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Goodbye Africa

di Matteo Fagotto - 01/12/2005

Fonte: peacereporter.net

 
Ogni anno 70 mila laureati Africani abbandonano il continente. Per sempre 

 
Si chiama Green Card Lottery, ma in Africa si comincia a chiamarlo neo-colonialismo mascherato. Ogni anno circa 70 mila Africani altamente qualificati abbandonano il continente, attirati dai nuovi programmi di “immigrazione selettiva” lanciati dai paesi occidentali. Un fenomeno che priva l’Africa dei suoi migliori cervelli e la costringe in un circolo vizioso di povertà e arretratezza sociale.
 
Un fenomeno nuovo. Di per sé il fenomeno dell’immigrazione nei paesi occidentali non è nuovo, ma negli ultimi anni ha assunto proporzioni prima impensabili. Secondo dati forniti dalle Nazioni Unite il numero di questa “fuga di cervelli” è più che triplicato negli ultimi 40 anni, arrivando a situazioni paradossali come quella che vede più medici nigeriani negli Stati Uniti che nel proprio paese. L’emorragia è particolarmente preoccupante nei settori scientifici e tecnologici, nei quali i paesi africani sono costretti a sopperire alle deficienze provocate dall’emigrazione di massa importando know how proprio dai paesi occidentali, al costo complessivo di 14 miliardi di dollari ogni anno.
 
Programmi aggressivi. I programmi come la Green Card Lottery e l’Highly Skilled Migrant Programme britannico sono nati per sopperire al calo demografico dei paesi occidentali, che comincia a farsi sentire anche ai livelli alti della catena economica. Questi programmi permettono, grazie a un complesso sistema di punteggi, di reclutare giovani laureati provenienti da tutto il mondo che abbiano già un livello alto di istruzione consentendo loro di terminare gli studi di specializzazione e fare esperienza lavorativa: Take the best and leave the rest (prendi il meglio e lascia il resto), come sono stati significativamente ribattezzati. Il problema è che molto raramente gli specialisti decidono di fare ritorno in patria, anche perché i paesi di adozione garantiscono un più alto livello di vita per i loro figli. E così l’Africa viene privata di intere generazioni di persone istruite e dinamiche. Il fenomeno riguarda tutti i paesi poveri, ma tocca il continente nero in particolar modo: secondo i dati forniti dall’immigrazione americana, sei dei dieci paesi che “forniscono” il maggior numero di immigrati specializzati sono africani.
 
Circolo vizioso. Spiegare questa disparità non è difficile: gli stati africani sono i più poveri, il livello dei salari molto basso, e la corruzione dilagante specie nelle alte sfere impedisce la nascita di un sistema veramente meritocratico. Molti di questi specialisti sono così costretti a emigrare se vogliono vedere riconosciute le loro capacità, e nei paesi occidentali hanno la possibilità di far vedere quanto valgono: oltretutto, i programmi occidentali attirano perché permettono ai nuovi arrivati di ottenere visti anche senza un impiego o di avviare attività economiche. Tutti obiettivi irrealizzabili in Africa, dove è problematico ottenere anche un semplice visto turistico tra uno stato e l’altro. Le Nazioni Unite stanno studiando da tempo il problema per tentare di porre un freno al fenomeno, creando un sistema di incentivi che finora non ha dato risultati apprezzabili. Alcuni stati come l’Eritrea ricorrono invece a metodi coercitivi, chiedendo una cauzione di 15 mila dollari agli studenti che vanno all’estero o rifiutandosi di rilasciare i titoli di studio fino al loro ritorno in patria. Palliativi che agiscono (e nel modo sbagliato) sui sintomi più che sul male vero.
 
Allarme istruzione. Anche l’Unione Africana ha deciso di affrontare il problema, varando un  programma per il miglioramento dell’istruzione e per una maggiore integrazione tra gli stati del continente. Problemi pressanti ora che anche il Botswana e il Sudafrica, che dieci anni fa attiravano molti degli specialisti africani, hanno cominciato a perdere colpi. E il fatto che buona parte dei disperati che nei mesi scorsi ha assaltato le “fortezze” di Ceuta e Melilla fosse composta da laureati fa capire quanto sia grave la situazione. Gli aggressivi programmi di immigrazione occidentali sono solo una faccia della medaglia: se l’Africa non riuscirà a migliorare le proprie condizioni di vita, sarà impossibile bloccare l’emorragia.