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I Dico, il bipolarismo e il concetto di normalità

di Carlo Gambescia - 04/04/2007

 

Ci piace ricordare che all'indomani della manifestazione pro-Dico di febbraio, nella romana piazza Farnese, Michele Serra, descrisse “la folla" partecipante, “normale, perfino anonima”. Il che ci trovava e trova assolutamente d'accordo. Purtroppo, come vedremo, il vero problema non concerne la “normalità” di chi sia già favore dei Dico.
Anche il bipolarismo politico viene di solito presentato come “normale" per una democrazia moderna. E da chi? Da noti commentatori politici, non meno importanti di Serra, di tendenza liberal come Polito, direttore del Riformista, o liberalconservatori come Sartori, editorialista del Corriere della Sera. Di qui la loro richiesta di un intervento politico-legistativo, per “normalizzare” la situazione politica italiana.
Non è nostra intenzione formulare alcun giudizio morale e politico sui Dico e sul bipolarismo. Quel che invece ci preme evidenziare è la contraddizione di tipo logico in cui incorrono, probabilmente senza accorgersene, i difensori dei Dico e del bipolarismo. Prima di procedere, dobbiamo però definire il termine “normale”.
Prima distinzione. Esiste una normalità statistica, quella rappresentata dalla curva normale. Che indica una distribuzione di frequenza in cui alcuni fattori (moda, media e mediana) coincidono. Il che indica che la curva è distribuita intorno alla sua media. Parliamo, quindi, di norma numerica.
Seconda distinzione. In termini sociologici normale significa usuale o abituale. Durkheim (uno dei padri della sociologia moderna) descrisse per primo il termine normale come indicativo di una caratteristica comportamentale diffusa, in senso maggioritario, all’interno di un gruppo o di più gruppi sociali. Sotto questo aspetto, il delinquere, pur essendo anormale, dal punto di vista individuale, perché riguarda una minoranza sociale, sarebbe normale da quello della società, dal momento che tutte le società hanno soggetti che delinquono.
Ora, i sostenitori dei Dico e del bipolarismo che cosa sostengono? Che le forme di unione di tipo non matrimoniale e il bipartitismo sono due fenomeni normali. I dati statistici però confermano il contrario. Perché, malgrado siano numerose e bisognose di aiuto, le coppie di fatto, non rappresentano ancora la norma sociale in termini numerici (si veda il nostro post del 12-2-2007). Stesso discorso, per quanto riguarda il bipolarismo: si tratta di una cultura istituzionale, diffusa soprattutto nei paesi di tradizione anglofona, e che perciò non può rappresentare la “norma" numerica. O comunque, lo costituisce solo in quei paesi.
Per farla breve: in entrambi i casi si dà per scontata l’esistenza di una “normalità statistica” che di fatto non sussiste.
Ovviamente, i fautori dei Dico e del bipolarismo, sono liberissimi di invocare il criterio della normalità. Tuttavia - e veniamo al punto - l’uso di questo criterio, che richiede l’esistenza di un comportamento sociale, diffuso o maggioritario, mal si concilia con la pressante richiesta, rivolta alle pubbliche istituzioni, di intervenire per “favorire” la normalità.
La normalità sociale, in quanto “fatto sociale” non si “favorisce” per via legislativa. O c’è o non c’è…
Sarebbe perciò logicamente corretto ( e probabilmente intellettualmente onesto), riconoscere, come alcuni già fanno - passando dal piano quantitativo a quello qualitativo - che i Dico e il bipolarismo, hanno un valore in se stessi , e che quindi possono migliorare il funzionamento delle nostre società. E assumersi così l’onere di una battaglia politica a viso aperto.
Di minoranza, almeno per il momento.