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Scoppia l'inferno somalo

di Siro Asinelli - 21/04/2007




Intensi combattimenti sono ripresi nelle zone nord di Mogadiscio a segnare la fine della traballante tregua raggiunta meno di due settimane fa tra l’esercito etiope e le milizie somali locali vicine alle Corti islamiche. La situazione è degenerata ad inizio mese, da quando il potente clan Hawiye – il più potente e numeroso della Somalia – è stato messo in minoranza nella formazione del Governo federale di transizione (Gft) appoggiato da Etiopia e Washington ed ha deciso di appoggiare la causa dell’Unione delle Corti islamiche che continuano a mantenere il controllo di molte aree del Paese.
Alla fine dell’anno scorso l’Etiopia ha scatenato un’offensiva unilaterale contro il governo a guida Uci in appoggio al Gft riuscendo ad occupare Mogadiscio il 28 dicembre. Il 9 gennaio gli Stati Uniti sono apertamente intervenuti nel conflitto inviando bombardieri AC-130 a colpire le postazioni delle milizie a Ras Kamboni.
Fonti riportate dall’agenzia di stampa Misna parlano di ingenti movimenti di truppe corazzate e fanteria etiope che nelle ultime dodici ore si starebbero spostando dal loro quartier generale, situato nella zona universitaria, sud della capitale, per raggiungere i quartieri settentrionali, già al centro dei combattimenti delle settimane passate. “Sono più di due ore che incessantemente continuano a risuonare intensi scambi di colpi di mortaio e lanci di artiglieria pesante”, ha riferito attorno alle 11 di venerdì mattina una fonte non specificata all’agenzia dei missionari. “Stavolta non sono scaramucce – è stato precisato – e siamo in molti a temere che la tregua tra gli Hawiye e gli etiopi sia saltata”.
L’intensificarsi degli scontri armati fa temere che i combattimenti possano estendersi anche ad altre zone di Mogadiscio, mentre sale il bilancio delle vittime accertate che sarebbe ormai oltre la ventina, secondo quanto riportato da fonti sanitarie locali, mentre il numero di feriti si avvicina al centinaio. Sempre venerdì mattina un mezzo blindato dell’esercito di Addis Abeba è stato fatto saltare nella cittadina di Afgoye, trenta chilometri a sud della capitale, segno che le milizie sono tutt’altro che sconfitte, come annunciato trionfalmente soltanto un mese fa da etiopi, governo di transizione somalo e Washington. “La dinamica di quanto accaduto non è ancora molto chiara – ha segnalato una fonte locale alla Misna – ma pare che una bomba azionata con comando a distanza sia stata fatta esplodere al passaggio di un convoglio di soldati etiopi lungo la strada che collega Afgoye con Mogadiscio”. Scomposta e pesante la reazione dei militari etiopi che avrebbero aperto il fuoco su uno dei tanti bus carichi di civili in fuga verso sud: si ignora il numero di vittime e feriti.
Nel primo pomeriggio, secondo quanto riportato dal canale satellitare Al Jazeera, un’autobomba guidata da un attentatore suicida è esplosa contro una caserma occupata dall’esercito etiope; anche in questo caso il numero di vittime e feriti resta sconosciuto.
La situazione esplosiva ha spinto il governo di transizione alla destituzione di 31 deputati del parlamento e ad un rimpasto di governo teso ad ammorbidire le posizioni del clan Hawiye. In una riunione rigorosamente a porte chiuse, il primo ministro Ali Mohamed Gedi ha spostato Ismail Hurre Buba dal ministero degli Esteri a quello per l’Istruzione, nominando al suo posto Hussein El Laabe Fahiye, già ministro della Pianificazione sostituito dal parlamentare Ali Adulahi Osoble. Destituito per il momento Abdirahman Abdi Aware, che occupava il dicastero dell’Istruzione.
Ma la vera sorpresa è stata la designazione di Abdi Awale Qeybdiid a capo della polizia nazionale al posto del generale Ali Madore, inviato in Tanzania quale ambasciatore. Negli anni ’90 Qeybdiid, ex colonnello di polizia, è stato uno dei principali luogotenenti del generale Mohamed Farah Aidid, nel 1993 vincitore nella cosiddetta “Battaglia di Mogadiscio” contro le truppe occupanti statunitensi. La nomina a capo della polizia sembra un tentativo in ritardo di ricucire il profondo strappo con il clan Hawiye determinatosi dopo l’alleanza tra governo transitorio e Addis Abeba. Ma la mossa potrebbe rivelare anche l’intento di spaccare il fronte miliziano concedendo nomine in cambio della fedeltà al governo.