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Kafka e l’amico Max

di Franco Volpi - 06/04/2007


Torna l’epistolario tra lo scrittore e Brod con diversi inediti

Ma il loro rapporto, come notò Benjamin scrivendo a Scholem, risultò piuttosto enigmatico
Brod pubblicò i romanzi che Franz gli aveva chiesto di bruciare e divenne il suo primo biografo

Il 23 ottobre 1902 Kafka assistette in un circolo studentesco dell´università tedesca di Praga - dove studiava giurisprudenza - a una conferenza su Schopenhauer di Max Brod, anche lui giovane giurista e letterato di belle speranze. Ne nacque un lungo sodalizio, e alla morte, come si sa, Kafka affidò all´amico i suoi manoscritti con la disposizione di distruggerli. Ma Brod - con una decisione che avrebbe cambiato le sorti della letteratura del Novecento - non rispettò la volontà testamentaria di Kafka. Nel 1925 pubblicò Il processo, nel 1926 Il castello, nel 1927 America. E nel 1939, poco prima che i nazisti arrivassero a Praga, fuggì con il suo tesoro letterario in Palestina, salvando una seconda volta quelle mirabili carte, oggi conservate nella Bodleian Library a Oxford. Brod scrisse anche la prima biografia di Kafka (1937), e intrattenne con lui un fitto carteggio, fonte indispensabile di informazioni. Il lettore italiano, tuttavia, ne conosceva finora soltanto la metà, cioè le missive di Kafka. Una curiosa mutilazione editoriale, giacché un elementare criterio ermeneutico insegna che una lettera non si capisce se non conoscendo quella a cui essa risponde. È dunque un piccolo evento letterario la traduzione dell´intero carteggio curata da Marco Rispoli e Luca Zenobi per Neri Pozza.
Come scriveva Walter Benjamin a Gershom Scholem, l´amicizia tra Kafka e Brod è un «enigma». Del resto, lo stesso Kafka confessava: «A Max non risulto chiaro, e dove gli risulto chiaro, si sbaglia». Effettivamente queste lettere mostrano che la loro amicizia si nutriva, più che di sintonie, di incomprensioni e divergenze. I due hanno per esempio una diversa visione della malattia: Brod esorta l´amico a sopportarla in vista di una speranza, un fine comune più alto; Kafka invece la ritiene inesplicabile e assurda, quasi simbolo di un disagio esistenziale, della discrasia tra la sua condizione di scrittore e la comunità. Tanto da raffigurarla come un male mentale prima ancora che fisico: «Così non si va avanti - ha detto il cervello - e il polmone si è dichiarato pronto ad aiutare». Li divide anche una diversa concezione dell´eros, e della sua sublimazione letteraria. Ma soprattutto l´ebraismo. Influenzato da Martin Buber, Brod è sionista convinto, e la letteratura fa per lui tutt´uno con la sua causa. Invece l´esistenza insulare di scrittore preserva Kafka da ogni impegno e ogni strumentalizzazione della parola. Per lui l´inchiostro è sangue. Il dialogo che ne nasce è asimmetrico, ma scava nel profondo della loro simbiotica esistenza, là dove la letteratura sgorga dalla potenza oscura della vita.

Pubblichiamo una parte inedita del carteggio
Caro Max, da tempo non ero così infelice

Ieri sono stato in un hotel con una prostituta, cercavo un po' di dolcezza
La cosa strana è che tutte le persone sono buone con me

Da "Un altro scrivere" (Neri Pozza, pagg. 448, euro 40) anticipiamo due lettere inedite di Franz Kafka e, in parte, una di Max Brod.

Praga, settembre 1908
Mio caro Max - sono le 12 e 30 di notte, dunque un´ora insolita per scrivere lettere anche quando la notte è così calda come oggi. Nemmeno le falene si avvicinano alla luce.
Dopo gli 8 giorni felici nella selva boema - le farfalle lì volano alte come le rondini da noi - ora sono da 4 giorni a Praga e così inerme. Nessuno mi può soffrire e io non posso soffrire nessuno, ma la seconda cosa è solo la conseguenza della prima; soltanto il tuo libro, che ora finalmente sto leggendo difilato, mi fa bene. Così profondamente infelice, senza una motivazione, non lo ero da tempo. Finché lo leggo mi ci aggrappo, anche se non vuole affatto essere d´aiuto agli infelici; altrimenti devo cercare qualcuno che mi tocchi anche soltanto con dolcezza, ed è una necessità così pressante che ieri sono stato in hotel con una prostituta. E´ troppo vecchia per essere ancora melanconica, solo le dispiace, seppure non la meraviglia, che non si sia così gentili con le prostitute come lo si è in una relazione. Non l´ho consolata, poiché nemmeno lei ha consolato me.
Saluti cordiali a te, tua moglie e a tutti, in particolare a Oskar, cui non ho ancora scritto: nonostante non sussista alcun impedimento, mi decido così difficilmente a scrivere lettere necessariamente pubbliche.
Tuo F.

Merano, fine maggio/inizio giugno 1920
Carissimo Max, cosa hai voluto dire sulle scale - ti ricordi? - con il tuo ultimo desiderio di viaggio? Se lo intendevi come un esame, temo che non lo supererò. Gli esami non mi temprano, quando le prendo non rimango al mio posto, ma corro via e scompaio dietro le botte. Devo essere lieto del fatto di non essere riuscito a sposarmi? Allora sarai divenuto immediatamente ciò che ora sto diventando per gradi: pazzo. Con pause di rinsavimento più e più brevi durante le quali, non io, ma l´altro raccoglie le forze.
La cosa strana sulla quale finalmente potrei porre la mia attenzione, è che tutte le persone nei miei confronti sono oltre misura buone e, se voglio, immediatamente pronte al sacrificio, da quella per me meno significativa a quella più eccelsa. Da ciò ho tratto delle conclusioni sulla natura umana in genere e mi sono sentito ancora più oppresso. Ma probabilmente non è giusto, gli uomini si comportano in questa maniera solo nei confronti di quell´individuo che non riescono in nessun modo ad aiutare.
Un particolare senso dell´olfatto rivela loro la presenza di un caso del genere. Anche nei tuoi confronti Max, molte persone (non tutte) sono buone e pronte al sacrificio, ma tu poi ricambi il mondo in maniera incessante, è una vera e propria partita di giro (per questo tu puoi anche bilanciare umanamente cose che io a malapena posso toccare), io invece non pago niente o almeno non agli uomini.
Franz

Praga, 9-6-1920
Carissimo Franz
(...) Mi scrivi con tristezza. Io però non ti ho risposto per così tanto tempo solo perché ti avrei scritto con ancora maggiore tristezza. Dentro di me c´è un vuoto come non accadeva da anni. La delusione avuta dalla signora di Brno è molto più profonda di quanto non avessi pensato, anche se ho sofferto molto fin dal principio. Quell´enigma tormentoso non mi esce dalla testa. Tutto mi sembra al cospetto così grigio, così poco sincero. Alla nostra età non si può aprire fino in fondo il proprio cuore senza pagarne le conseguenze. Può essere un evento fortunato, e così sembrava nel mio caso. Ma il contraccolpo, quando arriva, ha un effetto spaventoso, addirittura devastante.
Non ho voglia di nulla, e questo proprio adesso quando avrei tempo libero come mai prima d´ora. Comunque il momento peggiore è forse già passato. Nelle ultime due settimane ho di nuovo preso in mano il mio libro teorico e ci lavoro ogni giorno tenacemente, qua e là mi riesce un passaggio, e tutto è già più sopportabile di quei tremendi pomeriggi inoperosi di maggio. In ogni caso mi manchi molto. Non ho nessuno con cui poter parlare di queste cose.
(...) Non potrei scrivere proprio nulla se non sapessi che la prossima settimana sarò a Brno per il nostro congresso politico. Questo mi dà un po´ di coraggio. Forse giungerò ad avere un «sì» o un «no» chiaro, ma non è sicuro, non c´è bisogno che te lo dica.
Paul Adler è stato qua, una volta sono andato a fare una passeggiata con Camill Hoffmann, ho visto il parlamento, ho parlato con Hasenclever, ho scritto su Borchardt: il lavoro va avanti ma dentro si è spalancata una tomba.
Qui è accaduta una storia strana, che ti riferisco almeno per sommi capi. Reiner, un giovane redattore della Tribuna (a quanto si dice in giro, un uomo molto fine e davvero esageratamente giovane, forse di 20 anni), si è avvelenato. Questo avveniva quando tu eri ancora a Praga, credo. Ora si è capito il perché: Willy Haas aveva una relazione con sua moglie (...), una relazione che però dovrebbe essere rimasta su un piano spirituale. Quindi, non è che i due siano stati sorpresi, sul fatto o cose del genere, ma la donna ha tormentato con le proprie parole e con il proprio comportamento il marito, che conosceva già da diversi anni prima del matrimonio, a tal punto che quest´ultimo si è ucciso in redazione.
(...) Non so perché ti ho scritto questa storia crudele. Forse perché noi soffriamo dello stesso demone e quindi la storia è nostra, allo stesso modo in cui noi siamo suoi. Dai tuoi cenni non riesco a figurarmi nulla di preciso. Ma credo soltanto che tu debba guarire, che tu debba diventare fisicamente saldo. Allora sopporterai meglio le cose. E se credi davvero che il problema stia solo in te, non nell´altra che ti ama, riesco a immaginare a fatica quanto bene mi sentirei in una situazione del genere, in cui l´amore mi arriva davvero. Così è stato per tre giorni.
Tuo Max