Ursula von der Leyen promette più guerra, censura e centralizzazione
di Thomas Fazi - 10/09/2025
Fonte: Giubbe rosse
Il discorso sullo stato dell’Unione di Ursula von der Leyen del 2025 non ha riservato grandi sorprese. È stato il solito mix di promesse vuote, gergo tecnocratico e atteggiamenti morali ipocriti che sono il suo marchio di fabbrica. In altre parole, sempre la stessa cosa.
Pronunciato nel consueto registro orwelliano, il discorso era pieno di parole come libertà, pace, prosperità e indipendenza, anche se l’UE continua a perseguire politiche che minano tutti questi valori, spingendo per la guerra e la militarizzazione, reprimendo la libertà di parola, sabotando le economie europee con politiche energetiche e commerciali controproducenti e subordinando ulteriormente il continente all’agenda strategica di Washington.
Come previsto, la von der Leyen ha iniziato con la Russia, la principale ossessione di Bruxelles. “L’Europa è in lotta. Una lotta per un continente unito e in pace… una lotta per il nostro futuro”, ha dichiarato, annunciando un nuovo “Semestre europeo della difesa” e una “tabella di marcia chiara” per la preparazione alla difesa entro il 2030, sottolineando al contempo l’impegno incrollabile dell’Unione nei confronti della NATO. Stava di fatto annunciando che gli europei dovrebbero prepararsi a un futuro caratterizzato da una militarizzazione permanente, che include un “muro di droni” lungo il fianco orientale dell’UE e la sorveglianza spaziale in tempo reale, in modo che “nessun movimento di forze passi inosservato”. Ha inoltre promesso un programma “Qualitative Military Edge” per l’Ucraina e una “Drone Alliance” con Kiev, finanziata da un controverso “Prestito per la ricostruzione” garantito dai profitti derivanti dai beni russi congelati.
La von der Leyen si è poi rivolta a Israele e Gaza. Nonostante le prove schiaccianti di atrocità – tra cui quello che importanti istituzioni umanitarie ed esperti di genocidio hanno definito genocidio – l’UE non ha sospeso alcun trattato commerciale o di cooperazione con Israele, né tantomeno imposto sanzioni. Il contrasto con la sua reazione all’invasione russa dell’Ucraina non potrebbe essere più netto.
Nel tentativo di salvare la propria credibilità, la von der Leyen ha annunciato che la Commissione avrebbe “sospeso il nostro sostegno bilaterale a Israele” e ha proposto sanzioni contro “ministri estremisti e coloni violenti”, insieme a una sospensione parziale dell’Accordo di Associazione. Ma prendendo di mira solo attori di basso livello e proponendo misure che richiedevano l’approvazione unanime degli Stati membri – cosa pressoché impossibile – questo non è stato altro che una foglia di fico per proteggere la sua proclamata, salda alleanza con Israele.
L’agenda dell’allargamento è tornata al centro dell’attenzione. “Ucraina, Moldavia, Balcani occidentali: il loro futuro è nella nostra Unione”, ha dichiarato, sottolineando l’incessante spinta espansionistica dell’UE.
In materia di economia, il discorso è sprofondato nella fantasia. La von der Leyen ha promesso un Fondo Scaleup Europe per le start-up, Gigafactory per l’intelligenza artificiale, un pacchetto di incentivi per le batterie e un Industrial Accelerator Act, tutti volti, ha detto, a rendere l’UE leader nel campo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale. Il discorso dell’anno scorso era pieno di promesse simili, ma quasi nessuna si è concretizzata, come ha osservato Politico.
Affrontando uno dei principali problemi che grava sia sull’industria che sulle famiglie europee – gli elevati prezzi dell’energia – von der Leyen ha affermato in modo sorprendente che questi erano causati dalla “dipendenza dai combustibili fossili russi”, piuttosto che dalla decisione dell’UE di escludere il gas russo a prezzi accessibili e sostituirlo con il GNL americano, molto più costoso. Ha poi aggravato questa distorsione insistendo sul fatto che “l’Europa è sulla strada dell’indipendenza energetica”, quando in realtà il continente ha semplicemente barattato la vicinanza con la distanza, diventando ancora più dipendente dalle importazioni da fornitori lontani ed esposti alla volatilità dei mercati globali.
La von der Leyen ha suscitato forti risate quando ha proclamato che “il futuro delle auto, e le auto del futuro, devono essere prodotte in Europa” – uno slogan vuoto che suonava assurdo sullo sfondo della profonda crisi che sta attraversando l’industria automobilistica europea, in gran parte dovuta alla soffocante regolamentazione dell’UE. Ha persino difeso il recente accordo commerciale UE-USA – ampiamente descritto come una capitolazione – definendolo “il miglior accordo possibile”.
Il discorso ha raggiunto il culmine del surrealismo quando ha presentato una “Strategia europea contro la povertà” per “contribuire a sradicare la povertà entro il 2050”, nonostante il fatto che i tassi di povertà nell’UE siano aumentati da quando ha assunto l’incarico nel 2019, non da ultimo a causa delle sanzioni e delle politiche energetiche promosse dalla stessa Bruxelles.
Ma la parte più inquietante del discorso della von der Leyen è arrivata quando ha parlato di “nuovi strumenti” per far rispettare lo stato di diritto e combattere la “manipolazione dell’informazione” e la “disinformazione”. A tal fine, ha ribadito la necessità di uno “Scudo europeo della democrazia” e di un “Centro europeo per la resilienza democratica” per contrastare la propaganda presumibilmente pericolosa, prevedendo ulteriori repressioni della libertà di parola e criminalizzazione del dissenso, e annunciando al contempo ulteriori campagne di propaganda sponsorizzate dall’UE all’insegna del “sostegno al giornalismo indipendente e all’alfabetizzazione mediatica”.
In definitiva, il discorso sullo Stato dell’Unione del 2025 di von der Leyen non è stato tanto una tabella di marcia per il futuro dell’Europa quanto un catalogo di fallimenti spacciati per trionfi. Come al solito, ha attribuito le difficoltà dell’Europa ai nemici esterni – Russia, Cina, disinformazione – ignorando il vero problema: il modello sovranazionale dell’UE, con i suoi rigidi vincoli politici ed economici. Chiedendo un’ulteriore centralizzazione, inclusa la fine dell’unanimità in settori strategici chiave, von der Leyen ha segnalato la sua intenzione di raddoppiare gli sforzi proprio sulle politiche che hanno indebolito l’Europa. Ciò che ha offerto non è stato un rinnovamento, ma un’Unione sempre più militarizzata, dipendente e autoritaria.
thomasfazi.com — Traduzione a cura di Old Hunter