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Tradizionalismo e Philosophia Perennis: alle radici della sapienza universale

di Francesco Petrone - 08/06/2025

Tradizionalismo e Philosophia Perennis: alle radici della sapienza universale

Fonte: Tota Pulchra

Un viaggio attraverso i pensatori, i luoghi e le visioni spirituali che hanno riscoperto la Tradizione, dalla scuola neoplatonica di Firenze ai colloqui di Eranos.

Molti giovani, vicini ad una determinata area culturale, nella seconda metà del secolo scorso, fecero propri gli insegnamenti di un originale pensatore.
Il fenomeno culturale forse si estese perché in molti avevano smarrito traumaticamente dei punti di riferimento esistenziali e si sentirono orfani di un universo che sembrava precipitato in un buco nero, oltre l’orizzonte degli eventi. Fu un fenomeno di esistenzialismo che prese questa particolare forma.
Quella generazione, non si identificava con la realtà circostante che offriva ben poco, oltre alla mera sopravvivenza. Il fenomeno culturale nacque quando i giovani si avvicinarono ad un autore che nell’anteguerra era rimasto quasi misconosciuto ed era stato tenuto un po’ ai margini del dibattito culturale ufficiale.
Stiamo parlando del pensatore, che si era fatto alfiere del tradizionalismo, di Julius Evola. Un particolarissimo personaggio a cui molti giovani si accostarono come ad un’ancora di salvezza in un’era di rovine morali più che materiali, cercando nel mondo della tradizione un riscatto spirituale più che politico.
L’universo del personaggio che non gradiva farsi chiamare filosofo, ma che ne aveva tutte le caratteristiche, era quello del mondo tradizionale. Non era una forma di conservatorismo come molti hanno frainteso. Consisteva nella ricerca di una dimensione sapienziale ancestrale che fosse comune a tutta l’umanità perché di origine divina.
Evola non era un pensatore solitario, ma faceva parte di una più vasta scuola di pensiero. Forse, ancor più conosciuto di lui, a livello internazionale, era il francese René Guénon che cercò una via iniziatica tramite l’esoterismo islamico, e si trasferì definitivamente al Cairo.
In India abbiamo avuto Ananda Coomaraswamy, un pensatore anglo-indiano alla ricerca della filosofia perenne attraverso la sapienza orientale.
Nella Svizzera tedesca, Frithjof Schuon ed il filosofo Titus Burckhardt anche quest’ultimo convertitosi all’islamismo come via del perennialismo. I suoi studi vertevano sulle forme d’arte tradizionali dato che il mondo della tradizione ci parla anche col linguaggio delle forme.
Un filosofo e scrittore che si era interessato alla filosofia perenne, è stato Aldous Huxley più conosciuto per il suo libro “Il mondo nuovo”, una condanna alla tirannia modernista.
Altri personaggi vicini al mondo del tradizionalismo ma attraverso vie più particolari, sono stati Henri Corbin, con il suo concetto di “mundus imaginalis” un mondo intermedio e lo spagnolo Francisco Elias de Tejada.
Uno studioso abbastanza significativo e stato Francois Masai, storico belga, insegnante nella libera università di Bruxelles, il quale si avvicinò alla dimensione del tradizionalismo attraverso il filosofo neoplatonico Gemisto Pletone che a secoli di distanza ebbe la capacità di coinvolgere e fare innamorare Masai del pensiero del Rinascimento e della Philosophia perennis.
Masai collegò con rigore accademico, questa ricerca metafisica al Rinascimento. Gemisto Pletone era un filosofo neoplatonico, di famiglia aristocratica di Costantinopoli. Visse e operò in un periodo travagliato, in un Impero Romano agonizzante.
Fu a causa di ciò che decise, insieme ad altri filosofi, di fondare una scuola di pensiero nella cittadella spirituale fortificata di Mistra, nei pressi di Sparta, sotto il monte Taigeto, per cercare di recuperare i valori della tradizione della Grecia antica e universali per rinnovare la spiritualità dell’impero minacciato dalla valanga islamica.
La sua voleva essere una controffensiva spirituale. Una grande sapienza rischiava di perdersi definitivamente. Già molti filosofi greci in quel periodo erano fuggiti in Italia con i loro preziosi manoscritti di testi antichi perché non andassero perduti. Questo fatto dette un maggior impulso all’Umanesimo in Italia.
Nella seconda parte del Concilio di Ferrara, che si tenne a Firenze, Pletone che era al seguito dell’imperatore d’Oriente Giovanni VIII, insieme ad altri filosofi greci, ebbe modo di avere un proficuo incontro con Cosimo il Vecchio, colto mecenate e appassionato studioso di Platone, il quale fu ulteriormente incoraggiato a realizzare un progetto che coltivava da tempo.
Correvano gli anni 1438 e 1439 e il Concilio fu molto importante perché anche se non comportò la riunificazione delle due anime della cristianità. Fu utile per le idee che furono veicolate.
Infatti nel 1459 a Firenze, Cosimo il Vecchio incaricò il giovane Marsilio Ficino di fondare l’Accademia neoplatonica che ebbe come sede storica la villa Medicea di Careggi.
Intorno al cenacolo si riunirono vari intellettuali, mentre altri ne vennero influenzati anche dall’esterno. Tra i membri troviamo Pico della Mirandola, Cristoforo Landino, Nicola Cusano, Leon Battista Alberti, Agnolo Poliziano, Giuliano de Medici e Lorenzo il Magnifico.
Le idee di Pletone influenzarono profondamente l’umanesimo italiano, contribuendo alla nascita di quel fenomeno che in seguito fu definito Rinascimento.
Sarà proprio nell’Accademia che nascerà la “Prisca Teologia” o antica teologia, la dottrina che sosteneva l’esistenza di una originaria teologia universale e di origine divina e non umana e conservata in varie forme e culture, magari deformata e storicizzata, una rivelazione primordiale, avvenuta in un tempo ancestrale, riguardante un’età aurea, quando il contatto fra Dio e uomini non si era ancora interrotto.
Questa tesi, sembrava confermata da studi comparativi di varie religioni. La Prisca religione cercava di identificare il nucleo originario, quello rivelato.
Invece il termine che attualmente ancora usiamo di “filosofia perenne”, venne utilizzato per la prima volta dal teologo agostiniano Agostino Steuco da Gubbio, nella sua opera “De perenni Philosophia” in cui ha trattato di un’antica sapienza presente in tutte le religioni.
C’è da ricordare che quando i turchi occuparono anche Peloponneso, Pletone e tutti i filosofi della scuola erano già tumulati a Mistra. Per timore che quei corpi cadessero in mani indegne, Sigismondo Malatesta da Rimini, signore, uomo d’armi e culture dell’accademia fiorentina, organizzò un colpo di mano con una piccola flotta.
Furono trafugate le salme e operata la traslazione. I corpi furono inumati in avelli ubicati nel Tempio malatestiano, edificato da Leon Battista Alberti, anche lui membro dell’Accademia neoplatonica, dove ancora riposano accanto allo stesso Sigismondo Malatesta.
Tornando a Marsilio Ficino, occorre dire che nel tentativo di ampliare lo spettro delle opere per la comparazione, il filosofo aveva tradotto le opere di Platone dal greco al latino, tradusse inoltre, Plotino, Orfeo, Proclo, Esiodo, Omero ed il Corpus Hermeticum, oltre gli oracoli caldaici.
Chiaramente nella ricerca della teologia Prisca, fu rivalutata molta spiritualità classica ed è da questo fatto che ebbe origine il gusto per il mondo classico ed i suoi miti nel Rinascimento. Questi studi dettero origine ad una vera filosofia o teologia originale.
Del Rinascimento conosciamo prevalentemente la parte artistica più della spiritualità. Un interesse del Rinascimento da un punto di vista prevalentemente della religiosità, lo ha avuto ai giorni nostri, lo storico delle religioni romeno Ioan Petru Culianu, colui a cui era succeduto alla cattedra che fu di Mircea Eliade, il quale ha analizzato la religiosità e la metafisica, il magismo di quel fausto periodo.
Infatti in quegli anni lontani non furono solo studiati dei miti del passato ma si concepì un autentico sistema metafisico. Venne concepito un creatore al di fuori del creato, ma che al contempo viveva nell’universo stesso e di conseguenza anche in ogni uomo e in ogni creatura.
Era una visione che aveva dei punti di contatto con la metafisica del mistico tedesco medioevale Meister Eckhart e con la mistica orientale.
Marsilio Ficino per descrivere la posizione dell’uomo nel creato utilizzò il termine copula mundi per indicare la caratteristica dell’anima che sarebbe al centro dell’universo in quanto legame tra la sostanza materiale e Dio, fra il creatore ed il creato.
Un Dio immanente risacralizza la materia ponte fra due dimensioni.
Con la fine del Rinascimento, determinate idee sopravvivono in altri filosofi in epoche successive. Una metafisica di tipo rinascimentale era anche quella di Giordano Bruno, come anche quella del filosofo Spinoza che visse in epoca cartesiana. Anche il filosofo Schelling teorizza un Dio immanente, presente nel cosmo.
Questo concetto ha molti punti in contatto anche con la Natura concepita da Wolfgang Goethe.
Nel 1700 un altro filosofo, Leibniz, non si limiterà a riprendere determinate teorie ma parlerà espressamente di filosofia perenne.
Il termine “tradizionale” ebbe la sua apparizione nel XIX secolo con la nascita del mito di Roma. Anche se per molti fu solo un modo retorico per propagandare l’italianità, il Risorgimento e la Roma laica capitale, per altri ebbe un valore quasi mistico.
Tra questi il noto archeologo Giacomo Boni, famoso per le due importanti scoperte. Si era trasferito per vivere vicino ai suoi scavi, ai Fori.
Disse “Vivendo nel Foro sentì nascere in me l’intimità con le pietre che a prima vista paiono mute e indifferenti”. Boni riportò alla luce il Tempio di Vesta, la Fonte di Giuturna, il sito del Lapis niger.
Riguardo alla Tomba di Romolo Boni scrisse: “Per giungere alla tomba di Romolo parmindi aver navigato in altro mare(…)Qualificano la mia fede come una allucinazione, mi dileggiavano come il medium archeologico del Foro romano(…)monumenti che amo più di me stesso”.
Questo per fare capire il nuovo misticismo che era nato col Mito di Roma e col Movimento tradizionalista Romano. Probabilmente furono queste le radici del revival del tradizionalismo novecentesco.
Nel Novecento abbiamo avuto il caso dello studioso Walter Friedrich Otto il quale non si oppone totalmente alla propria epoca come gli altri tradizionalisti. Lo studioso aveva cercato, attraverso le sue interpretazioni filosofiche, di attualizzare lo spirito del mondo classico.
Pur avendo uno spirito molto diverso da quello del tradizionalismo ma con alcuni punti simili alla prima filosofia perenne, vanno citati i colloqui di Eranos che si svolgono ad Ascona, in Svizzera.
Qui da quasi un secolo si ritrovano studiosi internazionali di fama in un “banchetto” di spiritualità.
Eranos infatti significa banchetto come nel mondo latino erano indicati i coena collaticia, in cui ogni ospite portava qualcosa. Anche ad Ascona ognuno porta il suo sapere relativo alla spiritualità, ai miti, alle religioni.
Il sapere viene comparato, come avveniva nella Firenze dell’Accademia, senza ostilità verso il mondo attuale, solo per una ricerca che sembra non avere fine.
Questi colloqui vennero iniziati nel 1933 da Olga Frobe-Kapteyn ispirata dal teologo Rudolf Otto.
Vi hanno partecipato varie personalità con interessanti relazioni e fra queste in vari decenni abbiamo visto Carl Gustav Jung, Mircea Eliade, Karoly Kerenyi, Erich Neumann, Karl Lowith, Joseph Campbell, Henri Corbin, James Hillman e moltissimi altri.
Unica differenza non da poco, Marsilio Ficino arrivò a concepire una diversa natura di Dio, mentre questi studiosi sembra desiderino solo fare una relazione.