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La storia imbavagliata

di Claudio Moffa - 22/04/2007

Fonte: claudiomoffa



1) Perché un convegno su “La storia imbavagliata”, dentro un master dedicato al Medio Oriente? Perché, per la prima volta in Italia, una tre giorni che vede riuniti giuristi e storici (oltre a giornalisti) su uno dei temi culturali più spinosi della nostra epoca? Una prima risposta attiene alla coerenza del tema scelto rispetto alla realtà e alle dinamiche del vicino Medio Oriente, e non tanto perché l’antico progetto di uno Stato ebraico si è inverato nel 1948 proprio sull’onda della tragedia della II guerra mondiale, quanto per la costante “presenza” di questo dramma storico - lo sterminio degli Ebrei - dentro le difficili relazioni internazionali che fanno perno sulla regione mediorientale.

Ma c’è un discorso più ampio e profondo, e che investe le questioni basilari della democrazia e della libertà della nostra epoca che è sempre più difficile, ad avviso di chi scrive, sostenere siano minacciate solo da “Bin Laden”. In realtà, la minaccia viene anche dal cuore dell’Occidente, l’Occidente delle libertà civili e della democrazia che magari per “eccesso di reazione” insegue il mito di morte di un folle “scontro di civiltà” e - in questa “guerra santa” - non solo inventa grandi menzogne mediatiche per giustificare le sue guerre, ma soprattutto finisce per negare quelli che almeno sulla carta sono i suoi principi di fondo.

2) Ogni cultura e ogni ideologia, nel passaggio obbligato dalla teoria alla pratica, ha le sue contraddizioni. Una delle contraddizioni più gravi della cultura liberale della nostra epoca, in Italia e in Europa sicuramente maggioritaria a destra come a sinistra, è il silenzio omertoso, la critica aprioristica e inverificata, la gogna o forse più spesso il linciaggio mediatico con cui tratta la ormai drammatica questione del “negazionismo”. E’ certo infatti che almeno una parte di quegli studiosi che - contro la loro dichiarata volontà - vengono definiti “negazionisti” sono di destra, forse persino estrema. Ma visto che questa loro peraltro quasi mai dichiarata “fede” attiene al mondo delle idee, e non si traduce nell’emulazione pratica della barbara violenza nazista degli anni Trenta e Quaranta, visto che queste loro aberranti opinioni sono solo la molla per la ricerca di nuovi fatti relativi alla “verità storica sull’ “Olocausto”; visto che peraltro la storiografia di sinistra sembra paralizzata nei confronti di una ricerca libera e senza tabù sul tema del cosiddetto “Olocausto”, la questione che si pone è se bisogna tappar loro la bocca con le minacce, l’immiserimento economico, l’emarginazione professionale, l’intolleranza mediatica e la persecuzione giudiziaria fino al carcere, oppure se anche questi cittadini, finché non dovessero delinquere sul piano delle azioni pratiche (??), non abbiano diritto di parola nella nostra società, magari solo per scrivere, poi eventualmente smentiti ma in un libero dibattito: “secondo noi le camere a gas naziste non sono mai esistite”.

3) Siamo esagerati? Raccogliamo in sintesi telegrafica le unità di notizia sui “negazionisti” degli ultimi dieci anni e più: Robert Faurisson, già docente della Sorbona e difeso da Noam Chomsky, subisce processi a catena per lunghi anni, l’ultimo qualche giorno fa, per aver sostenuto l’impossibilità tecnica dell’esistenza delle camere a gas. “Sono stanco” dice all’età di 78 anni, e almeno in questo non può non essere creduto.
David Irving, catturato in Austria dopo esser stato ridotto in forte difficoltà economica da un processo per diffamazione perso in Inghilterra, e liberato dalla galera solo dopo la classica abiura da Inquisizione o Sinedrio: tranne, appena uscito, ricominciare a “negare” cifre e tecniche dello sterminio degli ebrei, con toni (comprensibilmente? è stato più di un anno in galera, assieme ad assassini, stupratori, pedofili, rapinatori!!) strafottenti e da “vincitore”.
Ernest Zuendel, un processo vinto contro i suoi accusatori, e poi la catena di vendette: la casa incendiata in Canada, la fuga negli Stati Uniti, l’arresto e il rimpatrio illegittimo a Toronto, e di qui di nuovo l’estradizione in Germania, dove sta scontando una pena a ben 5 anni di reclusione.
Cinque anni, per avere espresso delle opinioni! E poi ancora le condanne e i sequestri dei libri di Jurgen Graf e di Roger Garaudy, quest’ultimo peraltro una antologia di testi tratti da altre pubblicazioni o discorsi, a volte anche di studiosi ebrei o cittadini israeliani; e, inoltre le gogne periodiche di “antisemitismo” e di “negazionismo” contro chiunque metta in discussione quello che ormai rischia di sembrare solo un dogma ossessivamente ripetuto in tutti i suoi intoccabili e sacri tasselli: l’Olocausto, termine religioso impropriamente applicato ad un evento storico.

Perché, complemento allucinante delle allucinanti storie di cui sopra, tutto questo avviene nel silenzio complice della stampa di destra e di sinistra, che se non contribuiscono al linciaggio, tacciono, prendono le distanze, si dichiarano in astratto favorevoli alla libertà di espressione, ma nei fatti la negano operativamente. Lo si verificò dodici anni fa, con gli appelli de la lente di Marx per Graf e Garaudy ; e lo stanno verificando oggi i 150 firmatari - fra cui il sottoscritto - dell’appello contro il disegno di legge Mastella del gennaio scorso, e questo nonostante il clamoroso incredibile caso Ariel Toaff.

4) Il fatto è che nella “guerra santa” al negazionismo, emerge la crisi evidente di un pensiero laico diventato spesso laicista e soprattutto a senso unico: un laicismo che critica la Chiesa e la Moschea ma mai la Sinagoga, e che anziché puntare a togliere il crocifisso alle aule delle scuole cerca -. cavalcando l’ambiguo cavallo delle “differenze” e delle “minoranze” - di introdurre in tutte le scuole la foto-santino del ghetto di Varsavia (peraltro un falso clamoroso, rivelò a tutta pagina il Corriere della Sera) secondo la proposta di Ernesto Galli della Loggia di qualche anno fa. Un laicismo radicale che ha nel suo dna la battaglia sul caso Braibanti, ma che rischia di snobbare il caso Faurisson che, si badi bene, non investe, sia pure a partire da idee e visioni del mondo più o meno curiose - la mirmecologia? - le relazioni comportamentali interpersonali, ma direttamente, appunto il solo terreno delle idee e del “libero pensiero”, banale e cruciale allo stesso tempo. Un laicismo per finire, che pervade nei fatti anche settori ampi del movimento della pace, che sembra non aver imparato quasi nulla dalla banale constatazione delle grandi menzogne mediatiche che accompagnano spesso le grandi svolte storiche.

5) La vicenda del negazionismo - nella quale l’Europa laica e religiosa sembra assassinare se stessa e le sue radici storico-ideologiche: l’eretico Cristo ucciso su pronunciamento della piazza di Gerusalemme, e Giordano Bruno mandato al rogo dalla Chiesa - attiene ad almeno tre livelli di discorso: il primo è sicuramente il meno importante ed è relativo agli orticelli del “mestiere di storico”, con la sua base fondante e cioè l’analisi puntuale degli eventi, dei documenti e di tutto quello che può e deve fare da supporto alla verità storica. Certo, abbiamo coscienza che la storiografia del ‘900 ha svolto una critica radicale alle stesse nozioni di “evento”, “documento”, e persino “verità storica”: ma forse ci si dovrebbe porre il problema se non sia per caso rischioso disperdere il compito dello storico - la ricerca fino a dove è possibile della verità dei fatti, per capire la catena causale degli eventi storici - nelle nebbie pur affascinanti delle “lunghe durate”.
Lo storico è anche un investigatore, e non solo un pittore di pur essenziali ed anch’essi esplicativi scenari “globali”.

Il secondo livello attiene ai ceti politico e giudiziario e europei, sempre più invasivi attraverso leggi liberticide e conseguenti sentenze e pronunciamenti, di un terreno che non dovrebbe loro competere: e cioè lo studio della storia. Alcuni magistrati si infervorano al punto tale da pronunciare, in una delle requisitorie contro Faurisson, niente meno che un Salmo della Bibbia contro “le labbra false” da “ardere” col fuoco, alla faccia della laicità dello Stato francese. Altri, più contenuti, pensano solo ad applicare la legge di cui sono responsabili non loro, ma l’autolesionismo superficiale dei politici. Il risultato è però lo stesso, aberrante: la trasformazione della verità storica in verità di stato secondo peraltro ratio loci, con effetti comici se non fossero tragici, come la condanna di un affermazionista del genocidio armeno ad Ankara, e quella di un negazionista dello stesso crimine a Parigi.

E’ mai possibile che nessuno abbia il coraggio di parlare, di combattere questo stato di cose incredibile, o addirittura censuri in modo più o meno diretto chi prova a farlo? Scusate, ma a me sembra proprio che questo Occidente del III millennio, così tronfio della sua retorica di libertà e democrazia da esportare e con che metodi in tutto il mondo, sia un mondo di matti.

Infine il terzo livello - connesso al precedente - riguarda tutti i cittadini europei e non solo: il problema infatti è quello, banale ma attualissimo, della libertà di pensiero, di opinione, di stampa, che soprattutto dopo la vittoria sul fascismo e nazismo sembravano ormai - garantiti dalla nostra Costituzione, dalla Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo e dal Trattato costituzionale europeo - un fatto acquisito per l’Italia e per la civiltà europea. Non è affatto così.
E di questo abbiamo intenzione di parlare nel convegno di Teramo, lungo un percorso di ricerca e di attenzione che già ci ha portato, primi in Italia, ad invitare Norman Finkelstein a Teramo nel 2001, a insegnarci dell’industria dell’Olocausto e dei suoi effetti sul piano politico diplomatico: quel drammatico e tuttoggi irrisolto conflitto israelo-palestinese, che costituisce uno dei temi di studio principali del Master Enrico Mattei in Medio Oriente.