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Jules Verne: un'interpretazione

di Francesco Lamendola - 13/04/2007

 

 

 

 

Vogliamo parlare di Jules Verne, di cui ricorre - nel 2005 - il centenario della morte. Ma perché "in'interpretazione"? Premesso che ogni ricerca storiografica - e quindi anche anche quella particolare forma di storiografia che è la storia della letteratura - non può che essere opera d'interpretazione (tanto è vero che ciascuna civiltà letteraria ha espresso la propria valutazione in merito a correnti ed autori, di regola rivedendo e modificando quella della civiltà precedente), il caso di Jules Verne ci sembra particolarmente emblematico delle sviste e degli equivoci in cui può cadere la critica, ogni qual volta si adagia nei propri rassicuranti luoghi comuni. Verne cantore della scienza e della tecnica; Verne profeta positivista e un po' ingenuo delle magnifiche sorti e progressive? O, addirittura, Verne romanziere "facile" e senza ombre, emblematico caso di scrittore "per la gioventù" quanto, se non più, Férencz Mòlnar o Jack London? Verne scrittore senza problema filosofico, senza risvolti socio-politici, senza fermenti d'inquietudine esistenziale, aperto e lineare nella sua scrittura come nel suo messaggio? Vediamo.

Nato a Nantes nel 1828 da un avvocato che lo avvia agli studi di diritto, fin da giovane comincia a manifestare un prepotente interesse per la letteratura e per il teatro. Verso quest'ultimo sembrano orientarsi i suoi esordi di scrittore: nel 1850 viene portata sulle scene (con successo) la sua commedia Le paglie rotte, che gli apre l'assunzione quale segretario  al Théâtre Lirique, per il quale scrive i libretti di diverse operette. Ma in quegli anni prende in lui il sopravvento un nuovo genere letterario, misto di viaggi, avventure, ritrovati tecno-scientifici, humour e spirito filantropico; ed è con questi ingredienti che scrive il romanzo che lo proietta decisamente nei favori del pubblico francese - e mondiale -: Cinq semaines en ballon [Cinque settimane in pallone]. Apparso  a puntate, nel 1863, sul Magasin d'éducation et de récreation dell'editore Hetzel, viene ripubblicato in volume in quello stesso anno e segna praticamente la nascita di quel tipo di narrativa che in lingua francese si chiama roman de la science e in quella inglese - ove ha ricevuto un impulso fondamentale da Herbert George Wells - science-fiction (e si noti che la traduzione italiana "fantascienza" sembra ispirarsi a quest'ultima; ma, in inglese, fiction significa semplicemente romanzo e non cosa fantastica). Da allora e fino al 1911 (cioè sei anni dopo la morte dell'autore) ,Verne "sforna" a ritmo febbrile un libro dopo l'altro: 62 romanzi e 17 racconti, per un totale di 79 opere, che formano la serie ciclopica dei Voyages extraordinaires à travers les mondes connus et inconnus (Viaggi straordinari attraverso i mondi conosciuti e sconosciuti). Ricordiamo almeno i più famosi, e cioè Voyage au centre de la Terre (Viaggio al centro della Terra), del 1864; De la Terre à la Lune (Dalla Terra alla Luna), del 1865; Aventures du capitaine Hatteras (Avventure del capitano Hatteras) del 1866; Les enfants du capitaine Grant (I figli del capitano Grant), una trilogia apparsa fra il 1867 e il 1868; Vingt mille lieues sous les mers (Ventimila leghe sotto i mari), due volumi del 1869-70; Autour de la Lune ( Intorno alla Luna), del 1870; L'ile mystérieuse (L'isola misteriosa), in tre volumi, del 1874; Le tour du monde en quatre-vingts jours (Il giro del mondo in ottanta giorni), del 1873; Michel Strogoff  (Michele Strogoff), in due volumi, del 1876; Mathias Sandorf (Mattia Sandorf), del 1885; Les naufragés du "Johnatan" (I naufraghi del "Johnatan"), uscito postumo nel 1909; L'éternel Adam (L'eterno Adamo), del 1910; L'étonnante aventure de la mission Barsac (La strabiliante avventura della missione Barsac), uscito solo nel 1920. A questi bisogna aggiungere almeno Arcipelago in fiamme (L'Archipel en feu), dedicato alla lotta d'indipendenza dei Greci contro i Turchi; Disavventure di un Cinese in Cina; La sfinge dei ghiacci; Robur il conquistatore; Il faro in capo al mondo (ambientato nell'Isola degli Stati, nella Terra del Fuoco); Il castello dei Carpazi (struggente vicenda di un uomo che non si rassegna alla morte della sposa adorata e la fa "rivivere" mdiante i prodigi di quella che oggi chiameremmo "realtà virtuale"; un romanzo che ha il pathos del mito di Orfeo ed Euridice, la cupa ambientazione transilvanica di Dracula il vampiro e il colpo di scena basato sulla tecnologia più sofisticata); e Un capitano di quindici anni, tipico romanzo di formazione sul modello del Robinson Crusoe, ma più avventuroso e drammatico.

Nel campo della narrativa in cui Verne è divenuto più famoso, cioè la fantascienza, le sue intuizoni sono state veramente notevoli.  Nel romanzo DallaTterra alla Luna ha anticipato la storica missione dell'Apollo del luglio 1969; in Ventimila leghe sotto i mari, il sottomarino atomico Nautilus, che traversò in immersione il mar Glaciale Artico, passando per il Polo Nord, nel 1958; in Roburr il conquistatore, ha creato un antenato dell'elicottero (il cui primo esemplare fu realizzato in Germania nel 1936); sempre in Robur, ha ideato un sistema di comunicazioni via satellite (che verrà realizzato nel 1960 con il nome di Telestar I; ne Il castello dei Carpazi, infine, ha praticamente "inventato" la televisione.

Ma Verne è sato anche un grande creatore di caratteri. Il più affascinante di essi è senza dubbio il mitico capitano Nemo, che è stato definito una estrema incarnazione del perfetto eroe romantico, il quale vaga eternamente per gli oceani nella duplice veste di pietoso soccorritore dei naufraghi e di implacabile persecutore dei malvagi; alla fine de L'isola misteriosa si scoprirrà che egli è un nobile  indiano e che il suo odio implacabile è rivolto principalmente contro gli Inglesi, oppressori della sua patria e distruttori della sua felicità. Ma egli è anche uno scienziato dall'inventiva inesauribile, che ha saputo costruire un sottomarino praticamente indistruttibile, dotato di ogni confort e capace di autonomia pressoché illimitata, poiché non dipende da fonti di energia tradizionale, bensì da quella elettrica. Egli indaga i misteri della natura con lo spirito di un filosofo positivista, che considera il mistero soltanto come quella parte del reale che non è stata ancora illuminata dalla ragione; eppure il suo animo è percorso da possenti moti interiori che smentiscono la gelida apparenza del tecnico perfettamente sicuro di sé e lo avvicinano, piuttosto, al tipico eroe faustiano. Un'altra creazione straordinaria di Verne è la coppia formata dal gentiluomo inglese Phileas Fogg, vera incarnazione della flemma britannica e della razionalità alla Conan Doyle, e del suo devotissimo servitore francese chiamato significativamente Passepartout. Essa è entrata nell'immaginario collettivo dei lettori occidentali con una forza paragonabile a quella della coppia don Chisciotte-Sancho Panza o, più modestamente, di quella Sherlock Holmes-dottor Watson: poiché incarna, a suo modo, valori profondamente sentiti quali la lealtà, l'abnegazione, il coraggio e la gratitudine.

È giusto, comunque, ricordare che non tutta la produzione "maggiore" di Verne si esaurisce nella fantascienza. Nella sua opera trovano posto romanzi di avventura "pura", come I figli del capitano Grant o Un capitano di quindici anni; romanzi a sfondo politico-sociale, non privi di sottintesi libertari e saint-simoniani, come Mathias Sandorf (da cui si aspettava, ma invano, un riconoscimento della critica accademica) e I naufraghi del Johnatan; romanzi in cui l'avventura si coniuga con la vicenda sentimentale, come Michel Strogoff; e altri di soggetto interamente patriottico e risorgimentale, come Arcipelago in fiamme. Un posto a parte merita il bel romanzo Viaggio al centro della Terra, ove non compaiono elementi fantascientifici ma il mistero della natura. Il professor Lidenbrock, di Amburgo, ha trovato una pergamena con un messaggio in caratteri runici che, decifrato, descrive il modo di raggiungere il centro della Terra; talché si mette in viaggio col nipote Axel (l'io narrante della storia) per raggiungere l'Islanda. Infatti, secondo il messaggio misterioso - opera di un alchimista danese del 1500, Arne Saknussen - il cratere del vulcano Vatna Jökull sarebbe l'imbocco della via in questione. Con la guida di un fedele islandese, Hans, zio e nipote iniziano un viaggio avventurosissimo nelle profondità della Terra, scoprendo un favoloso mondo preistorico popolato da animali impressionanti; raggiungeranno la superficie, in seguito a un'eruzione vulcanica, dalla bocca dello Stromboli, nelle isole Eolie.

Amico di personaggi significativi della cultura e dell'arte, Verne risente del clima politicamente "pesante" instaurato a Parigi dal presidente Thiers dopo la sanguinosa repressione della Comune e, dal 1872, decide di stabilirsi definitivamente in provincia - ad Amiens - quella provincia rurale, pacifica e un po' conservatrice che non ama il clima agitato della capitale. Il suo carattere, già portato alla solitudine e alla misantropia, si fa sempre più chiuso, nonostante il matrimonio con una bella vedova, Honorine Devianne - che però, come risulta dai diari, non ne comprende la vocazione di scrittore e non è per lui una compagna di pensiero. Evade, di tanto in tanto, per dei viaggi a bordo dello yacht cheha acquistato coi suoi guadagni di scrittore: Gran Bretagna, Scandinavia, Nord America sono alcune delle sue méte. Nel 1886 un oscuro episodio segna la sua vita, già assai ritirata: un nipote, affetto da disturbi mentali, gli spara un colpo di pistola, ferendolo. Negli ultimi anni il suo pessimismo penetra via via nelle sue opere e ne emerge una visione del mondo, e della scienza, molto più problematica e carica di rischi di quella che caratterizza i primi romanzi. Adesso il cattivo uso che l'uomo può fare della scienza e della tecnica costituisce un grosso interrogativo; dopo aver raggiunto, per mezzo di esse, un dominio sempre più completo sulle forze della natura, l'uomo comincia a rivolgere le sue invenzioni contro se stesso, costruendo armi micidiali che possono mettere in pericolo il suo futuro. Emblematico di questa fase della riflessione di Verne sui risvolti del progresso scientifico è il romanzo I cinquecento milioni della Bégum, apparso nel 1879.

La nobile indiana Bégum Gokool, morendo, ha lasciato una immensa fortuna in eredità a due scienziati,il francese Sarrasin e il tedesco Schulze. Il primo usa la sua quota per realizzare un sogno utopistico: Franceville, una grande città ove la scienza sia utilizzata per assicurare pace e benessere ai suoi abitanti e un rapporto equilibrato e armonioso con la natura; il secondo, invece, edifica Stahlstadt, la Città dell'Acciaio, ove una delirante tecnologia militare consente di costruire armi strapotenti, in grado di distruggere la sua rivale, Franceville appunto. Il dottor Schulze, vero genio della chimica,  progetta e costruisce dei giganteschi cannoni (veri precursori della "Grande Bertha" che, nel 1914 e nel 1918, per due volte terranno sotto il loro tiro Parigi, distante oltre 50 km. dal fronte), caricati con proiettili ad anidride carbonica, capaci di ghiacciare e soffocare ogni essere umano; nonché dei razzi (antenati delle V1 e delle V2 che, verso la fine della seconda guerra mondiale, colpiranno Londra) che provocano incendi a catena. Il fatto che il romanzo si concluda con un lieto fine non deve oscurare il pessimismo implicito nella tesi: si tratta di un apologo agrodolce sul cattivo uso che può esser fatto della tecnologia. Le sue premesse ideologiche erano già implicite nei primi romanzi, quelli permeati da un positivismo fiducioso e ottimistico: basti pensare che Barbicane, il protagonista de Dalla Terra alla Luna, per  vincere la forza di gravità terrestre e spedire un'astronave verso il nostro satellite, si serve di un gigantesco cannone la cui carica esplosiva è data dal fulmicotone. Anche nell'intreccio di tecnologia spaziale e militare, dunque, Verne è stato un buon profeta: è noto, infatti, che i Lunik sovietici e gli Apollo statunitensi altro non erano che delle V2 di seconda generazione.

L'opera più esplicita circa le ambivalenze del progresso è anche una delle meno note, L'ile à hélice (L'isola a elica), del 1895. "Il diaciannovesimo secolo venerava le grandi dimensioni proprio come noi oggi veneriamo le alte voleocità. Gli ingegneri famosi costruivano le più gigantesche navi (la Great Eastern), le più alte strutture (la torre Eiffel), i canali più lunghi (quello di Suez), e i più enormi palazzi per uffici (il grattacielo americano). Così Verne concepì una grande isola di cinque miglia, completamente meccanizzata e in grado di essere guidata intorno al Pacifico. […]

"Verne dotò la sua isola di due porti, di larghe distese di terreno coltivabile, e della popolazione di una fiorente città. La meccanizzata arca di Noé non aveva timoni ed era guidata regolando la velocità delle eliche poppiere e laterali. Si muoveva per il vasto Pacifico per sfruttare al meglio le condizioni climatiche. Qui si presentava l'occasione di realizzare un'utopia cara al suo cuore. L'uomo primitivo aveva vagabondato sulla crosta terrestre più di un milione di anni prima di diventare sedentario. Sulla sua isola a elica Verne poteva essere insieme sedentario e vagabondo.

"L'isola possiede tutte le comodità che l'uomo può desiderare. Agricoltura elettrificata, marciapiedi mobili, televisione, centri culturali e fondi illimitati. Ma la felice colonia di milionari, facoltosi agricoltori, provetti commercianti, scienziati ed artisti, che vivono nel delizioso clima del Paradiso terrestre è infestata da un serpente… la vanità umana.

"I due magnati più ricchi lottano l'uno contro l'altro per essere in cima alla scala sociale. Il sindaco, uomo di buona volontà, cerca, con un matrimonio tra i figli, di riconciliarli, ma come ringraziamento incontrerà solo la morte.

"Nessun uomo moderato riesce a placare l'animosità fra i due rivali che si fa sempre più violenta. La passione che spacca in due fazioni nemiche i cittadini di Amiens [la città ove Verne si era ritirato a vivere] infonde lo stesso veleno nell'isola utopica di Verne fabbricata dagli uomini. La popolazione si divide in due campi avversi e scoppia la guerra civile.

"I due rivali mandano ordini agli ingegneri e predispongono rotte contrastanti senza consultarsi l'uno con l'altro. Le caldaie di dritta scoppiano. Azionata da un motore della forza di 6.000.000 di cavalli l'isola prende a girare su sé stessa e infine va in pezzi. Neppure un ciclone costringe i nemici ad una tregua. Onde martellano l'isola, incrinandone le basi metalliche. Le opere d'ingegneria del porto di Poppea cadono in mare. Lo scafo si frantuma. I sopravvissuti allacciano la sezione rimasta a galla ad un motore ancora funzionante e riprendono frustrati la via del ritorno verso la civiltà, la trappola per topi dalla quale avevano sperato di sfuggire.

"Verne addossa la responsabilità del crollo della sua 'perfetta' utopia alla 'vanità dei turbolenti nababbi di Millard City'. Egli trasse la conclusione che nessuna comunità pianificata e bene organizzata può vincere le perversità della natura umana. Gli uomini di buona volontà non possono nulla di fronte alla pazzia di quelli in malafede impegnati nella fanatica corsa verso il comando. Egli dava così sfogo alla propria amara disillusione. C'è un grido di disperazione in una lettera da lui scritta al fratello: 'Ogni fonte di gioia mi è diventata insopportabile. Ho ricevuto colpi dai quali non ni riprenderò mai più.' "(2)

Ma vi è un altro aspetto della narrativa di Verne che presenta un risvolto inquietante dietro la facciata limpida e apparentemente ingenua. Intendiamo riferirci alla figura dell'eroe adolescente, che ricorre in molti romanzi (da Un capitano di quindici anni, a I figli del capitano Grant, al nipote del professor Lidenbrock, Axel, de Viaggio al centro della Terra) e che è una figura solo esteriormente "solare". In realtà, è stato osservato che questi eroi adolescenti sembrano la proiezione di una tendenza omofila dell'autore, impressione tanto più forte, quanto più l'opera narrativa di Verne scarseggia di personaggi femminili: i quali sono poco attraenti, o decisamente brutti, quando non mancano del tutto (e, per rimediare, alcune versioni cinematografiche le hanno introdotte abusivamente, come ha fatto nel 1959 il regista Henry Levin in Viaggio al centro della Terra, affiancando all'attore James Mason la graziosa Diane Baker): il che vorrà pur dire qualcosa.

"Verne, lastra sensibile - scrive Marc Soriano in Jules Verne (le case Verne) - riflette le contraddizioni della società in cuivive, e vi innesta le proprie. Dalla società borghese che lo circonda, mutua l'idea che la donna, essere inferiore, costituisce l'unico oggetto del desiderio. La sua storia personale lo identifica alla madre, lo porta ad apprezzare la fraternità quasi gemellare di un alter ego; circostanza che lo rende particolarmente permeabile agli stereotipi omosessuali del suo ambiente: fraternità virile degli avventurieri, segregazione dei sessi, esaltazone della macchia vista come il sostituto della donna, l'Eva futura. È  molto probabile che Verne abbia costituito una sorta di campo di battaglia per queste forze antagoniste, sociali e individuali insieme.  Se quest'ipotesi fosse vera, si tratterebbe di un caso tipico di bisessualità, di pulsioni ambivalenti orientate verso i due sessi.

"Ma Verne è sposato a una donna che, a quanto pare, non lo soddisfa sessualmente. È quindi possibile che la tendenza opposta si rafforzi proprio nella misura in cui viene combattuta e colpevolizzata. In questo modo potrebbe spiegarsi la svalorizzazione della donna e la sopravalutazione dell'uomo. […]

"Qualcuno potrà trovare scandaloso che si possa analizzare la pulsione omosessuale  - latente o no - di uno scrittore che continua ad appassionare i giovani. Ciò equivarrebbe a dimenticare che l'infanzia e l'adolescenza  sono classi d'età in cui l'essere assume e fortifica il proprio sesso piscologico; in altre parole, i periodi in cui l'omosessualità latente è più forte.

"Del resto, la riprova di quanto diciamo è il successo  che hanno riportato questi tre romanzi [cioè  Cinque settimane in pallone, Le avventue del capitano Hatteras e Viaggio al centro della Terra]. Se gli eroi verniani non parlassero, a noi e ai nostri figli, di cose importanti e familiari, cioè di quell'inquietante estraneità che separa e unisce ragazzi e ragazze, perché mai adolescenti e adulti dovrebbero continuare a leggerli e a trovarli interessanti?". (2)

Dal punto di vista ideologico, accanto al Verne simpatizzante con la gauche e ammiratore dell'anarchismo (ne I naufraghi del Johnatan compare un seguace di Pëtr Kropotkin, una delle teste pensanti del movimento anarchico di fine Ottocento), esiste anche un Verne che presenta caratteristiche un po' rozze della droite: il razzismo, come in Cinque settimane in pallone, ove si esprimono giudizi poco lusinghieri sui neri (3); antisemitismo, sia in Hector Servadac che in Martin Paz (4); colonialismo, sebbene in questo caso il suo atteggiamento appaia ambivalente.(5) E anche queste sono puntualizzazioni che hanno un preciso significato, riferendosi a uno di quegli scrittori che ogni lettore crede di aver compreso a fondo.

Un ultimo aspetto originale dell'opera di Verne, anch'esso poco visibile a una prima lettura, è quello iniziatico.  Abbiamo visto che il meccanismo narrativo di Viaggio al centro della Terra prende le mosse da un antico manoscritto cifrato  di un alchimista rinascimentale, il quale schiude uno spazio segreto e originale che rimanda ad assi e orientamenti di una geografia occulta (e c'è bisogno di ricordare che l'Islanda, luogo di partenza del viaggio, era probabilmente quell'ultima Thule che tanta parte ha svolto nel mito della genesi del sapere tradizionale, da René Guénon a talune cerchie del cosiddetto "nazismo magico"?). Ebbene queste caratteristiche ricorrono anche in parecchie altre opere del Nostro, tanto da fornire ad esse la fondamentale struttura narrativa. Un piccolo gruppo di uomini (quasi sempre senza donne) si riuniscono per intraprendere un viaggio, sulle orme di un predecessore più o meno misterioso; tutto ciò si può leggere in chiave psicanaltica, come edipica ricerca del Padre (tema che diviene esplicito ne I figli del capitano Grant), ma anche, forse, in chiave alchemico-iniziatica ed esoterica.

Eravamo partiti da un luogo comune - che Verne sia uno scrittore di facile comprensione - e abbiamo scoperto che egli è sempre attuale e interessante perché ci dice assai più cose su noi stessi di quante non ne racconti sulla realtà esterna, sul mondo fantastico dei suoi eroi, delle sue avventure, delle sue macchine prodigiose. E non è forse questa la caratteristica fondamentale dei classici: quella, cioè, di non aver mai finito di dire quel che hanno da dire? Come dei poliedri meravigliosamente sfaccettati, noi li giriamo e rigiriamo fra le dita, li ammiriamo, li contempliamo senza mai stancarcene; e, quando crediamo di averne afferrato l'essenza, ecco che un impercettibile movimento della nostra mano fa sì che la luce ne colpisca le facce sotto un'angolazione impercettibilmente diversa. Allora ci ritroviamo sul palmo, con immenso stupore, un oggetto totalmente nuovo, un prodigio inaspettato che ci obbliga a ripensare tutto quel che credevamo di conoscere; compresi la nostra facoltà di comprensione e il nostro stesso io.

 

NOTE

 

1)      BECKER, Beril, Jules Verne, il viaggiatore della fantasia, Milano, Mursia, 1974, pp. 202-204.

2)      SORIANO, Marc, Il caso Verne, Milano, Emme Edizioni, 1982, pp. 134-35.

3)      Ibidem, p. 124.

4)      Ibidem, p. 191.

5)      Ibidem, pp. 248-250.

 

                                                                                 

 

  

Riassunto della conferenza tenuta dal prof. Francesco Lamendola per la "Alliance Française", lunedì 12 dicembre del 2005, presso il Palazzo dell'Umanesimo Latino in Treviso.