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Emergenza: le Galapagos non sono più isolate

di Marina Forti - 19/04/2007


 

L'anarchia rischia di prevalere, servono misure drastiche per superare «la grave crisi istituzionale, ambientale e sociale che stiamo attraversando». Così ha dichiarato il presidente dell'Ecuador Rafael Correa non più di una settimana fa, quando ha firmato il decreto che proclama lo stato d'emergenza nelle isola Galapagos. Correa presenterà entro la fine del mese una serie di misure per proteggere quello che in tutto il mondo è noto come un ecosistema unico e di straordinaria importanza.
Gruppo di isole vulcaniche situato nell'oceano Pacifico a un migliaio di chilometri di distanza dalla costa dell'Ecuador (a cui appartengono), le isole Galapagos sono considerate una riserva di diversità biologica di prima importanza proprio a causa del loro isolamento: le isole e le acque circostanti sono popolate da specie di tartarughe antichissime, iguane di mare e di terra, rare varietà di fringuelli, l'unica specie di pinguino che viva in acque tropicali. La gran parte delle specie di flora e fauna pre-umane (cioè, che sono apparse sul pianeta in epoche anteriori alla comparsa della specie umana) ancora viventi si trova in quell'arcipelago. Non per nulla è là che a metà del 19esimo secolo il naturalista Charles Darwin, nel suo famoso giro del mondo, collezionò osservazioni fondamentali per formulare la sua teoria sull'evoluzione delle specie.
Oggi le Galapagos sono abitate, oltre che da iguane e tartarughe, da una crescente popolazione umana che si guadagna da vivere con la pesca e con il turismo. Ed è questo il punto: l'arcipelano isolato nel Pacifico sono in gran parte Parco nazionale e resta un importante laboratorio per gli studi sull'evoluzione, tanto che l'Unesco le hanno incluse fin dal 1978 nella sua lista di siti «patrimonio dell'umanità». Allo stesso tempo però attira un turismo «ecologico» in aumento, così come è in aumento la popolazione residente: circa 18mila persone, di cui le autorità stimano che circa 15mila siano immigrati illegalmente.
Inevitabile che gli interessi della conservazione naturale e dell'economia di quella popolazione umana entrino in conflitto. E' ben questo che ha constatato una missione delle Nazioni unite, composta da esperti dell'Unesco e dell'organizzione non governativa Iucn (Unione per la conservazione della natura), che ha visitato le Galapagos tra l'8 e il 13 aprile su invito del governo dell'Ecuador. (Il presidente Correa ha firmato il decreto di emergenza mentre la visita era in corso, e lo fa notare: non ha avuto bisogno di pressioni internazionali per riconoscere «un problema latente risultato da anni di sottovalutazione e negligenza da parte dei precedenti governi»).
I problemi delle Galapagos in effetti non sono nuovi. Da un lato c'è la crescita del turismo: da 40mila visitatori nel 1991 a oltre 120mila nel 2006, secondo la Charles Darwin Foundation (istituzione a cui il governo ecuadoriano ha affidato ormai 40 anni fa la consulenza scientifica nella gestione del Parco Nazionale delle Galapagos). L'economia del turismo è cresciuta in questi anni del 14% annuo in media. Ma il turismo rende difficile la salvaguardia dello stesso ecosistema che attira i turisti (per questo si parla di limitarlo). Per ogni turista poi c'è un certo numero di addetti. L'espansione di turismo e pesca hanno attirato immigranti dalla costa. La pressione sulle riserve ittiche è aumentata, aragoste, cetrioli di mare e cernie sono declinati drasticamente negli ultimi 15 anni.
Dal continente inoltre non sono arrivati solo esseri umani. La missione Unesco-Iucn si allarma per la presenza di almeno 748 specie di piante «aliene», rispetto alle 500 specie «native». Fa notare che il 60% delle 180 specie endemiche di piante sono minacciate (nella lista rossa della Iucn). Ci sono poi 490 specie di insetti e 53 di altri invertebrati di cui 55 minacciano la biodiversità «nativa». Insomma, l'arcipelago in mezzo al Pacifico non è più un ecosistema isolato: ed è questa la minaccia a cui è difficile far fronte.