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Fabrizo Del Noce: un ritratto

di Massimo Fini - 15/04/2007

 
Data di nascita: 3 gennaio 1948
Luogo di nascita: Torino
Stato civile: celibe
Figli: no
Laurea: i documenti ufficiali Rai sorvolano
Carriera: inviato Rai di Esteri, corrispondente da New York
Carica attuale: direttore di Rai Uno


Non si può credere alla genetica. Da una “leggera”come Maurizio Costanzo, il cui orizzonte culturale non ha mai superato la Garbatella, è nato Saverio, ragazzo serissimo, formatosi su solide letture, che, come regista, si ispira a Dreyer, Bresson, Ozu e nel 2004 ha vinto il più selettivo dei Festival, quello di Locarno. Dai nobili lombi del filosofo Augu sto Del Noce, uomo schivo, severo, austero, è saltato fuori Fabrizio. Fui una volta, tanti anni fa, nella casa romana del professor Del Noce, zeppa di libri, i mobili scuri, buia, un po’ cupa. Dal padre, filosofo catto lico, Fabrizio Del Noce ha preso solo la tetraggine di fondo. Per il resto gli è agli antipodi. Adora le macchine di grossa cilindrata, i vestiti di Caraceni, i golf di cashmere, gli smoking (ne ha, pare, una decina), le scarpe inglesi, i comfort, i risto ranti costosi. Spande. E spende.

I soldi degli altri. Una volta che una comune amica, Rosy Greco, ci portò a cena insieme volle andare a tutti i costi in un ristorante super di Piazza delle Coppelle. Poiché si diceva di ritorno dal Giappone si sentiva in obbligo di mangiare pesce crudo (non sa che il “sushi” è una leggenda occidentale). Arrivò il conto: 700 mila lire. Con gesto regale tirò fuori la carta di credito. “Paga la Rai” disse. E’ un maniaco della forma, dell’esteriorità, dell’apparenza.

Quando, nel 1994, fu eletto deputato di Forza Italia organizzò un corso di “immagine e comunicazione” per i colleghi: “Prima lezione: bella presenza; seconda: oratoria televisiva; terza: cravatte e abbinamento di colori, da tenere a mente: i colori scuri sono meglio di quelli chiari, le cravatte non devono essere fantasiose ma uniformi, il nodo poi deve essere perfetto”. Poiché si crede fichissimo gli piace un sacco comparire in pubblico. E fa male. Perché l’uomo che insegnava comunicazione non sa comunicare ed è istintivamente odioso, untuoso nella linea forzista dei Letta-Schifani-Vito-Liguori. Destituito d’ogni ironia e autoironia è permaloso come una femmina perennemente mestruata. Una volta che l’inviato di Striscia, Staffelli, lo pescò al solito super ristorante con Bruno Vespa (Dio li fa e poi li accoppia) per consegnargli il Tapiro d’oro, gli strappò il microfono, lo immerse nel cestello dello champagne (noblesse oblige, paga la Rai) e poi glielo tirò in faccia. Insomma non la prese bene, il dandy. Litiga con tutti.

Tutti quelli, naturalmente, con i quali è in una posizione di forza perché il loro lavoro dipende da lui come direttore della prima Rete della Rai. Quelli che non gli vanno a fagiuolo prima li bacia, come Giuda, poi li liquida. Senza pietà. E la sera, rimirandosi nudo allo specchio e rabbrividendo di piacere, dall’alluce all’ombelico, gode al pensiero del proprio potere.
E’ spocchioso, borioso, pieno di sé. E senza pudore. Ha dichiarato: “Sono sempre stato fuori dal giro, fuori dai giochi”. Ma per favore: uno che da giornalista si è fatto portare in Parlamento da Forza Italia, quando era col vento in poppa, e che è amico personale di Berlusconi. Del resto si smentisce da solo. Nel 1994, all’epoca delle prime nomine Rai berlusconiane, confidò a un cronista: “Se le faccio vedere il bigliettino che qualche giorno fa ho scritto per il Big Boss scoprirà che quattro nomi su cinque siamo riusciti a portarli: Rossella, Mimun, Angelini e Vigorelli”. Davvero una bella compagnia (Piero Vigorelli è quel tale che nel
1994, dopo il trionfo elettorale di Berlusconi, si presentò in Rai avvolto in una bandiera di Forza Italia).

Con tutta probabilità il segreto della personalità di Fabrizio Del Noce sta nella sua statura, oltre che nella figura del padre che non se lo filava e gli preferiva Rocco Buttiglione. Nel 1994 me ne stavo appollaiato sui gradini di non ricordo più quale Palazzetto dello Sport di Roma dove c’era una convention di Forza Italia. Ad un certo punto vidi che la gente, nel parterre, correva incontro a qualcuno, attorniandolo, coccolandolo, vezzeggiandolo. Ma nemmeno dall’alto mi riusciva di scorgerlo. Incuriosito, scesi e mi feci largo fra la folla. Ma non riuscivo ugualmente a vedere nessuno. Finchè quando fui proprio in prima fila guardando in basso vidi un lillipuziano. Ne fui sorpreso, da mezzo busto televisivo non sembrava. Pippo Baudo lo ha definito “un uomo piccolo che ha bisogno di litigare per arrampicarsi”. (Gianna Presa era stata più cruda con Amintore Fanfani: “I piccoli” scrisse sul Borghese “sono più cattivi degli altri, perché hanno il cuore più vicino alla merda”).

Quando stavo finendo questo articolo ho dato un’occhiata in Internet alla voce “Del Noce”. Son venute fuori 750mila citazioni. E mi è venuto il dubbio di essere stato troppo sferzante con un personaggio così importante. Poi ho guardato meglio. Depurato della voce “noce”, intesa come frutto, il direttore di Rai Uno veniva restituito alle sue reali dimensioni. Piccolissime.


Uscito su "Il Giudizio Universale"