Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Un bavaglio per Alain de Benoist

Un bavaglio per Alain de Benoist

di Andrea Scaraglino - 07/02/2018

Un bavaglio per Alain de Benoist

Fonte: L'intellettuale dissidente

La pochezza di certi ambienti è malcelata sotto ipocrite spoglie culturali. La difficoltà al confronto, soprattutto nei casi in cui è presente una controparte più che preparata, un clichèconsolidato. A pagare le conseguenze di tutto ciò, negli ultimi giorni, è stato Alain De Benoist. Lo scrittore e filosofo d’oltralpe si è visto infatti revocare l’invito a partecipare al ciclo di conferenze organizzato dalla fondazione Giangiacomo Feltrinelli sull’evoluzione della dicotomia politica per eccellenza: destra/sinistra.

Con una mail, Spartaco Puttini della fondazione Feltrinelli, ha dovuto fare marcia indietro ed annullare l’incontro del prossimo 13 febbraio :perché la contestuale campagna elettorale italiana potrebbe fornire degli argomenti speciosi e la nostra ferma volontà di confronto intellettuale potrebbe essere mal compresa e perciò oggetto di strumentalizzazione”.

Coda di paglia in casa Feltrinelli, anche e soprattutto perché la strumentalizzazione c’è già stata e della più becera in circolazione. Difatti una ventina di “studiosi” delle destre e delle estreme destre hanno firmato una petizione indirizzata alla fondazione per denunciare la presenza di quella controparte preparata di cui sopra. Tra le varie amenità inanellate in questa lettera sfogo possiamo leggere: … ad accomunare attori molto diversi come de Benoist e Philippot è il “nativismo”, una visione del mondo secondo la quale gli stati dovrebbero essere abitati solo da “nativi” e, dunque, ogni persona (o idea) diversa sarebbe problematica per la sopravvivenza delle comunità nazionali. Una visione così omogenea ed escludente della società è in contraddizione con il pluralismo che caratterizza la democrazia.” O ancora: L’estrema destra gioca da sempre sulla confusione tra destra e sinistra e pensare di “confrontarsi” su questo con de Benoist non rischiara alcunché. Anzi, aggiunge soltanto altra confusione e contemporaneamente legittima la loro strategia. Per noi, si tratta di un grave segno di regressione democratica.”

Insomma l’unica democrazia possibile è quella indicata dal pensiero unico antifascista. Un pensiero che impone, indirizza e castra il dibattito politico italiano. In totale assenza di fascismo, nella panacea del pensiero capitalista e materialista si continua a gridare ai quattro venti il pericolo fascista. Il modo migliore per zittire voci autorevoli ma fuori dal coro, il modo migliore per continuare a mentire senza il “problema” di essere contraddetti.

E se la banalità delle argomentazioni degli “studiosi” delle destre e delle estreme destre non dovesse bastare a dissolvere le nebbie del politicamente corretto lasciamo la parola a chi vigliaccamente è stato zittitodall’ennesimo rigurgito antifascista, sperando di dimostrare dove l’inconsistenza alberga veramente:

..I partiti politici specializzati nella denuncia anti-immigratoria non sono nient’altro che partiti demagogici piccolo-borghesi, che cercano di capitalizzare sulle paure e sulle miserie del mondo attuale praticando la politica del capro espiatorio. L’esperienza storica ci ha mostrato verso cosa conducono tali flautisti! Bisogna adesso distinguere l’immigrazione e gli immigrati. L’immigrazione è un fenomeno negativo, in quanto è lei stessa il frutto della miseria e della necessità, e i seri problemi che pone sono ben conosciuti. È quindi necessario cercare, se non di sopprimerla, almeno di rimuovere il carattere troppo rapido e troppo massiccio che la caratterizza attualmente. È chiaramente evidente che non risolveremo i problemi del Terzo mondo invitando i suoi popoli a venire ad installarsi in massa nei paesi occidentali! Nello stesso tempo, bisogna avere uno sguardo più globale dei problemi. Credere che è l’immigrazione a minacciare principalmente l’identità collettiva del paese d’accoglienza è un errore. Ciò che minaccia le identità collettiva, è innanzitutto il tipo di esistenza che prevale oggi nei paesi occidentali e che rischia di estendersi progressivamente al mondo intero. Non è colpa degli immigrati se gli Europei non sono più capaci di dare al mondo l’esempio di un modo di vita che sia loro! L’immigrazione, da questo punto di vista, è una conseguenza prima di essere un causa: costituisce un problema perché, di fronte a degli immigrati che hanno spesso saputo conservare le loro tradizioni, gli Occidentali hanno già scelto di rinunciare alle loro”.