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Vonnegut, alfiere in scacco

di Stefano Ciavatta - 13/04/2007

   
   

Come vorresti morire? «In un incidente aereo sulla vetta del Kilimangiaro». Non è andata propriamente così, come dichiarò anni fa al Guardian in una intervista, ma a uno scrittore come Kurt Vonnegut, tra i massimi in circolazione, si concede volentieri l’ultima finzione. L’autore di Mattatoio n° 5 e di Ghiaccio nove (entrambi scritti negli anni ’60 di cui Vonnegut divenne l’alfiere, entrambi fuori catalogo fino alla resurrezione recente con Feltrinelli), nonché di commedie, saggi e articoli, è scomparso all’età di 84 anni, come riporta il New York Times.
Era nato a Indianapolis, Indiana, l’11 novembre 1922: una data che in America vuol dire giorno dell’Armistizio della prima guerra mondiale, quando la fanteria a stelle e strisce attraversò per la prima volta il Reno. E che per Vonnegut, acceso e polemicissimo pacifista, sapeva di gustoso paradosso, non senza venature di presagio. Nel ’42 lasciò infatti l’università per arruolarsi nell’esercito. Sbarcò in Europa con la 106° divisione. Venne catturato nel ’44 dai tedeschi e mandato a Dresda a lavorare in una fabbrica farmaceutica, lui che - affrancandosi dalla tradizione di famiglia di architetti - aveva provato senza molta fortuna a compiere studi seri, seguendo le orme chimiche del fratello scienziato. Grazie al riparo insperato di una cella frigorifero di un mattatoio, Vonnegut sopravvisse il 13 febbraio del 1945 al bombardamento che distrusse l'intera città, con una potenza di fuoco sviluppata dai bombardieri inglesi e americani superiore a quella delle bombe atomiche su Nagasaki e Hiroshima.
L’affascinante e barocca Dresda rimase in piedi soltanto nelle cartine geografiche e nei dipinti di Bellotto. E naturalmente nel libro di Vonnegut, quel Slaughterhouse-Five che divenne uno deiclassici della controcultura americana e della satira antimilitarista: Mattatoio n° 5, una storia scritta «alla maniera telegrafico-schizofrenica», si inserisce nel filone aperto nel 1961 da Comma 22 di Heller e proseguito sullo schermo nel 1964 dal Dottor Stranamore di Kubrick. 
Alla narrativa arrivò nel 1950, con la pubblicazione sulla rivista Collier’s del suo primo racconto, Rapporto sull’effetto Barnhouse. Apparve subito la strada giusta, ma nel rispetto del classico copione americano d’antan, Vonnegut fu in precedenza giornalista di cronaca nera a Chicago e addetto alle pubbliche relazioni per la General Electric Company’s, e poi ancora insegnante fino a poter vivere della sua scrittura.
Nel ’52 vide pubblicato il suo primo romanzo, Piano Meccanico, ne scriverà in tutto 14, con esiti diversi, l’ultimo dieci anni fa con cui disse di volersi ritirare come scrittore. Passò dalla fantascienza (o meglio science fiction) alla satira sociale, tanto che Goffredo Fofi, suo grande estimatore, lo ha definito come un «figlio euroamericano incostante di Jonathan Swift e di Mark Twain», sempre con l’occhio buttato a quella storia «come una lista di possibilità», compresi i crimini inutili, assurdi e gratuiti.