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Ecomafia 2007

di Alessandro Iacuelli - 21/04/2007

 
 

Storie e numeri aggiornati sul malaffare ambientale sono riportati in Ecomafia 2007, il rapporto annuale di “Legambiente” presentato a Roma. Il bilancio dell’anno appena trascorso è di tre reati contro l’ambiente ogni ora, una media di 8 persone denunciate al giorno per un fatturato di circa 6 miliardi di euro, spartiti tra 64 clan mafiosi. Ancora una volta è la Campania a detenere il record di reati contro l’ambiente: il 13,5% del totale nazionale. E' il risultato di 20 anni di mancanza del controllo e della gestione del territorio, lasciando alle mafie, particolarmente consolidate da decenni, la gestione dello stesso. Ne esce un quadro in cui il territorio stesso è stato rubato, massacrato da rifiuti, cemento e dissesto idrogeologico. La provincia di Napoli con 1087 infrazioni accertate, 1109 persone tra denunciate e arrestate e 713 sequestri effettuati si conferma leader a livello regionale, seguita da Salerno con 955 infrazioni accertate, 731 persone tra denunciate ed arrestate e 329 sequestri effettuati. A seguire la Provincia di Caserta con 472 infrazioni accertate, 352 persone denunciate e arrestate con 122 sequestri. Oltre il record campano, la situazione nel resto del Paese non va affatto meglio: il traffico illecito di rifiuti, animali e cemento è diffuso lungo tutta la penisola, risparmiando solo la Val d'Aosta e, in parte, il trentino. Non solo rifiuti urbani ed industriali, anche se è il settore più florido.

Le mafie ecologiche hanno aperto nuovi giri d’affari. La crescita maggiore riguarda gli animali, che fruttano complessivamente tre miliardi di euro tra corse illegali, combattimenti clandestini, macellazione e traffico di specie protette; oltre naturalmente l'abusivismo edilizio con migliaia di nuove case sparse sul territorio nazionale costruite dalla malavita, una ogni dieci per un valore stimabile in circa due miliardi di euro.

L’abusivismo edilizio non si misura solo dal numero di edifici che compaiono dal nulla. Il ciclo del cemento sotto controllo mafioso è un ciclo completamente parallelo, fatto quindi non solo di palazzi abusivi, ma anche di cemento realizzato abusivamente. Per fare il cemento occorre sabbia e per fare cemento abusivo occorre sabbia abusiva. La sabbia viene ottenuta da cave altrettanto abusive: scavi nel terreno, spesso non in sicurezza e piuttosto artigianali, per prelevare materiale di risulta da vendere in nero ai cementifici, spesso di proprietà degli stessi clan che controllano le costruzioni. A loro volta, le cave abusive aprono la strada ai grandi traffici di rifiuti tossici e nocivi verso il sud Italia, essendo queste il luogo ideale dove interrare i rifiuti.

Nel arco del 2006, 26 milioni di tonnellate di rifiuti industriali sono svaniti nel nulla. Per non fare più ritorno. Sparite in parte nelle discariche abusive del napoletano e del casertano, ma non solo. Le tracce si perdono in parte lungo le rotte internazionali: l’Agenzia delle Dogane ha sequestrato lo scorso anno circa 286 container con oltre novemila tonnellate di rifiuti. La Cina, già da qualche anno nella lista delle mete preferite, si conferma una destinazione privilegiata dei traffici illeciti.

Il motivo è semplice e cinico: lo smaltimento legale di un singolo container di 15 tonnellate di rifiuti pericolosi costa normalmente 60 mila euro, mentre per la stessa quantità il mercato illegale cinese ne chiede solo 5.000. Più del 90 per cento dei rifiuti esportati in Cina finisce nei villaggi della costa, dove, senza alcuna precauzione, viene recuperato il possibile. Altre mete dei traffici transfrontalieri di rifiuti sono India, Siria, Croazia, Austria, Norvegia, Francia e alcuni paesi del Nord Africa.

Ancora più preoccupante è la nuova frontiera delle ecomafie: il traffico illecito di materiale radioattivo. Secondo un rapporto stilato a novembre da Legambiente e dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri, ogni anno 5000 tonnellate di metalli radioattivi provenienti da paesi dell’Est europeo e dalle Repubbliche dell’ex-Unione Sovietica oltrepassano illegalmente le frontiere italiane e sfuggono pericolosamente ad ogni controllo. Buona parte del materiale viene poi rivenduto sottocosto alle fonderie presenti nel Nord Italia.

Ma non di soli metalli si occupano gli ecomafiosi. Il traffico riguarda anche i rifiuti di centrali nucleari, i composti radioattivi utilizzati in medicina e parti di impianti industriali contaminati.

Tra il 1996 e il 1998 ai tre maggiori confini del Nord della penisola sono state intercettate e sequestrate più di 15000 tonnellate di materiale radioattivo, ma “Legambiente” dichiara che questa sembra essere solo la punta di un iceberg.
Da allora ad oggi non è cambiato molto. Nell'ultima legge finanziaria sono stati stanziati fondi per sostenere la demolizione delle costruzioni abusive e rendere più efficace la lotta all'ecomafia, ma i risultati non si vedono ancora.

Grazie all'introduzione nel 2002 del “delitto ambientale di organizzazione di traffico illecito di rifiuti”, previsto nel Codice dell’ambiente, le forze dell'ordine hanno portato a termine in quattro anni 70 inchieste, con 463 trafficanti arrestati, quasi 1600 persone denunciate, più di 400 aziende coinvolte. Ma nessuna delle ultime due legislature, nonostante i numerosi disegni di legge, è riuscita ad approvare l'inserimento del “delitto ambientale” nel Codice Penale.

La passata azione politica non ha saputo, o voluto, fare altro che togliere lavoro alle amministrazioni pubbliche, per passare tutto ad una gestione privata, o quanto meno mediante società miste; una gestione non ha dato buoni frutti e si è anzi rivelata un colabrodo difficilmente controllabile. Colabrodo che, come denunciato più volte da “Legambiente”, ha portato l'Italia a subire, dopo il danno, anche la beffa: clan camorristici che hanno riciclato il denaro ricavato dagli sversamenti inquinanti, hanno fondato aziende "pulite", con consigli d'amministrazione formati esclusivamente da prestanomi, aziende che si occupano proprio di bonifiche di territori inquinati; si sono quindi fiondate sugli appalti, dati a privati, per ripulire dalla contaminazione da essi stessi provocata. Come ha dichiarato già anni fa l'ex procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, "Le organizzazioni criminali prima inquinano e poi si propongono come disinquinatori, e qui troviamo “l'ammirevole' genialità napoletana".

Durante la presentazione del dossier 2007, ha rincarato la dose Michele Buonomo, presidente di “Legambiente Campania”: negli anni sono migliaia le discariche abusive sequestrate ma mai nessuna bonificata, “uno schiaffo, un’arroganza nei confronti di tanti cittadini calpestati nella loro dignità. Una mancata bonifica che vanifica anche l’ottimo lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura”.

Da notare che dietro le possibilità di eludere i controlli c’è puntualmente la coniugazione tra un vuoto legislativo, o una legislazione che presenta delle falle, ed una pubblica amministrazione particolarmente disattenta nei controlli.
Tra le soluzioni possibili, diviene allora prioritario un sistema integrato e realmente funzionante di verifiche e controlli, che coinvolga gli organi di amministrazione, gli organi di governo e magari anche le associazioni ambientaliste e quelle dei cittadini.

Ma servirebbe anche una legislazione che introduca davvero il “delitto ambientale” e che lasci meno falle da sfruttare: la sola via giudiziaria non basta, e non potrebbe mai bastare.