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Le stagioni dell'acqua (recensione)

di Laura Bosio - 21/04/2007

 

Con felicità espressiva, la narratrice racconta storie di figure femminili forti nella fede. Una rivelazione del mistero della vita che cambia per sempre la protagonista

È un mondo sconosciuto quello delle risaie, anche se ha una parte essenziale nel paesaggio agricolo italiano, poco frequentato dal romanzo, ingiustamente, visto che può celare storie inconsuete e restituirci personaggi che restano nella memoria. Ci ha provato, con grande felicità espressiva, Laura Bosio, una delle migliori narratrici italiane di oggi, mettendo a frutto, con sapienza, le due forme di struttura narrativa che hanno segnato il suo percorso letterario fino ad oggi, quello della fiction pura e quello della ricerca-riflessione intorno ad un tema o ad una profondità dell'anima, come è avvenuto in Annunciazione e in Teresina. Storia di un'anima.
In Le stagioni dell'acqua (che sarà in libreria dal 26 aprile prossimo) la Bosio costruisce un romanzo in cui la finzione letteraria e la struttura romanzesca sono forti, anche in virtù di quella ricerca coltissima, appassionata e minuziosa che le è propria e che le deriva dalla frequentazione di quel genere particolare che è il saggio narrativo. Così accanto alle storie della risaia, in una tenuta vicino a Vercelli, abbiamo un percorso parallelo, una specie di viaggio storico-geografico, che inquadra la natura dei luoghi e mette in luce ciò che è stata per questa parte d'Italia la cultura del riso, con tutte le sue trasformazioni, dal duro lavoro delle mondine alla coltivazione moderna attraverso il laser, dal mutare progressivo dei modi di irrigazione e del valore dell'acqua, fino ad un vero e proprio dizionario godibilissimo che ci racconta le parole della risaia.
La ricostruzione degli aspetti storico-scientifici-geografici che la Bosio fa sono perfetti, soprattutto per l'equilibrata scelta che la narratrice usa nel non far prevalere i due piani, quello appunto della grande, complessa e misteriosa storia che racconta e quello del mondo che ha permesso a questa storia di esprimersi, di formarsi, di creare il cuore forte, tragico e lucente dei suoi protagonisti.
La stori a è quella di un ritorno, in un arco temporale brevissimo, quello di una settimana, sette giorni che però attraversano e svelano anni ed esistenze, assumendo una forma epica, pur nel contesto di una quotidianità in cui l'umanità dei rapporti si fa sempre più complice, costellata da quelli che, in più di un'occasione, la Bosio definisce "miracoli", giustamente se la grazia, che anche è uno dei temi centrali del libro, è intuita come un miracolo racchiuso nel tempo che non si fa sentire. La Bosio vuole dar voce a questo silenzio che è stato riflesso per tanto tempo dalle stagioni dell'acqua, attraverso la voce in prima persona della protagonista, che torna a trovare, dopo la separazione dal marito, la suocera, Bianca, donna forte e eccezionale, cui è rimasta sempre legata da un affetto complice e rispettoso. È giunto il tempo per entrare nelle pieghe dell'esistenza di Bianca, per soccorrere il suo dolore, per l'improvviso abbandono da parte di una figura straordinaria di questo libro, Orientina, una suora che ha lasciato i voti e che è stata accolta da Bianca come un'amica, una presenza insostituibile, lì alla Torricella. Ha una menomazione fisica, le manca un braccio, ma una fede naturale che la salva e una ricerca del sacro che illumina l'intero romanzo. Perché se ne è andata, ormai già avanti nell'età, senza dire niente, insieme al tedesco che vagava tra quelle risaie? È il mistero intorno a cui ruota l'azione narrativa, quello che permette alla Bosio di mettere in luce piano piano l'anima di Bianca, la verità della sua forza di donna brianzola, che da ragazza lascia Monza con due valigie, per trasferirsi lì, nella pianura, tra l'acqua delle risaie, a dirigere con responsabilità e orgoglio, l'impegnativa tenuta. Per Bianca Orientina ha il segno di un valore, quello che la luce della sua fede semplice, sa trasfigurare sul suo lavoro in una forma di utopia sociale. Eppure non è una donna che ama parlare della fede Orientina, non è adatta ai discorsi teologici e alla meditazione sulla fede. È lei stessa, con il suo esempio, una dimensione del sacro, perché per lei «il cristianesimo è un'avventura», segnata dal tempo della grazia, dalla possibilità di riconoscere il valore di un dono, non solo per sé, ma anche per gli altri. È il vuoto di Bianca, dopo la scomparsa, a riempire le pagine del libro, è la storia di Orientina che si riflette a specchio in quella di Bianca e che diventa rivelazione per la protagonista, interprete in giro per il mondo, che ritorna alla sua terra e ne sente pulsare la densità e la mobilità: la durezza del terreno ghiacciato e i lenti movimenti dell'acqua. Per lei, dopo quella settimana, niente sarà più come prima, perché forse quel senso inespresso della grazia, ha toccato anche lei.

Le stagioni dell'acqua
Longanesi
Pagine 270. Euro 16,00