favorevole all'assenza di qualsivoglia limite per l'immigrazione e totalmente negazionista riguardo ai costi sociali di tale fenomeno - ha fatto sì che la reazione dei ceti proletari contro le politiche d'immigrazione venisse cavalcata dalla destra e che quindi il potere politico, dopo aver stigmatizzato le proteste come "fasciste", scatenasse una repressione che, nel caso della Gran Bretagna, ha addirittura implicato l'istituzione del reato d'opinione (con tanto di arresti e mesi di carcerazione per semplici post di dissenso sui social).
La posizione storica della destra, parimenti, è da sempre volta esclusivamente contro i clandestini al fine di non mettere in discussione il fenomeno principale, ovvero l'immigrazione da lavoro.
Nel caso della destra italiana al governo, infatti, il tema dei clandestini ha consentito di sviare l'attenzione dell'opinione pubblica dal fatto che Meloni e soci si siano sottomessi al volere di Confindustria e abbiano firmato un decreto flussi che prevede, per l'Italia, 150.000 ingressi all'anno nei prossimi tre anni.
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La situazione della convivenza fra nativi e immigrati risulta oggi esplosiva in Gran Bretagna, Olanda, Irlanda, Svezia, Francia e perfino Spagna.
Malgrado il diffondersi del dibattito sull'argomento, però, la possibilità che tale situazione evolva in guerra civile appare altamente improbabile.
Il concetto di guerra civile, infatti, non riguarda solo la rottura del patto fra società e istituzioni (irreversibilmente spezzatosi dal tempo in quasi tutti i paesi dell'Europa occidentale), né i soli conflitti interetnici-interculturali.
Si può parlare di guerra civile, invece, quando il conflitto non è solo orizzontale fra gruppi e organizzazioni di cittadini, ma quando esso risulta altresì verticale, ovvero quando investe la coesione interna delle forze dell'ordine e delle forze armate.
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Pensare che i regimi europei oggi possano essere investiti da un'implosione sistemica senza spargimento di sangue come quella accaduta ai paesi del Patto di Varsavia nel 1989, risulterebbe al momento pura fantasia.
Parimenti, pensare che i popoli possano esercitare da soli un qualche tipo di potenza insurrezionale capace di capovolgere i rapporti di forza, sarebbe puro velleitarismo scollegato dalla realtà. Pertanto è impossibile, in questa fase, concepire un cambiamento che non implichi frattura all'interno di quelle istituzioni che garantiscono alla classe dominante il monopolio della forza, ovvero Polizia ed Esercito.
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Dal momento che una frattura siffatta non appare all'orizzonte di alcun paese europeo, è probabile dunque che assisteremo piuttosto a un conflitto interetnico con pogrom e guerriglia urbana, che vedrà la working class contraria all'immigrazionismo venire sostenuta strumentalmente dalla destra politica mentre, intenti a contrastarla, si vedranno i media, i governi nonché le varie reti "antifa" il cui destino - lo si è capito da tempo - potrebbe essere quello di venire utilizzate in funzione di squadrismo anti-operaio e anti-proletario.
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Per scongiurare almeno in parte tale scenario, occorre diffondere un punto di vista autonomo delle classi popolari che ponga un fermo e netto NO all'immigrazione da lavoro, ma che si focalizzi contro i decisori politici anziché contro gli immigrati in quanto tali, che sia nemico tanto di tutto ciò che oggi viene definito destra quanto di tutto ciò che oggi viene definito sinistra.