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Mogadiscio, la città fantasma. 1/5 della popolazione ha abbandonato la città

di Matteo Fagotto - 20/04/2007

Un quinto della popolazione ha abbandonato la città, mentre continuano gli scontri
Non c'è pace per Mogadiscio: la capitale somala, da quattro mesi teatro di scontri tra le truppe somalo-etiopi da una parte e i le milizie claniche dall'altra, ha perso un quinto della sua popolazione. Secondo le cifre fornite dal coordinatore umanitario dell'Onu, Eric Laroche, dall'inizio di febbraio almeno 200.000 persone hanno abbandonato la città. Metà di queste si trovano ora nelle regioni centrali del Paese, senza alcuna assistenza sanitaria e senza cibo, tanto da far scoppiare un'epidemia di colera che, da gennaio, ha ucciso almeno 400 persone. Intanto, ieri, gli scontri nella capitale sono ripresi, facendo temere un'altra carneficina.

Un miliziano somaloScontri. Circa 100.000 nuovi sfollati in fuga da Mogadiscio si troverebbero senza alcuna assistenza, secondo quanto riferito da Laroche, che ha accusato il governo di transizione somalo e le truppe etiopi di non collaborare nell'assistenza alla popolazione: lo scorso 7 aprile, anzi, un convoglio umanitario composto da 40 camion sarebbe stato bloccato a pochi km da Mogadiscio e costretto a tornare indietro. Mentre nelle città meridionali, come Kismayo e Baidoa, le Nazioni Unite sono riuscite a organizzare alcune basi da cui dare assistenza ai civili, Mogadiscio rimane isolata, intrappolata nella morsa della violenza. I circa 1.500 berretti verdi dell'Unione Africana, avanguardia di una missione di peacekeeping che dovrebbe arrivare a contare 8.000 uomini, possono fare ben poco, presi come sono dal fuoco incrociato tra etiopi da una parte e milizie claniche dall'altra: ieri, nuovi combattimenti sono esplosi nella zona del palazzo presidenziale, colpita da proiettili di mortaio a cui i soldati etiopi avrebbero risposto, secondo testimoni oculari, sparando indiscriminatamente sui civili. I morti sono almeno venti, i feriti molti di più. Gli ospedali della capitale ormai da settimane non riescono a far fronte all'emergenza. Le Nazioni Unite hanno reso noto che serviranno almeno 260 milioni di dollari per assistere i civili, ma senza la cooperazione delle autorità somale gli aiuti non potranno mai giungere a destinazione.

Una donna feritaIgad. Intanto, a livello politico, non si registrano passi avanti significativi. I nuovi scontri rendono sempre più improbabile l'organizzazione della conferenza per la riconciliazione, in programma ad aprile, che nelle intenzioni dovrebbe far sedere attorno a un tavolo tutti i protagonisti della crisi somala. Sembra però che le milizie del clan Hawiye e gli ex-uomini delle Corti islamiche, alleatisi per combattere il nemico comune, non abbiano intenzione di trattare con il governo di Mogadiscio. Dall'altra parte, Somalia ed Etiopia sembrano più impegnate ad accusare di destabilizzazione l'Eritrea che a pensare a come risolvere la crisi: la scorsa settimana, in un meeting dell'Inter-Governmental Agency for Development tenutosi a Nairobi, in Kenya, il governo di Asmara è stato accusato di fomentare l'instabilità in Somalia ed Etiopia, finanziando gli insorti a Mogadiscio e organizzando attentati. Accuse smentite dall'Eritrea, che ha accusato di rimando Addis Abeba di fomentare l'instabilità nella regione. Morale della favola, il meeting si è concluso con un nulla di fatto, non essendo neanche riuscito a ottenere maggiori finanziamenti per la missione dell'Ua in Somalia. La gente di Mogadiscio, ormai disillusa, aspetta solo di sapere di che morte dovrà morire.