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Mogadiscio, la quiete prima della tempesta

di Matteo Fagotto - 04/04/2007

Torna la calma in città dopo i 400 morti dei giorni scorsi, ma si temono nuovi scontri
Non c'è pace per Mogadiscio, sconvolta la scorsa settimana da quattro giorni di violenze che, secondo una locale organizzazione per i diritti umani, avrebbero provocato 381 vittime solo tra i civili. “La stima non include miliziani e soldati somalo-etiopi, quindi i morti reali sono molti di più - rivela a PeaceReporter il giornalista somalo Abukar Albadri, residente in città - Ora la situazione è calma, ma gli scontri potrebbero riprendere”.

Donne in fuga da MogadiscioFuga. La calma, tornata in città ieri mattina, sembra destinata a essere breve. Oggi pomeriggio si terrà infatti un incontro tra leader dei clan locali e militari etiopi, per tentare di trovare un accordo che ponga fine alle violenze. “La popolazione non è molto ottimista sull'esito – continua Albadri – perché già due settimana fa le parti avevano raggiunto un cessate-il-fuoco, violato però dagli etiopi che avevano tentato di approfittarne per conquistare nuove basi in città. Oggi, i leader dei clan metteranno in chiaro che una tregua è possibile solo se le truppe somalo-etiopi non faranno nuovi scherzi”. Che gli abitanti della città siano scettici è confermato dalla fuga di civili verso le campagne: secondo l'Onu, dallo scorso 21 marzo 47.000 persone avrebbero lasciato Mogadiscio, aggiungendosi alle altre 49.000 scappate in febbraio. “Tutta gente che si deve arrangiare per sopravvivere, visto che nessuna agenzia umanitaria o Ong sta fornendo alcun aiuto”, continua il nostro interlocutore.

Emergenza. Per di più, i fuggitivi sarebbero vittime degli attacchi di criminali, appostatisi fuori città per derubare gli sfollati. “Ci sono notizie di donne stuprate e di continui furti e violenze nei loro confronti”, rivela Albadri. Per chi rimane, la situazione non è migliore. “Alla mancanza di elettricità e acqua negli ultimi giorni si è aggiunta l'emergenza sanitaria – continua il giornalista – perché le centinaia di corpi abbandonati lungo le strade si stanno decomponendo, aumentando il rischio di infezioni e malattie. Ma né il governo di transizione né le truppe dell'Unione Africana, confinate nel porto, nell'aeroporto e vicino al palazzo presidenziale, stanno facendo nulla per risolvere la situazione”.
Per di più c'è il concreto rischio che le truppe etiopi, che tanta parte hanno avuto nello sconfiggere le Corti islamiche, fino a dicembre padrone di Mogadiscio, decidano di arrivare alla resa dei conti con le milizie claniche. “Ieri centinaia di soldati etiopi e di truppe del governo di transizione, provenienti da Baidoa, sono arrivate in città per rinforzare il contingente governativo”. Come a dire che, nei colloqui di oggi pomeriggio, non ci crede nessuno.

Miliziani somaliAlleanze. Le milizie non sembrano intenzionate a cedere il campo, anche perché sfruttano l'alleanza di fatto con gli uomini delle Corti islamiche rimasti in città. “Gli etiopi sono più forti – conferma Albadri – ma le milizie arruolano ogni giorno decine di uomini stanchi di vedere le loro case bombardate indiscriminatamente dai colpi di mortaio. Sia le milizie che le Corti hanno quindi un obiettivo comune: scacciare lo straniero. Ma mentre ai clan non importa sapere cosa verrà dopo, le Corti non transigono su questo, e vogliono un governo non secolare, ma basato sulla sharia (la legge islamica, ndr)”. L'operazione, organizzata dal governo la scorsa settimana per ripulire la città dalle armi dei miliziani e durata tre giorni, si è dimostrata ancora una volta inefficace. Il mix tra formazioni armate, irregolari ma determinate, e un governo fantoccio tenuto in piedi solo dall'impegno etiope si sta trasformando in un cocktail mortale per la città.